Il centro (che non c’è) e l’estremismo della sinistra
In vista delle elezioni, si moltiplicano le dichiarazioni dei leader che si dicono moderati e di centro, ma senza avere un’identità granché diversa dai partiti maggiori. Il flop del duo Calenda-Renzi sembra dietro l’angolo. E il centrodestra dovrà vedersela con una sinistra che, saltato l’accordo Calenda-Letta, è sempre più estrema.
Il miraggio del centro ha colpito anche stavolta. In vista del voto del 25 settembre, si moltiplicano le dichiarazioni dei leader che si autoproclamano moderati e che ripetono con insistenza: “Le elezioni si vincono al centro”. Dietro questo slogan sempre più sbiadito si cela il vuoto programmatico di forze politiche che si erano cullate sotto l’ombrello protettivo del Governo Draghi e ora non sanno come chiedere il voto all’opinione pubblica.
L’accordo Calenda-Letta, poi saltato, preparava la strada a un’intensa prova muscolare tra centrodestra e centrosinistra. La rottura tra i due leader e la formazione di un terzo polo - che in realtà è un quarto polo, visto che i grillini vanno da soli - ha cambiato i termini della partita: il centrodestra dovrà vedersela con una sinistra-sinistra, non più con un centrosinistra, perché le componenti residuali del centro che guardano a sinistra, pur di non scomparire, hanno dato vita a un cartello elettorale. Funzionerà? Tutto lascia supporre di no. Il flop del duo Calenda-Renzi sembra dietro l’angolo perché si tratta dell’alleanza dei rancori e della disperazione. Il leader di Italia Viva, accreditato di un 1,5% nei sondaggi più attendibili, emarginato da Enrico Letta che non gli ha mai perdonato la frase “Enrico, stai sereno”, si avvicinava mestamente al ritiro dalla politica. Sarebbe stato impossibile per lui, in una corsa solitaria, superare la soglia di sbarramento. Idem per Carlo Calenda, che ha perso per strada +Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, rimasti alleati col Pd.
Azione e Italia Viva insieme potrebbero certamente raggiungere il 3% e consentire ai rispettivi leader di entrare in Parlamento. Ma quanti dei loro accoliti riusciranno a conquistare un seggio? Siamo sicuri che i transfughi di Forza Italia come Mara Carfagna e Mariastella Gelmini saranno votati da un elettorato tendenzialmente di sinistra? E Maria Elena Boschi ce la farà a rientrare in Parlamento? Qualora accadesse, come sarà la convivenza dopo il voto tra un insieme di generali senza truppe malati di visibilità e che non facevano mistero di odiarsi fino a qualche mese fa? Sarebbe questo il “polo della serietà e della credibilità”, come velleitariamente lo definiscono i promotori?
La verità è che centri e centrini, con l’attuale sistema elettorale, non hanno spazio di manovra. Non avendo elementi identitari così diversi da quelli degli altri partiti, fanno fatica a sfuggire alla logica del voto utile. Man mano che ci si avvicinerà all’appuntamento con le urne, le posizioni in campo si radicalizzeranno e gli elettori indecisi o non andranno a votare o voteranno per la sinistra-sinistra o per il centrodestra. Il polo di centro esiste solo nella mente e nelle aspirazioni di chi, in fretta e furia, lo ha creato, per sfuggire alla tagliola della soglia di sbarramento.
Si tratta comunque di una manovra che danneggia la sinistra, rendendola sempre più estrema. Ora i principali alleati del Pd sono Sinistra italiana, Verdi e +Europa, forze che di moderato hanno ben poco e che spostano decisamente verso sinistra l’asse della coalizione che punta ad opporsi al centrodestra. Letta ha già perso la sua partita di rendere il suo schieramento inclusivo e attrattivo verso il centro. Calenda e Renzi giocheranno anche contro la sinistra, facendole perdere alcuni collegi uninominali, mentre nel centrodestra c’è una fetta molto ampia di centristi sotto le insegne di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, oltre che un raggruppamento di partiti minori che si sono federati grazie a un’intesa tra i rispettivi leader (Lupi, Brugnaro, Cesa, Toti). Mentre in caso di vittoria del centrodestra la compattezza appare probabile in sede di formazione del governo, l’unica speranza che, sondaggi alla mano, ha la sinistra-sinistra di andare al governo è quella di allearsi con Calenda, Renzi e il Movimento Cinque Stelle. Inimmaginabile, però, che questi partiti possano governare tutti insieme dopo il voto, visto che il collante sarebbe soltanto la poltrona. I loro programmi confliggono in più punti e non sono compatibili.
I 15 punti del centrodestra, invece, sono stati elaborati e sottoscritti da tutti i soggetti che aderiscono al patto elettorale. In quel documento ci sono alcune note dolenti. Mancano, infatti, riferimenti espliciti ai temi etici e sensibili e ci si limita alla previsione di misure di sostegno a natalità, famiglia, giovani coppie e genitori separati. Si parla di tutela della salute, con l’impegno ad affrontare altre eventuali emergenze sanitarie valorizzando la medicina territoriale, aggiornando i piani pandemici e i sistemi di aerazione e ventilazione nelle scuole e sui mezzi di trasporto e ponendo una maggiore attenzione alle libertà individuali. Troppo generica come previsione, ma è comunque un primo passo per marcare il distacco dalla scellerata gestione della pandemia da parte degli ultimi due governi.