Il fico, l’albero presente dalla Genesi all’Apocalisse
Nelle Sacre Scritture ci sono 44 versetti che menzionano il fico. Alcuni ritengono fosse l’Albero della conoscenza del bene e del male da cui Eva colse il frutto proibito. Certamente ha una ricca simbologia e Gesù si riferì più volte al fico nella sua vita pubblica. Anche oggi Israele è pieno di questi alberi e la loro fioritura può essere magari un segno messianico.
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Nel Libro Sacro c’è un frutto che più degli altri è presente: il fico. Ci sono 44 versetti che lo menzionano.
Nel Giardino dell’Eden, l’albero di fico - considerato da alcuni l’Albero della conoscenza del Bene e del Male - fu uno degli alberi importanti che il Signore piantò, dopo l’Albero della vita. Ordinò ad Adamo ed Eva di non mangiare i frutti dell’Albero proibito, per evitare la loro morte. E loro disubbidirono. Ma ciò che è emblematico, per molti storici, quando parlano del peccato originale e della cacciata dall’Eden, è che il misterioso frutto che Eva raccolse su invito del serpente e che poi offrì anche ad Adamo, fosse un fico. La prova? Una volta apertisi gli occhi, i progenitori si coprirono con foglie di fico (Genesi, 3:7): si deduce così che avessero usato le foglie dell’albero dal quale avevano raccolto il frutto. Ma il mistero continua ad aleggiare…
Come rimane nel mistero l’identificazione del luogo in cui si troverebbe veramente il Giardino dell’Eden. L’archeologo americano Juris Zarins (professore all’Università del Missouri, specializzato in studi sul Medio Oriente) pensa di avere identificato la collocazione dell’Eden, che sarebbe situato nella pianura attraversata dal fiume Shatt al-‘Arab (più precisamente nella regione della Mesopotamia meridionale). Sarebbe sepolto sotto decine di metri cubi di sedimenti. Nello Shatt al-‘Arab oggi confluiscono due dei fiumi citati nella Genesi: il Tigri e l’Eufrate. Considerando anche il fatto che il Golfo Persico (che era completamente all’asciutto durante l’ultima glaciazione) è stato inondato dal mare circa 5000-6000 anni prima di Cristo, è possibile che l’Eden si trovi ora in fondo al mare. Juris Zarins, nella sua teoria, identifica anche gli altri due fiumi menzionati nella Genesi, il Pison e il Gihon.
Ma torniamo al fico. Era un albero molto frequente in terra d’Israele ed era apprezzato fin dai tempi più remoti da tutti i popoli antichi: gli Egizi, gli Assiri e i Greci lo consideravano una fonte importante di nutrimento, sia fresco che secco, quest’ultima una forma che risolveva i problemi di alimentazione di molti popoli nomadi o della gente che viaggiava (1Samuele 25:18; 30:12; Giuditta 10:5).
In quelle terre aride, la pianta di fico, oltre ad offrire i frutti, regalava anche l’ombra nelle oasi e marcava l’avvicendamento delle stagioni: “Poiché, ecco, l’inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n’è andato; i fiori spuntano sulla terra, il tempo del canto è giunto, e la voce della tortora si fa udire nella nostra campagna. Il fico ha messo i suoi frutti, le viti fiorite esalano il loro profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni” (Cantico dei Cantici, 2:11-13).
Il fico era un albero con una ricca simbologia, le prime fra tutte: la fertilità e la fecondità. Ma era anche una fonte medicinale (2Re, 20:1-7): il re Ezechia, afflitto da ulcere, fu trattato con “un impiastro di fichi” e guarì.
Pianta della Terra Promessa, nei libri profetici il fico è simbolo di pace (Michea, 4:4), di prosperità (Gioele, 2:22) e di fedeltà del popolo nella sua alleanza con Dio (Aggeo, 2:19; Giovanni, 1:48-49; Zaccaria, 3:10). Il profeta Geremia usa la simbologia dei frutti di fico anche per mostrare la differenza tra la liberazione e la condanna, tra il bene e il male: un canestro contiene i frutti buoni, simbolo del popolo dapprima deportato e poi liberato da Dio, mentre l’altro è pieno di frutti cattivi, come la condanna del re di Giuda, Sedecia (Geremia, 24:1-10; 29:17-18).
Ma la simbologia non si ferma qui: Gesù stesso usa il fico come esempio per impartire il suo pensiero sul dono di sé e sulla relazione dell’uomo con Dio. In Matteo (21:17-22) e in Marco (11:12-24) vediamo Gesù che maledice e secca un albero di fico perché è ricco di foglie verdi ma privo di frutti. Questo è un miracolo di Gesù, che ha una forte simbologia, anche se la maledizione del fico da parte di Gesù è un’azione che può sembrare incoerente con le sue azioni (fra l’altro, non era nemmeno “colpa” del fico, perché “non era la stagione dei fichi”, vedi Marco, 11:13). È in realtà una parabola basata sui simboli: il fico rappresenta la città di Gerusalemme, che non risponde a Gesù “a tono”, perciò subisce la punizione divina. Gesù usa il simbolo del fico spoglio e senza frutti per richiamare il popolo (che aveva deluso le attese di Dio) alla conversione dal peccato.
Invece nel Vangelo di Luca, che mette in risalto la misericordia di Dio, la mancanza di fichi sull’albero non provoca la maledizione:
Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Luca, 13:6-9).
Anche qui Gesù ci comunica che la spiritualità si può coltivare, concimare e nutrire. L’infedeltà all’Alleanza è indicata con l’immagine del fico spoglio e secco: “Essi hanno rigettato la parola del Signore... non c’è più uva nella vigna né frutti sui fichi; anche le foglie sono avvizzite” (Geremia, 8:13).
La trascendenza si raggiunge tenendo viva la relazione con Dio: il fico rappresenta un frutto dello spirito, che dà sicurezza e prosperità all’anima, oltre che al corpo. Nel Primo Libro dei Re si narra la prosperità del popolo d’Israele al tempo del re Salomone attraverso il simbolo dell’albero di fico: “Giuda e Israele erano al sicuro; ognuno stava sotto la propria vite e sotto il proprio fico - da Dan fino a Bersabea - per tutta la vita di Salomone” (1Re, 5:5). Troviamo frequentemente nei testi biblici l’espressione “stare seduti sotto l’albero di fichi”.
Nella tradizione rabbinica, questo non è solo un simbolo di benessere e di pace, ma il luogo prediletto dai rabbini per studiare e leggere la Torah. La storia di Israele è intrinsecamente legata alla simbologia del fico. Nel Nuovo Testamento possiamo anche vedere Gesù usare il fico simbolicamente - in primo luogo nella chiamata di Natanaèle che era “seduto sotto un fico come un vero israelita” (Giovanni, 1:48-50). In seguito usa il fico quale metafora di come dovremmo riconoscere i segni dei tempi (Matteo 24:32). Questo sistema di descrivere la fine dei tempi usando l’analogia del fico è ripreso di nuovo in Apocalisse 6:13: “Le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi”.
Quindi, dalla Genesi all’Apocalisse, il fico è fortemente presente nel simbolismo scritturale. Come abbiamo visto, ci sono molti riferimenti interessanti nel Cantico dei Cantici e nelle parabole di Gesù, ma anche nel Libro dei Giudici.
Anche oggi Israele è pieno di alberi di fico: enormi, ben sviluppati, ombrosi e pieni di frutti. Producono due raccolti di frutta all’anno, il raccolto precoce intorno al periodo della Pasqua ebraica in primavera, anche prima che le foglie si siano spiegate, mentre i frutti più grandi, migliori e più succosi arrivano da soli a settembre, vicino alle festività ebraiche di Rosh HaShanah, Yom Kippur e Sukkot (rispettivamente Festa delle Trombe, Giorno dell’Espiazione e Festa dei Tabernacoli).
È possibile considerare che la fioritura dei fichi oggi in Israele sia di per sé un segno messianico: i popoli aspettano il ritorno di Gesù. La restaurazione sarà un risveglio spirituale e tutto il suo popolo saluterà il loro Messia, Gesù, dicendo: “Beato colui che viene nel nome del Signore”. Noi siamo pronti.