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Ora di dottrina / 115 – Il supplemento

Il beato Luigi d’Aleman, la conversione di un conciliarista

Durante la crisi ecclesiale della prima metà del XV secolo, tanti cattolici credettero di dover sospendere la struttura divina della Chiesa “per il suo bene”. Tra essi, un capo indiscusso del conciliarismo: Luigi d’Aleman.

Catechismo 12_05_2024

Il Grande Scisma d'Occidente e i tentativi di risoluzione con i due Concili di Costanza e di Basilea hanno messo in luce come, di fronte alla crisi, si corre sempre il grande rischio di una sovra-reazione. Il ritardo nella riforma di quelle storture che affliggevano la Chiesa e l'inadeguatezza di non pochi pontefici avevano portato all'esasperazione e a “soluzioni” che in realtà diventavano foriere di nuovi problemi. La via della contrapposizione di un antipapa ad un Papa indegno, o quella dell'affermazione della superiorità del concilio sul Papa furono strade percorse in presenza di situazioni estremamente serie, che si autolegittimarono proprio in virtù della grave necessità in cui versava la Chiesa. Ma nessuna necessità può conferire a un concilio un potere che non ha e nessuna necessità permette di sospendere la struttura divina della Chiesa.

Tra i molti che all'epoca caddero in questa sovra-reazione troviamo numerosi cardinali, vescovi, sacerdoti e abati. Ma ve ne fu uno la cui storia merita di essere raccontata. Si tratta del beato Louis Aleman (1390 ca – 1450), italianizzato in Luigi d’Aleman, personaggio di grande peso nella prima metà del XV secolo. Sì, beato, ma non certo per la sua ostinazione, bensì per il suo pentimento.

Aleman fu presente al Concilio di Costanza (1414-1418) e ricevette la consacrazione episcopale dal neo-eletto Martino V, che gli affidò la sede di Maguelonne e lo volle vicecamerlengo al medesimo Concilio. Nel 1423 gli venne affidata la sede episcopale di Arles e fu nominato governatore di Bologna e delle Romagne, ricevendo così il titolo cardinalizio. Questa nomina lo fece subentrare al cardinale Gabriele Condulmer, il futuro papa Eugenio IV; nel periodo bolognese, Aleman dovette fare l'esperienza della prigionia, quando venne catturato da inviati della famiglia Canétoli, che voleva prendere possesso della città felsinea, e da qui definitivamente allontanato.

Aleman divenne un personaggio centrale con l'indizione del Concilio di Basilea (vedi qui). Di fronte alla quasi immediata lettera di scioglimento dell'assise, da parte di Eugenio IV, Aleman, che stava a Roma, dopo la cacciata da Bologna, si oppose al Papa e sostenne la prosecuzione del Concilio. Riuscì a lasciare Roma e giungere a Basilea in un modo piuttosto rocambolesco, nascondendosi con un travestimento per raggiungere Ostia, dove si trovava una galera messa a disposizione da Filippo Maria Visconti, nemico acerrimo del Papa, che da lì a poco avrebbe invaso lo Stato pontificio.

Rientrata la tensione tra il Papa e il Concilio, arrivò la bolla del 15 dicembre 1433, con la quale Eugenio IV autorizzava il Concilio a proseguire. Aleman divenne capo indiscusso del ramo conciliarista, secondo cui non il Romano Pontefice, ma il Concilio deteneva la suprema e piena autorità nella Chiesa. Alle sue decisioni il Papa doveva obbedienza e fedeltà, ad esso spettava di affrontare la rottura con i cristiani bizantini, esso infine poteva proseguire per propria autorità, non per permissione del Papa. Il cardinale Aleman era diventato il diretto oppositore del cardinale Giuliano Cesarini, che il Papa aveva voluto come suo rappresentante a Basilea.

Quando Eugenio IV decise di trasferire il concilio a Ferrara e far chiudere i battenti a Basilea, fu Aleman a sostenere il proseguimento del sinodo di Basilea ad oltranza. La sua ostinazione lo portò a dei gesti piuttosto eclatanti: depose il Papa legittimo ed essendo rimasto l'unico cardinale, con solamente altri sette vescovi, fece portare delle reliquie dei santi di Basilea al posto dei vescovi assenti per proseguire l'assise; quindi, l'ormai conciliabolo elesse un nuovo papa (antipapa), Felice V.

Una resistenza cieca, ostinata, quasi fanatica, da lui portata avanti ad oltranza per “il bene della Chiesa”, della quale si sentiva ormai uno dei pochissimi legittimi rappresentanti. Con la scomunica comminata da Eugenio IV a Felice V, anche Aleman e i vescovi ostinati vennero colpiti dalla sanzione e persero tutti i loro privilegi, per la loro «notoria adesione alla scismatica ed eretica congregazione di Basilea e la cospirazione da essa realizzata contro lo stesso Santo Padre e la sede apostolica». L'autorità di Eugenio IV si era ormai definitivamente imposta, anche tra i principi laici; Felice V e Aleman rimanevano praticamente isolati e scomunicati. E forse così sarebbero rimasti, se nel frattempo, il 23 febbraio 1447, la morte non fosse venuta a prendersi Eugenio IV, e la Chiesa non avesse trovato nel cardinale Tommaso Parentucelli un nuovo Papa, che prese il nome di Niccolò V (1397-1455). Niccolò V voleva ricucire lo scisma esistente e lo fece con grande intelligenza e finezza, evitando l'umiliazione del nemico. Offrì sia ad Amedeo VIII di Savoia che all'Aleman la berretta cardinalizia, se avessero accettato di riconciliarsi con la Chiesa e porre fine alla loro separazione.

Entrambi accettarono. Felice V abdicò formalmente il 7 aprile 1449; Aleman, sul finire del 1449, poté rientrare nella propria sede episcopale di Arles, dove visse in un silenzio pieno di opere di carità nei confronti dei più bisognosi. Solo per una decina di mesi, perché la morte venne presto a prendere anche lui, il 16 settembre 1450; una manciata di mesi dopo (7 gennaio 1451), anche colui che fu antipapa si presentò al cospetto dell'Altissimo. Entrambi riconciliati con la Chiesa.

Ma i pochi mesi dell'Aleman dovettero essere particolarmente pieni di zelo e carità, così da coprire una moltitudine di peccati (cf. 1Pt 4, 8), perché, quando il suo corpo venne sepolto nella cattedrale, il suo sepolcro divenne presto oggetto di venerazione popolare e meta di pellegrinaggi a causa dei miracoli che si verificarono. Nel 1527 Clemente VII ne autorizzò ufficialmente il culto. La sua ostinazione e la divisione portata nella Chiesa vennero lavati dal pentimento e dalla carità; quasi come san Dismas, il Buon Ladrone, “rubò” il regno dei Cieli nell'ultimo tratto della sua vita.



Ora di dottrina / 114 – Il supplemento

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