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PACE PER LA SIRIA

Il digiuno cristiano non è quello di Marco Pannella

Pannella approfitta dell'invito del Papa al digiuno, per la pace in Siria, per iniziare il suo. Ma lo sciopero della fame non è la stessa cosa. Non è strumento di implorazione dell'aiuto divino, ma un modo per ottenere l'attenzione mediatica.

Editoriali 05_09_2013
Pannella

Domenica scorsa Papa Francesco ha deciso di indire per sabato 7 settembre “una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero”. L’invito è esteso a tutti, credenti e non.

Marco Pannella si è sentito chiamato in causa solo a sentire che il Pontefice invitava anche i laici a digiunare e non gli è parso vero di dire la sua: «Quando lui invita il mondo, non solo quello cattolico, sabato prossimo, ad una giornata di preghiera, di impegno e, per quel che lo riguarda, di digiuno per la Siria e contro la violenza, aiuta anche noi, anche me, in questo momento della realtà storica e politica del Partito Radicale. A partire da quel che annuncia Papa Francesco – ha continuato il leader radicale dai microfoni della radio omonima - vorrei suggerire che dalle carceri italiane venga fuori una tre giorni - da sabato a lunedì - di digiuno, contro la guerra, la violenza, e la violenza di Stato».

Insomma, dal punto di vista di Pannella, il digiuno voluto dal Papa e il suo, stessa cosa sono e quindi si sente legittimato ad arruolare persino Papa Francesco nella sua lotta per i “diritti civili”, superandolo in bontà perché ha rilanciato all’invito del pontefice con ben tre giorni di digiuno. Invece lo sciopero della fame indetto a più riprese e ormai da decenni dai radicali e la pratica del digiuno cristiano hanno una natura differente e perseguono scopi quasi diametralmente opposti.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che la pratica del digiuno ha una duplice valenza. Di base aiuta a «farci acquisire il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore» (2043). I radicali, si sa, invece spingono ad un asservimento dell’uomo ai propri istinti riconosciuto per legge: pensiamo ad esempio alle loro lotte per la liberalizzazione delle droghe e della prostituzione.

Su un piano più elevato, poi, il digiuno cristiano esprime “la conversione in rapporto a se stessi” (1434). Insieme a preghiera ed elemosina, il digiuno rappresenta un «mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l'intercessione dei santi». Tutte cose estranee – banale a dirsi - al pensiero radicale e in specie a quello pannelliano.

Ma perché il Papa chiede di digiunare e pregare per la pace? Come può il nostro digiuno influenzare chi è nella stanza dei bottoni pronto a scatenare nuovi conflitti armati? Ci viene in soccorso una nota della CEI del 1994 dal titolo “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza”. In questa nota i vescovi spiegano che il digiuno è uno strumento potente di “implorazione dell’aiuto divino”, strumento che lo stesso Gesù ha adottato nel deserto per lottare contro il maligno. Papa Francesco in buona sostanza ci ricorda che la storia non è fatta solo dagli uomini, ma anche da Dio dagli angeli buoni e da quelli ribelli. Una visione della vicenda umana metafisica, anzi spirituale. Se allora le guerre non nascono solo da motivazioni umane, terrene, bensì hanno la loro radice in potenze sovrannaturali, allora gli strumenti per combattere il male devono avere anch’essi natura sopranaturale. Se il digiuno è compiuto con il giusto spirito di contrizione, di carità e di abbandono a Dio, se esprime davvero un gesto di amore e di richiesta di aiuto, ecco che acquista efficacia. Un’efficacia non solo simbolica – come lo sciopero della fame di Pannella – ma effettiva. Il digiuno vissuto così come la Chiesa insegna realmente acquista un valore spirituale così pregnante che può orientare le coscienze dei governanti. Il digiuno fatto dagli uomini e offerto a Dio, nella mani di Quest’ultimo diviene realmente un condizionamento verso il bene. Dio bussa incessantemente alle porte del cuore di ogni uomo e il digiuno e la preghiera di molti aumenteranno il numero di mani di coloro che bussano.

L’iniziativa del Pontefice si inserisce nella tradizione millenaria dei credenti in Dio, così come ricorda ancora la CEI: «Le celebrazioni penitenziali, in tempo di gravi calamità e nei momenti decisivi dell’Alleanza fra Dio e il suo popolo, comportano anche l'indizione di un solenne digiuno per l'intera comunità. […] Privandosi del cibo, alcuni protagonisti della storia del popolo d'Israele riconoscono i limiti della loro forza umana e si appellano alla forza di Dio, che solo li può salvare». Stentiamo a credere che Pannella sia animato da simili motivazioni spirituali e da tali afflati religiosi.

Le sue motivazioni in realtà sono altre. In mano al leader radicale il digiuno non è strumento di richiesta di aiuto, bensì strumento di lotta, di protesta, altoparlante affinché i media si accorgano di lui, messinscena pubblica e strepitante per dar eco ad iniziative che all’opposto non potrebbero uscire dall’anonimato. Infatti tale pratica non è chiamata neppure “digiuno”, bensì “sciopero della fame” proprio per sancirne la natura ideologica, quasi sindacalista in opposizione ai poteri forti. La prospettiva dietetica di Pannella è allora politica, meramente appiattita sul piano orizzontale e autoreferenziale. Pannella digiuna per sé in fondo, e la pace, la condizione dei carcerati ecc … sono solo un pretesto per accendere i riflettori su di lui e sulla sua faccia emaciata che offre a favore di flash e telecamere.

Anche in questo lo sciopero della fame non c’entra nulla con il digiuno cristiano. Per rimanere alle parole del Vangelo, Gesù così ammoniva: «E quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. […] Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni».

Sulla stessa frequenza d’onda si muove Paolo VI con la Costituzione apostolica Paenitemini del 1966: la penitenza deve essere «atto religioso personale, che ha come termine l'amore e l'abbandono nel Signore: digiunare per Dio, non per se stessi». E così viene commentato questo passo dalla nota della CEI già richiamata: «Oggi, infatti, il digiuno viene praticato per i più svariati motivi e talvolta assume espressioni per così dire laiche, come quando diventa segno di protesta, di contestazione, di partecipazione alle aspirazioni e alle lotte degli uomini ingiustamente trattati». Una protesta che – è bene dirlo - può anche tradursi legittimamente nella forma del digiuno, ma che nulla a che vedere con la pratica cristiana indicata da Cristo e dal Magistero.