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SINODO E DINTORNI

Idoli da distruggere, la lezione di san Vigilio

I primi secoli di cristianesimo sono zeppi di vescovi, santi, papi che, spesso a rischio della vita, abbattono idoli pagani, li distruggono, li bruciano, li buttano nei fiumi. Come san Vigilio di Trento, martire proprio perché fu lapidato dopo essersi disfatto di un idolo.

Editoriali 24_10_2019

Dopo che le statuette della Pachamama, dal posto d'onore in una chiesa cattolica sono finite nell'umido Tevere, monsignor Paolo Ruffini (copyright Repubblica) e monsignor Andrea Tornielli, si sono affannati a condannare il "terribile" gesto, nemico del "dialogo", provando anche a piegare al loro fine considerazioni, per nulla adattabili, del cardinale Newman.

Quello che premerebbe ricordare, a questi signori, come ai prelati che hanno ritenuto cosa sacrosanta la venerazione degli idoli pagani, è la storia del cristianesimo e dei suoi santi. Chi la conosce, minimamente, e non si rassegna a credere che lo Spirito Santo sia calato tra noi solo dal 2013, sa che i primi secoli sono zeppi di vescovi, santi, papi che, spesso a rischio della vita, abbattono idoli pagani, li distruggono, li bruciano, li buttano nei fiumi...

Potremmo citrare san Benedetto da Norcia, san Martino di Tours e infiniti altri ecclesiastici che, come Massimo, vescovo di Torino dal 398 al 412, invitavano i loro fedeli, testuali parole, a «rimuovere la corruzione causata dagli idoli nelle vostre proprietà e scacciare l'errore del paganesimo dai vostri campi». Massimo invitava i cristiani del tempo a non adorare "demoni" e a non far loro i sacrifici pagani: «chiunque sia a conoscenza che il sacrilegio avviene nella sua proprietà e non lo proibisce, in un certo senso è come se lo avesse ordinato».

Come suonano attuali, queste parole, davanti agli inchini e ai salamelecchi di cristiani davanti ad un idolo della fertilità, la Pachamama appunto, a cui un tempo si facevano persino sacrifici umani, e a cui oggi si offrono feti di lama e foglie di coca.

Così si esprimeva san Cesario, vescovo di Arles dal 500 al 543: «Abbiamo sentito che alcuni di voi fanno offerte agli alberi, pregano le fonti, praticano diaboliche forme di vaticinio. A causa di tutto ciò il nostro cuore è così pieno di tristezza da non poter essere consolato. E ciò che è peggio, vi sono genti miserande e disgraziate che non solo si rifiutano di distruggere gli altari delle divinità pagane, ma non si vergognano nè temono di ricostruire quelli già abbattuti. Per di più, se qualcuno che tiene Dio nei suoi pensieri vuol fare a pezzi questi diabolici altari, diventano furiosi e reagiscono con fanatismo esasperato. Si spingono sino a colpire coloro che, per amor di Dio, stanno cercando di abbattere quegli idoli malvagi, e forse non esitano neppure a pianificare la loro morte... Perchè dunque queste persone miserande vengono in chiesa?" (in Richard Flechter, La conversione dell'Europa, Dal paganesimo al cristianesimo, Tea, Milano, 2003).

Si potrebbe continuare a lungo, ma vale la pena ricordare almeno san Vigilio, patrono di Trento, morto martire per lapidazione dopo... aver gettato nel fiume Adige una statuetta di Saturno (che, in quanto dio dell’agricoltura, dell’abbondanza e della ciclicità della natura, è paragonabile proprio alla Pachamama inca).

Cosa accadde, precisamente, a san Vigilio?
Egli si era inimicato i pagani del suo tempo, accusandoli di praticare l’esposizione dei neonati (condannata dagli imperatori cristiani, ma lecita e assai diffusa nell’età pagana ed oltre), “plena luce”, proprio in occasione delle feste dello stesso Saturno, il dio che mangia i suoi figli, e che era, in Rezia, il corrispettivo del Baal fenicio, celebre proprio per la sua sete del sangue degli infanti (Luigi Pizzolato, Studi su Vigilio di Trento, Milano, 2002).

Vigilio non si era limitato a predicare, ma aveva voluto disfarsi fisicamente di un idolo che asserviva la mente e il cuore dei contadini, e che veniva saziato con il sangue. Pagò il suo gesto, come si è detto, con la lapidazione. Ma per la Chiesa, egli è, oltre che un martire, un civilizzatore: avrebbe mai potuto nascere, una vera civiltà, se gli uomini avessero continuato ad adorare legni, alberi, pietre, idoli, e ad offrire loro piante, animali e uomini? Avrebbe potuto nascere anche solo un' agricoltura efficace e funzionante, continuando a ritenere che le messi crescono solo se abbondantemente inaffiate di sangue?