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arte sacra

Il Compianto del Bellini, promessa della Risurrezione

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In mostra a Milano la tavola del pittore veneziano, in cui il dramma della morte di Cristo si staglia su un cielo luminoso, segno della speranza di un bene che si affermerà solo nel mistero della Pasqua.

Cultura 02_03_2024

L’episodio del Compianto su Cristo morto, a onor del vero, non trova un puntuale riscontro nei testi evangelici, sinottici e non. La fortuna, anche iconografica, di questo specifico momento della Passione si deve, piuttosto, alla spiritualità degli ordini mendicanti, fin dal Medioevo promotori di una devozione che tenesse in particolare considerazione l’umanità di Cristo. Da allora sempre più artisti cominciarono a confrontarsi con questo soggetto, per esprimerne la tragica drammaticità in cui fare immedesimare i loro rispettivi committenti. Giovanni Bellini incluso.

Il Compianto del maestro veneziano, a lungo pittore ufficiale della Serenissima Repubblica e figura, dunque, più che autorevole sullo scenario artistico tra Quattro e Cinquecento, arriva a Milano in prestito dai Musei Vaticani per accompagnare i milanesi durante il periodo quaresimale. La tavola, tra le più «sublimi» delle collezioni papali a detta della loro direttrice, Barbara Jatta, «silenziosa ma dirompente nella sua espressività», è stata temporalmente, e generosamente, ceduta al Museo Diocesano ambrosiano perché potesse farsi strumento di una riflessione, certamente artistica ma soprattutto spirituale, sul mistero della morte e della Resurrezione di Cristo.

Tecnicamente si tratta di una cimasa ovvero del coronamento di un polittico, nel caso specifico composto anche da una predella con storie di Santi e dalla imponente tavola centrale su cui è riprodotta una mirabile Incoronazione della Vergine: l’opera che segna un passaggio fondamentale nella carriera del Bellini, avviato ormai verso la piena maturità, era stata realizzata per l’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Pesaro ed è oggi conservata, privata del suo tassello superiore, presso i Musei Civici della città marchigiana. La collocazione originaria del Compianto vaticano spiega, dunque, il punto di vista fortemente scorciato, da sotto in su, con cui Bellini osserva e riproduce la scena.

In uno spazio decisamente compresso, che accelera ed evidenzia la monumentalità delle figure, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Maddalena si prendono cura del corpo di Gesù che noi sappiamo, in virtù del racconto evangelico, essere appena stato deposto dalla Croce. Il titolo del dipinto potrebbe anche essere Unzione di Cristo, per via del vasetto di unguento che Nicodemo sorregge affinché Maddalena possa attingervi e cospargere di olio le stigmate, quasi riuscisse ancora ad alleviare il dolore di quelle ferite con il suo gesto delicato e proprio per questo commovente fino alle lacrime. È l’intreccio di mani a richiamare l’attenzione del visitatore, grazie al sapiente passaggio di chiari e di scuri orchestrato dal pittore che volutamente si sofferma sulla sofferenza così umana dei personaggi posti di fronte alla perdita del loro amato Maestro. Gli sguardi riverenti, il silenzio che sembra dominare la scena, le labbra appena socchiuse di Maddalena, quasi stesse per scoppiare in pianto, esprimono tutto il dramma che il baratro della morte inevitabilmente porta in sé.

Eppure dietro a tutti loro si staglia un cielo azzurro, luminoso, che il pittore riesce a rendere in modo molto naturale. È, questo, un indice inequivocabile della futura Resurrezione, un’esperienza che né Giuseppe, né Nicodemo, né Maddalena conoscono ancora, ma che era stata loro preannunciata e promessa.  La scelta del Compianto per il percorso quaresimale appare dunque ancor più motivata, se anche Bellini introduce un segno della speranza di un bene che si affermerà solo nel mistero della Pasqua. Un augurio e un messaggio ancora urgenti come dimostrano i lavori di quattro artisti contemporanei cui è stato chiesto di confrontarsi con il senso del dolore e l’interrogativo posto dal capolavoro belliniano: le loro opere corredano e completano l’esposizione milanese rendendo il tema complessivo ancora molto attuale.



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