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Il centrodestra vince con Renzi nel "laboratorio" del Molise

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Diverse indicazioni arrivano dalle urne molisane che eleggono governatore Francesco Roberti (Forza Italia), con l'appoggio di Italia Viva.. In sostanza, non è un voto soltanto locale, ma il primo test per gli equilibri post-berlusconiani.

Politica 27_06_2023

È vero, l’affluenza continua a calare. In Molise hanno votato solo il 47,95% degli aventi diritto, 4 punti in meno rispetto alle regionali di cinque anni fa, ma l’indicazione degli elettori è chiara: il centrodestra è maggioranza e il divario con il centrosinistra aumenta.

Erano tre i candidati alla carica di governatore: Roberto Gravina (Movimento 5 Stelle) sostenuto dalla coalizione di centrosinistra con 6 liste, Francesco Roberti (Forza Italia) sostenuto dal centrodestra (7 liste) e infine Emilio Izzo sostenuto dalla lista "Io non voto i soliti noti". Erano 20 i consiglieri da eleggere oltre al presidente. Il governatore uscente, non ricandidato, è Donato Toma (Forza Italia) che negli ultimi cinque anni ha guidato la maggioranza di centrodestra.

Il risultato, come detto, è schiacciante in favore del centrodestra, che supera il 60% e stacca di oltre 20 punti la coalizione di centrosinistra, mentre il terzo candidato (Izzo) non arriva al 2%. Un risultato ampiamente atteso, ma che può fare del Molise una sorta di laboratorio politico in vista della definizione di una nuova geografia politica indotta dalla scomparsa di Silvio Berlusconi.

Infatti le indicazioni che arrivano dalle urne molisane sono diverse. Anzitutto il governo Meloni esce rafforzato e quindi l’esito del voto di ieri e domenica nella piccola regione del sud si può leggere come una conferma del buon operato dell’esecutivo. I giudizi degli elettori nei suoi confronti appaiono quindi lusinghieri.

Un secondo segnale, decisamente più innovativo e meno scontato, è il costante avvicinamento di Matteo Renzi all’area di governo. Italia Viva, pur non presentando una sua lista alle elezioni molisane, ha appoggiato il candidato del centrodestra, Francesco Roberti, risultato nettamente vincitore. In particolare Donato D’Ambrosio, coordinatore provinciale di Italia Viva, si è candidato nella lista dell’Udc, che sosteneva Roberti. Ufficialmente il matrimonio tra Renzi e il centrodestra è solo un matrimonio locale, fondato sulla stima che il senatore di Rignano nutre nei riguardi di Roberti. In realtà c’è di più, e non da oggi.

La strategia dell’ex premier ed ex segretario del Pd è molto chiara: indebolire il centrodestra per rendersi indispensabile al centrodestra. Se lo schieramento di maggioranza, infatti, si consolidasse nella sua attuale composizione, non ci sarebbe alcuno spazio per appoggi esterni e il peso specifico delle forze minori come il partito di Renzi risulterebbe irrilevante. Invece Renzi punta ad essere determinante e a costruire, nell’arco di questi cinque anni, un’area di centro che graviti nel centrodestra senza annullarsi nella destra.

Il suo disegno prevede due tappe. Per un altro anno è fondamentale tenere in vita il cosiddetto Terzo polo con Carlo Calenda, perché si avvicinano le elezioni europee, della prossima primavera, che prevedono un sistema elettorale proporzionale, dove ognuno corre in autonomia, senza coalizioni, e uno sbarramento del 4%. I due, separati, non raggiungerebbero quella soglia, mentre uniti hanno buone possibilità di farcela e quindi di portare a Strasburgo qualche loro parlamentare. Subito dopo quell’appuntamento elettorale, la separazione tra le due anime del Terzo polo potrebbe essere perfino consensuale, perché Azione potrebbe tornare con +Europa, nell’area di centrosinistra, mentre Renzi punterebbe al serbatoio elettorale di Forza Italia per integrarsi nel centrodestra.

Ovviamente, se qualcuno chiedesse ai diretti interessati una conferma di questo ipotetico scenario essi smentirebbero, ma fra un anno queste considerazioni potrebbero risultare straordinariamente attuali.

Dopo tutto gli ammiccamenti tra Renzi e la maggioranza di governo sulla riforma della giustizia ma anche su altri temi dell’agenda Meloni sono frequenti. I seguaci di Renzi e Calenda sono sempre più in imbarazzo rispetto all’ipotesi di lasciarsi fagocitare in un “campo largo” fortemente ideologico come quello che si sta creando a sinistra e che vede Elly Schlein e Giuseppe Conte contendersi la leadership. In quella coalizione non ci sarebbe alcuno spazio per i centristi, mentre sul versante del centrodestra la morte di Silvio Berlusconi potrebbe coincidere con un rimescolamento di carte favorevole alle strategie di riposizionamento da tempo intraprese da Renzi.

In definitiva il voto in Molise non è un marginale appuntamento elettorale, ma il primo test dell’era post-berlusconiana per il governo Meloni e, forse, la prima tappa di una nuova era politica con schieramenti diversi da quelli che abbiamo visto finora.