Il Decreto del fare è la Supercazzola
Linguaggio incomprensibile, norme che regolano dettagli insignificanti: il decreto sulla semplificazione burocratica fa cadere le braccia. Mentre si evita di intervenire seriamente sui veri problemi alla base dell'inefficienza radicale della macchina amministrativa.
Che fare, ridere o piangere? E’ questa in sostanza l’unica seria domanda che ci si può porre dopo aver letto testi e comunicati ufficiali riguardo al “Decreto del Fare” e al disegno di legge sulla semplificazione sulle procedure burocratiche dello Stato. Si tratta, si afferma nei comunicati ufficiali del governo, di “norme funzionali alla riduzione degli oneri amministrativi e informativi a carico di cittadini e imprese e utili per il rilancio dell’economia e l’ammodernamento del Sistema Paese”, nonché di “misure di semplificazione a costo zero che permettono di ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese”.
Per farsi subito un’idea su che cosa intendano per semplificazione gli autori del provvedimento basti questo passaggio del comunicato relativo alla gestione del Pubblico Registro Automobilistico, PRA:
“Entro il 31 dicembre di ogni anno, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, previa intesa con la Conferenza unificata, approverà l’Agenda dei lavori per la semplificazione delle norme e delle procedure contenente le linee di indirizzo condivise tra Stato, Regioni,Province Autonome e Autonomie locali, sulle modalità, anche temporali, di attuazione delle misure di semplificazione vigenti. Questo consentirà di programmare e coordinare l’attività di semplificazione.”
A leggere una prosa come questa viene un’acuta nostalgia della stagione purtroppo passata dei grandi comici italiani degli anni ’60 da Walter Chiari a Tognazzi e Vianello per non dire dei loro storici predecessori da Totò ad Aldo Fabrizi, a Nino Taranto. Chissà che cosa avrebbero saputo fare con un canovaccio del genere, che per loro sarebbe stata un’ottima materia prima pronta per l’uso..
Veniamo poi ad alcune delle cruciali riforme che ci vengono promesse. Si va dal “rilascio a richiesta dell’interessato dei titoli di studio in lingua inglese, in maniera tale da poterli utilizzare all’estero senza necessità di costose traduzioni asseverate” alla “possibilità di depositare la copia del film presso la Cineteca Nazionale per l’ottenimento dei contributi, oltre che mediante negativo della pellicola originale, anche in versione digitale”. Se si pensa all’enorme, cruciale problema dell’inefficienza radicale della macchina amministrativa dello Stato italiano, dei difetti di fondo del nostro diritto amministrativo, del guazzabuglio di competenze che si accavallano tra loro, il “Decreto del Fare” e il disegno di legge sulle semplificazioni fanno cadere le braccia.
Da un lato infatti sono un’insalata male assortita di minute norme di settore relative ai più diversi ambiti dell’amministrazione statale, e dall’altro sono bruscolini rispetto ai veri punti-chiave del nostro pantano amministrativo-giudiziario. Il pantano che spinge le imprese e molti giovani promettenti a trasferirsi all’estero e scoraggia radicalmente gli investimenti stranieri in Italia. Vengono introdotte ex lege innovazioni di buon senso per le quali dovrebbe bastare la circolare del direttore di un ufficio mentre non ci si prova nemmeno ad affrontare le questioni di fondo sul piano sia delle norme che della struttura. E ciononostante si osa parlare pomposamente di “Decreto del Fare”. Come si può ancora andare avanti in questa maniera?