«Il divorzio usa i traumi dei figli per la felicità dei genitori»
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«La separazione indolore per il bene dei figli è sempre un inganno». Il caso Esselunga rompe un tabù: «Mamma e papà esemplari, ma la bimba non è felice: lo spot svela la coda di paglia degli addetti ai lavori nella fabbrica dei divorzi, che usano il trauma dei minori per la felicità dei genitori». Intervista all'avvocato familiarista Fiorin.
Lo spot di Esselunga è diventato il caso politico del momento e ieri anche il premier Giorgia Meloni lo ha commentato (positivamente) meritando addirittura per qualche ora l’apertura di Repubblica.it. Si attendono a questo punto le reazioni degli altri partiti. È evidente che le strumentalizzazioni e i commenti sulla storia di Emma e della pesca regalata al papà separato dalla sua mamma va ben al di là delle squisite esigenze di marketing della catena di casa Caprotti.
Se tutti ne parlano, significa che quello spot apre uno squarcio insolito e rompe il muro dei tabù e del politicamente corretto in tema di divorzio.
La Bussola ne ha parlato con Massimiliano Fiorin, avvocato familiarista, come ama definirsi lui (né divorzista e nemmeno matrimonialista), che dal suo osservatorio professionale ha all’attivo diversi libri sul divorzio tra cui “La Fabbrica dei Divorzi – Il Diritto contro la Famiglia” (ed. San Paolo, 2008), "Finché la legge non vi separi" (San Paolo, 2012), "L'Amore non si arrende" (ed. Ares, 2017), "Il Diritto e il Desiderio - Ritrovare sé stessi attraverso le crisi familiari" (Ares, 2021). Nel 2023 ha pubblicato anche il suo primo romanzo "Il Sogno del Padre", nel quale riprende in chiave narrativa i temi consueti della crisi delle relazioni di coppia e familiari.
Avvocato, tutti ne parlano. Davvero questo spot è così sconvolgente?
Sì, perché rompe un tabù, oltre ad essere fatto tecnicamente molto bene. Ho visto che dietro c’è una regia francese e una produzione internazionale di creativi statunitensi, segno che forse dovremmo sganciarci dalle nostre letture provinciali attraverso cui guardare questa storia dallo spioncino delle polemiche “fascio-meloniane”. Il tema del divorzio è sentito e all’estero evidentemente c’è più libertà nel trattarlo.
In Italia la lettura è di tipo esclusivamente ideologica…
La lettura ideologica è solo il primo dei livelli di lettura di questo spot. Le note lobby che sono contrarie alla famiglia naturale non aspettavano altro. Ho visto che qualche organo di stampa ha ritirato fuori la vicenda dello scontro di Esselunga con Coop, raccontata dal celebre libro Falce & Carrello. Evidentemente, per un certo mondo Esselunga è ancora un’azienda “eretica”, deviante rispetto al mainstream.
Perché?
Inutile nasconderlo: c’è una lobby che ha promosso spot pubblicitari in cui ha ribadito fino allo sfinimento che l’unica famiglia che va bene è quella multietnica o omogenitoriale. Quello spot ha rotto questo stereotipo di “famiglia” che spesso in tante reclame è propagandata. Ma c’è un secondo livello di lettura che mi sta a cuore particolarmente.
Quale?
Quello di noi addetti ai lavori che si occupano di separazioni. Qui si dice una verità indicibile e cioè che i figli non vorrebbero mai la separazione dei loro genitori, nemmeno quando i loro genitori litigano, nemmeno quando le famiglie sono disfunzionali o hanno una conflittualità.
È quello che vede anche nelle aule di giustizia?
Il sistema delle separazioni e dei divorzi si dovrebbe fondare sul principio del “preminente interesse del minore”, invece accuratamente si nasconde un fatto che è sotto gli occhi di tutti: il preminente interesse del minore è che i genitori non si separino. È un dato elementare e lo spot rompe il tabù perché ce lo mostra.
Di solito però si dice che se i genitori non vanno più d’accordo, separarsi è l’unica strada per fare del bene al figlio…
Siamo sicuri? Io dico di no. Non a caso tutti gli psicologi che fanno consulenze per i tribunali hanno due approcci: o la buttano sul politicamente corretto, dicendo che il dolore dei figli non si può rappresentare perché si rinfocola il trauma dei bambini, ma in questo modo ammettono che il trauma c’è, oppure sostengono ciò che è contro la realtà e cioè che il problema non è nella separazione in sé, ma nell’eccessiva conflittualità dei genitori.
Potrebbe essere anche così, o no?
Mi segua nel ragionamento. La pubblicità rappresenta due figure genitoriali ideali per tutti gli addetti ai lavori, che siano magistrati o avvocati, mediatori famigliari o psicologi, i quali girano intorno alle separazioni da cui traggono fatturato. La mamma com’è?
Premurosa?
Esatto. Non è disfunzionale, sgrida Emma, ma con dolcezza, gioca con lei, la riporta a casa, la fa ridere e quando arriva il padre a prenderla non dice una parola, non commenta. E il papà?
Non so… sta al suo posto?
Esatto. Quando arriva non sale, non si impone, nonostante si possa presupporre che quella casa dalla quale è stato allontanato, sia anche sua. Abbraccia la bambina con affetto, la fa salire con serenità sulla macchina - e di grazia che gli è rimasta un’auto, questo non è affatto scontato - e quando lei gli consegna la pesca, il padre riesce a comprendere la situazione e dice che telefonerà alla mamma. Si comporta come un perfetto genitore separato.
Quindi, se siamo di fronte a due perfetti genitori separati il problema dov’è?
Visto che si comportano da genitori separati, perché tutti si stanno contorcendo?
Già, perché?
La risposta è nella coda di paglia enorme che c’è anche tra gli addetti ai lavori: tutti si comportano bene, ma la separazione rimane un trauma che i figli non vogliono. Quindi la separazione indolore per il bene dei figli non esiste, è un gigantesco inganno.
Però così si colpevolizzano i genitori…
No, invece si dà loro un bel messaggio di speranza, c’è un popolo di persone che hanno subito sulla pelle le conseguenze della disgregazione famigliare e sanno quanta sofferenza arrechi il divorzio, sia dalla posizione di figli che da quella genitori separati.
Ma lei è un avvocato, che cosa dice ai suoi clienti?
Dico sempre che la separazione è un male per i figli. Noi vediamo tutti i giorni quello che lo spot rappresenta. Vediamo ragazzi che dicono «io non mi sposerò mai» perché non vogliono rischiare di essere cacciati fuori di casa, hanno già la percezione che sposarsi comporti il rischio di trovarsi in mezzo a una strada e questo è indice di come ormai la situazione anche legale abbia comportato un disfacimento nella società.
Ma se la società è orientata al divorzio perché prendersela con i genitori?
Non è questo il punto. Bisogna ammettere che il “divorzismo” ha portato a una inversione del senso comune: oggi il divorzio è normale, il sistema lo suggerisce e soprattutto, la cosa più odiosa: si dice che separarsi è anche nell’interesse dei figli. Tutti raccontano la favola distopica sulla quale si costruiscono enormi sofferenze e cioè che sarebbe meglio che i genitori si separassero e trovassero serenità, ma questa è una bugia, è l’egoismo di chi vuole rifarsi una vita sulla pelle dei propri figli. È un’alterazione del senso comune che mi fa dire che una volta i genitori si preoccupavano che i figli fossero felici, oggi sono i figli che devono preoccuparsi che i genitori siano felici.
D’accordo, ma che cosa c’entrano queste ferite con un’operazione di marketing pubblicitario?
Se fossi un esperto di scienza della comunicazione mi metterei a studiare questo fenomeno, Esselunga sta facendo involontariamente la parte del generale Vannacci, dice a tutti una verità che è sotto gli occhi di tutti.
Nel video non abbiamo elementi per dire che i due genitori fossero sposati, magari erano conviventi. Perché siamo portati a pensare che fossero sposati?
È un fattore culturale. A volte mi capitano clienti che sono preoccupati di commettere l’abbandono del tetto coniugale quando questo non esiste più come reato. È evidente come il modello naturale di famiglia continui a sussistere nella convinzione delle persone. Tante volte mi capita di vedere negli occhi dei miei clienti lo stupore nel realizzare che quello su cui loro fondavano i loro progetti di vita, in realtà per la legge non ha più nessun valore. La gente prova ancora una nostalgia per il modello naturale di famiglia, ciononostante i giovani sanno che se si dovessero sposare, non avranno nessuna possibilità di pretendere che l’altro rimanga fedele alle promesse inziali e questo, senza essere romantici, è un problema non da poco perché è un dramma esistenziale.