«Il futuro della Chiesa si decide nella liturgia»
Nel decennale del Motu proprio Summorum Pontificum che liberalizzava la messa in forma straordinaria l'ex prefetto della Congregazione ribadisce un concetto già espresso da Bendetto XVI.
-SARAH: "USCITE DAL GHETTO" di Andrea Zambrano
Ha concluso citando il suo maestro, Benedetto XVI, per dire che «nella liturgia si decide il futuro della chiesa». Una indicazione importante e fuori moda quella del cardinale Gherard Muller, ex prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, intervenuto ieri al V Convegno sul Motu proprio Summorum Pontificum, il documento che papa Ratzinger donò alla Chiesa 10 anni fa nel settembre del 2007.
In questi giorni a Roma si è dato appuntamento un popolo che segue l'insegnamento di quel Motu proprio, quello che riportava alla luce del sole la liturgia preconciliare del rito romano e dava concretezza alla cosiddetta “riforma della riforma” liturgica. Oggi questo termine sembra non trovare molte simpatie, tanto che recentemente papa Francesco ha detto che «la riforma liturgica è irreversibile», però bisogna riconoscere che un movimento che cerca un reciproco arricchimento fra le due forme del rito romano esiste ed è attivo.
Il cardinale Muller ha esordito mettendo subito in chiaro come la pensa a proposito del Summorum pontificum: «Sappiamo i numerosi benefici che ha portato alla vita della Chiesa questo Motu proprio che regola l’antica liturgia in forma straordinaria, e di questo siamo immensamente grati a Benedetto XVI».
L'intervento dell'ex prefetto, articolato e profondo, si è concentrato sul rapporto tra “dogma e liturgia”, percorrendo una lunga analisi sul ruolo della teologia nel suo rapporto con la prassi e la liturgia nella vita della Chiesa. «Siccome la fede cristiana», ha detto il cardinale, «non è un sistema dottrinale teoretico, ma personale unità di vita con Cristo e con la Chiesa, bisogna intendere la liturgia anzitutto come elemento centrale, costitutivo dell'agire della Chiesa e manifestazione vivente della sua professione, e non come ambito per l'applicazione secondaria dei concetti teoretici-teologici».
Riprendendo il noto assioma “lex orandi, lex credendi”, Muller indica che tale formula tradizionale «è espressione della fondamentale comprensione della natura della liturgia come autorealizzazione della Chiesa e fonte normativa di tutta la teologia». Nelle conclusioni il cardinale ha detto che «il kerigma e la liturgia sono fonti importanti per la teologia, perché sono forme vive di mediazione della traditio. Nella formazione del Canone, ad esempio, i Padri della Chiesa si richiamarono in primo luogo alla liturgia». Infine una citazione dell'allora cardinale Ratzinger: «La liturgia non deve diventare campo sperimentale di ipotesi teologiche. […] La liturgia trae la sua grandezza da ciò che è e non da ciò che noi facciamo con essa. Certo, il nostro agire è necessario, ma come un umile inserirsi nello spirito della liturgia e come servizio a Colui che è il vero soggetto della liturgia: Gesù Cristo. La liturgia non è espressione della coscienza della comunità, coscienza del resto sparpagliata e mutevole. Essa è Rivelazione accolta nella fede e nella preghiera e la sua misura è pertanto la fede della Chiesa che è il “recipiente” della Rivelazione».
A margine della conferenza il cardinale Muller ha risposto a qualche domanda postagli dai giornalisti presenti. A proposito delle traduzioni del messale ha notato che «fino ad ora vi è stata una sostanziale unità nella traduzione nel messale della stessa lingua, nonostante piccole differenze. Però queste lingue, ad esempio l'inglese, non si parlano in unico paese, pertanto vi potrebbe essere una certa difformità se fosse la singola conferenza episcopale a decidere. Avremmo piuttosto bisogno della cooperazione di più conferenze episcopali, per evitare problemi pratici come il caso di messali della stessa lingua differenti».
Tanti giovani sono attratti dal rito romano cosiddetto antico, ma questo non sorprende il cardinale Muller perchè, ha detto, «tanti cercano una dimensione del mistero che vada alla sostanza, cioè l'incontro e l'unione con Gesù Cristo come segno della speranza. Per dare un autentico senso alla propria vita». Come aveva detto nella sua relazione, «la liturgia è lo strumento per la formazione di un senso ecclesiastico e di un sentimento basilare di fede. Nella liturgia avviene l'unione con Cristo, l'imprimersi della parola di Dio nella ragione dell'uomo, l'indirizzamento della volontà umana, nella forza dello Spirito Santo, alla sequela di Cristo, l'esperienza della comunità dei credenti, la speranza nella manifestazione della comunione di vita con Cristo e tutte le membra del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, nella vita eterna».