I vescovi Usa e la scelta del vescovo pro life
La conferenza dei vescovi Usa, riunita a Baltimora in assemblea generale, elegge il vescovo Naumann come presidente del comitato pro life. Vince sul cardinale di Chicago Blase Cupich
Con 96 voti contro 82 (e 34 astensioni) i vescovi statunitensi, riuniti in assemblea in questi giorni, hanno scelto come presidente dell’importante comitato pro life l’arcivescovo di Kansas City, Joseph Naumann, che è risultato vincitore sul cardinale di Chicago Blase Cupich.
Secondo diversi commentatori il fatto costituisce una sorpresa. Da un lato appare come una bocciatura del cardinale Cupich che è considerato un pastore “bergogliano” doc: è stato Francesco a sceglierlo per governare la diocesi di Chicago, è stato da lui creato cardinale e recentemente lo ha nominato anche membro della Congregazione vaticana dei vescovi. Ma soprattutto Blase Cupich è ritenuto un alfiere di punta della linea morbida sui temi della battaglia pro life, inserendosi in quella schiera di pastori che intendono la difesa della vita come un orizzonte ampio, da non fissarsi troppo sulla questione aborto (molto aperto anche sulle questioni pro family).
Il neo presidente eletto del comitato pro life, il vescovo Naumann, risulta, invece, più netto e in continuità con il predecessore nel ruolo, il cardinale di New York Timothy Dolan. Il vescovo di Kansas city ha recentemente dichiarato che «questioni che coinvolgono mali intrinseci: attacchi contro la vita come aborto, eutanasia, ricerca sulle staminali embrionali, o attacchi diretti all’istituzione della famiglia (ad esempio ridefinizione del matrimonio con eguaglianza con unioni tra persone dello stesso sesso o convivenze), devono assumere una priorità morale. Mentre tutte le questioni sono importanti, non tutte sono altrettanto importanti ad un analisi morale».
Anche se i vescovi rilasciano dichiarazioni distensive, e affermano che questo voto non era certo un referendum pro o contro Francesco, molti sottolineano che questa scelta manifesta ancora una volta la resilienza dei vescovi statunitensi alla linea che il Papa sta cercando di proporre alla conferenza episcopale, una linea appunto più “aperta”, soprattutto sui temi pro life e pro family.