Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Alessio a cura di Ermes Dovico
Ideologia vs realtà

Il bioeticista Singer, quando l’incoerenza è giusta

Ascolta la versione audio dell'articolo

Noto per il suo animalismo, Peter Singer propugna una filosofia morale che avalla le tesi abortiste ed eutanasiche più estreme. Ma non le ha applicate quando si è trattato della madre malata di Alzheimer. A dimostrazione che l'ideologia è pura idiozia.

Editoriali 16_07_2024
Peter Singer nel 2015 (licenza CC, foto di Mal Vickers)

L’australiano Peter Singer [nella foto di Mal Vickers, da Wimimedia Commons], 78 anni, è professore di bioetica al Centre for Human Bioethics di Princeton. È uno dei filosofi più noti e influenti al mondo. Nel 2021 vinse il Premio Berggruen, da molti considerato il Nobel per la filosofia.

Singer è famoso soprattutto per aver abbracciato la causa animalista. Ad inizio luglio è stato ospite dell’Università Statale di Milano per presentare, a distanza di quasi cinquant’anni dal suo testo Liberazione animale, il suo ultimo saggio Nuova liberazione animale. Repubblica lo ha intervistato. Il bioeticista australiano, nell’intervista, afferma che gli allevamenti intensivi, vere e proprie fabbriche del dolore, dovrebbero scomparire, che occorre battersi per i diritti degli animali, che «le scelte alimentari sono il nodo per la liberazione animale» e che bisogna darsi al veganesimo puro.

Ma Singer non è solo un animalista, ma anche e soprattutto un bioeticista. A tal proposito, la sua filosofia morale si basa su alcuni principi. Vediamo i principali. Il primo: il consequenzialismo. La scelta eticamente valida è quella che massimizza le esigenze del maggior numero di esseri senzienti. Da ciò deriva che non esistono gli assoluti morali, ossia azioni che sono intrinsecamente malvagie, ma solo azioni utili. Il secondo: l’animalismo estremo che condanna lo specismo, ossia la presunzione che gli esseri umani abbiano maggior dignità degli altri esseri viventi senzienti. Il terzo: il dolore. È questa caratteristica, insieme ad un’altra che vedremo tra poco, che ci rende uguali agli animali, almeno a quelli senzienti, ossia a quelli che possono provare dolore. Il criterio del dolore, inteso anche in senso psicologico, congiunto all’utilitarismo, ha portato Singer a sposare con convinzione le tesi abortiste ed eutanasiche nelle loro versioni più ardite.

Ad esempio feti, neonati e persone affette da patologie neurodegenerative potrebbero essere uccise se ciò contribuisse a ridurre la sofferenza complessiva o, che è lo stesso, ad incrementare il piacere di tutti. Questi soggetti potrebbero essere uccisi perché esseri umani non persone (queste stesse tesi furono divulgate a livello globale un po’ di anni fa anche da due suoi allievi: Alberto Giubilini e Francesca Minerva). Il criterio che ci fa transitare dall’uomo a persona umana, che innalza lo stato biologico a dignità personale, è, secondo il filosofo australiano, la coscienza di sé (cfr. P. Singer, Etica pratica, Cambridge UP, 1993, pp. 85-87) e dunque, in modo più esteso, la razionalità.

La coscienza di sé è facoltà che secondo Singer può essere rinvenuta anche negli animali; e dunque alcuni di loro sono persone. Ne consegue che avremo esseri umani non persone ed esseri non umani persone. Così il filosofo: «Se confrontiamo un bambino umano gravemente malformato con un animale non umano, un cane o un maiale, per esempio, troveremo spesso che il non umano possiede capacità superiori, sia reali che potenziali, per la razionalità, l'autocoscienza, la comunicazione e qualsiasi altra cosa che possa essere plausibilmente considerata moralmente significativa» (Sanctity of Life or Quality of Life, in Pediatrics, 1983, Vol. 27, pp. 128-129).

Dunque, secondo Singer, è lecito, se non doveroso, uccidere un essere umano non persona quando la sua uccisione massimizza il piacere di tutti. Singer, per fortuna, non è stato coerente con la sua teoria quando questa stessa teoria ha interessato la sua famiglia. Infatti sua madre si ammalò di Alzheimer e Singer si guardò bene dall’applicare i suoi principi eutanasici che gli avrebbero imposto di sopprimerla perché le sue cure non avrebbero apportato nessun beneficio collettivo, ma avrebbero solo fatto spendere un sacco di soldi (è per questo motivo che il Nostro criticò Madre Teresa, che si prendeva cura di tutti fino alla loro morte naturale. Cfr. The Expanding Circle, Oxford, Clarendon Press, 1981). Singer, in quella occasione, assunse una équipe di sanitari per accudire la mamma. Tipico caso di quando l’ideologia impatta con la realtà e si mostra per quello che è: una enorme idiozia.

Il filosofo pare ammetterlo quando, in risposta a diverse critiche per il suo comportamento non coerente, rispose: «è diverso quando si tratta di tua madre» (The New Yorker, 55), aggiungendo che, però, le sue teorie rimanevano valide sebbene lui non fosse stato fedele ad esse. Altra prova che tra ideologia e idiozia esiste una piena identificazione concettuale. Ecco le sue parole esatte: «Supponiamo […] che fosse chiarissimo che i soldi potrebbero fare più bene altrove. Allora farei male a spenderli per mia madre, così come sbaglio quando li spendo per me o per i miei figli, per la famiglia, soldi che potrebbero fare più bene se donati a un'organizzazione che aiuta persone molto più bisognose di noi. Ammetto tranquillamente di non fare tutto ciò che dovrei fare, ma potrei fare, e il fatto che non lo faccio non vizia l'affermazione che è quello che dovrei fare». [Outsiders: our obligations to those beyond our border, in Deen K. Chatterjee (Ed.), The Ethics of Assistance, Cambridge UP, 2004]. Insomma l’incoerenza non inficia la bontà degli assunti.