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BESTIARIO SINODALE

Da Pompili a Tornielli, due giorni di parole in libertà

La rabbia di Tornielli per il nostro articolo sugli idoli amazzonici gettati nel Tevere; lo smarrimento dei vescovi al briefing alla domanda sull'evangelizzazione dopo un'ora di catastrofismo ecologista; il vescovo di Rieti che rispolvera le tesi del Club di Roma. Appunti di due giorni di Sinodo.

Ecclesia 23_10_2019

Il nostro articolo sugli idoli gettati nel Tevere, e soprattutto il titolo – “Giustizia è fatta” – pare proprio che abbiano creato rabbia, tremenda rabbia, in Vaticano. Al punto che il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, si è sentito in dovere di scrivere su Vatican News  un editoriale che trasuda furore da ogni parola. Senza mai nominare la Bussola, nel più classico stile clericale, ce ne dice di tutti i colori, ma la rabbia doveva essere tanta da perdere il controllo dei concetti. Così ammette ciò che fino a ieri, nei briefing del Sinodo, si è voluto a tutti i costi negare: quelle statuette sono immagini sacre. Altrimenti perché parlerebbe di iconoclastia? Né avrebbe senso la citazione del santo cardinale Newman che, da bravo maestrino dalla penna rossa, Tornielli ci propina per spiegarci che nella Chiesa si sono sempre adottati elementi pagani.
Il maestrino, che nella circostanza ha copiato una citazione che aveva messo in giro la sera prima un gesuita molto attivo su Twitter, dovrebbe leggere un po’ più attentamente la Bussola, forse imparerebbe qualcosa: nei giorni scorsi padre Riccardo Barile ha già spiegato molto bene il significato di inculturazione liturgica corretta, e ha definito errato il metodo di «partire da riti non cristiani per renderli cristiani. Il vero movimento è esattamente il contrario: si inserisce il rito cristiano (inculturato nella cultura dei portatori) come un seme in un’altra cultura e adagio adagio esso prenderà dei connotati tipici della cultura in cui è inserito non senza una purificazione e un rigetto di alcuni usi rituali autoctoni».

La citazione del cardinale Newman non c’entra proprio nulla con gli idoli amazzonici. Ed è tanto evidente che anche Luis Badilla, direttore del sito paravaticano Il Sismografo, pure durissimo contro gli autori del lancio nel Tevere, non ha potuto fare a meno di bacchettare severamente Tornielli. Il paragone delle statuette amazzoniche con gli elementi citati da Newman, dice Badilla, è «maldestro e pericoloso». E poi, con tono ancora più aspro, rammenta a Tornielli che «nessuno, nessuno!!, né il Papa, né il Sinodo, né la Sala stampa vaticana, ha mai detto che era un elemento pagano da adottare da parte della Chiesa e perciò non si capisce cosa c'entra la riflessione di Newman».

Insomma, se le danno anche fra i Guardiani della Rivoluzione. Ma poi anche Badilla sbaglia di grosso: parla delle statuette come di semplici oggetti, «come tantissimi altri, di gruppi, etnie e civiltà amazzoniche portate a Roma, al Sinodo, come offerte e omaggio». Eh già, ma da quando in qua davanti a offerte e omaggi si celebrano riti con tanto di religiosi cattolici prostrati con la faccia a terra in segno di adorazione e anche paraliturgie nelle chiese cattoliche, magari a due passi dalla basilica di San Pietro?

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Nel frattempo abbiamo capito che, in questi giorni di Sinodo, i padri si sono fatti un corso accelerato di climatologia. Ieri al briefing c’erano ben due vescovi amazzonici e un cardinale congolese, che hanno parlato quasi esclusivamente di cambiamenti climatici e di catastrofi prossime venture se in Occidente non si cambiano subito gli stili di vita. A parte le castronerie che sono state dette – ma non si può pretendere, con un corso così accelerato è facile che idee e concetti si confondano – è stato interessante notare quello che è accaduto all’ultima domanda: dopo un’ora di catechismo ecologista, una collega ha fatto una domanda sull’evangelizzazione. Sono seguiti alcuni attimi di smarrimento. Evangelizzazione? Quale evangelizzazione? È stato come se alla riunione di un consiglio d’amministrazione di una grande multinazionale qualcuno si alzasse improvvisamente in piedi e dicesse: “Adesso recitiamo una preghiera”. Poi il cardinale ha detto qualcosa, ma le facce viste al momento della domanda erano molto più significative della risposta.

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Mancava solo monsignor Pompili a sproloquiare su ambiente e sviluppo, e lunedì infatti anche questa lacuna è stata colmata. Il vescovo di Rieti, uno dei padri sinodali nominati direttamente dal Papa, rispondendo a una domanda che oltretutto verteva su altro, ci ha fatto una breve lezione sulla questione ecologica, spiegandoci che lo sviluppo deve essere sostenibile. Ovviamente non poteva esimersi dal lanciare una frecciata contro i presunti “negazionisti”. Certo che almeno i vescovi potrebbero attivare il pensiero prima di fare paragoni con i campi di concentramento nazisti, ma forse di questi tempi è chiedere troppo.
Ma la cosa che vale mettere in evidenza è un’altra: nel suo sproloquio il vescovo di Rieti ha citato come esempio di preveggenza il Club di Roma che, all’inizio degli anni ’70 del XX secolo, aveva posto il problema dei “limiti dello sviluppo”. E bravo monsignor Pompili: il Club di Roma è quello che, sbagliando tutte le previsioni sull’esaurimento delle risorse, ha però promosso la propaganda sulla presunta sovrappopolazione del pianeta e ha dato grande impulso alla causa del controllo delle nascite, vero obiettivo di quel Club. Fino a qualche anno fa pensare che un vescovo abbracciasse la causa del Club di Roma sarebbe suonata come una bestemmia, oggi la si butta là così, al Sinodo dei vescovi, come fosse una cosa evidente. Come abbiamo sempre sostenuto: se si prendono per buoni i presupposti di certo catastrofismo, prima o poi si dovranno abbracciare anche le conseguenze di quel pensiero e le terapie proposte: contraccezione, aborto, eutanasia…..