I sindacati devono difendere gli insegnanti contro il Green pass
Pubblichiamo la lettera aperta ai sindacati scritta da un insegnante delle scuole superiori per invitarli a difendere il posto di lavoro di coloro che, nella scuola, non intendono sottoporsi a vaccinazione anti-Covid. La lettera è stata pubblicata sul blog "Lettere al direttore di nessun giornale"
Lettera aperta a CGIL, CISL e UIL
Cari rappresentanti dei lavoratori,
mi chiamo Emanuele Gavi, ho 38 anni e sono un docente di ruolo delle superiori. Vi scrivo in relazione al dibattito sull’obbligatorietà della vaccinazione anti Covid per il personale scolastico.
Ritengo che sia una misura sbagliata, antidemocratica, da rigettare con forza. I cosiddetti vaccini anti Covid sono farmaci sperimentali, di cui non si conoscono gli effetti collaterali a lungo termine. Ogni responsabilità su eventuali danni del vaccino viene scaricata su chi si sottopone all’inoculazione, mediante firma del consenso libero e informato. È evidente che chi venga obbligato a farsi inoculare detti preparati non può fornire un consenso libero, eppure il personale sanitario è stato costretto in tal senso con un DL del governo Draghi. Si è trattato di un fatto gravissimo.
Costringere a sottoporsi a inoculazione di farmaci sperimentali contrasta coi più elementari princìpi democratici, in particolare con l’habeas corpus, e nega quanto stabilito da una serie di documenti internazionali in materia di medicina, etica, sperimentazioni: il Codice di Norimberga, la Dichiarazione di Helsinki, la Convenzione di Oviedo e altri (per maggiori dettagli rimando al sito dell’Associazione Iustitia in Veritate dell’avvocato Francesco Fontana).
Contrariamente alla narrativa ufficiale portata avanti dai principali media, chi si vaccina corre il rischio di morire: i casi di Stefano Paternò, 43 anni, e Camilla Canepa, 18 anni, sono solo alcune delle tragedie documentate. Nel sesto rapporto dell’Aifa, pubblicato a luglio, le segnalazioni di gravi eventi avversi corrispondono all’11,9% sul totale delle segnalazioni pervenute. Tra di esse risultano 423 casi di morti successive all’inoculazione. La storia si incaricherà di fare luce sul nesso di causalità: nel rapporto l’Aifa riconosce che il vaccino ha causato la morte di 7 persone (tra l’altro, trattandosi del monitoraggio di segnalazioni se ho ben capito spontanee, i numeri potrebbero essere notevolmente sottostimati).
Mi si potrebbe obiettare che il Covid ha mietuto un numero di vittime di gran lunga superiore a quelle del vaccino. Ma molti di questi decessi si sarebbero potuti evitare applicando le terapie domiciliari precoci, che oggi esistono (qui il sito del Comitato Cura Domiciliare Covid, di cui fanno parte medici in prima linea come il dott. Cavanna di Piacenza, e qui l’approccio alla terapia proposto dalla rete di medici IppocrateOrg). Nonostante i risultati più che incoraggianti di tali terapie, esse sono ancora osteggiate dal Ministero della Salute, in nome del binomio “Tachipirina e vigile attesa”. In altre parole la maggior parte delle vittime del Covid sono in realtà vittime della malasanità italiana, o per meglio dire delle scelte sciagurate del governo Conte prima e Draghi poi (il ministro della Salute, non a caso, è rimasto lo stesso, ovvero Roberto Speranza: un fatto davvero insolito, se davvero si fosse voluta tenere in debito conto una strage di oltre 100.000 morti).
Dunque il cosiddetto vaccino non è certo l’unica arma che abbiamo contro il Covid. Anzi. Non è nemmeno l’arma risolutiva che ci è stata presentata: chi si vaccina può essere contagiato e può contagiare a sua volta, come ammesso da medici, per altro favorevoli alla vaccinazione, come Ilaria Capua e Massimo Galli, e come emerge dai dati provenienti da Inghilterra (50 morti con doppia dose di vaccino su 117 vittime della variante Delta) e Israele (152 morti nonostante l’assunzione delle due dosi).
Trattandosi di farmaci sperimentali, l’estrema incertezza dovrebbe condurre a una grande prudenza, così come ci è stato anche confermato, in negativo, dallo spiacevolissimo tira e molla a cui abbiamo assistito in questi mesi sul vaccino AstraZeneca (somministrabile solo al di sotto di una certa età, poi solo al di sopra, poi lo stop alla seconda dose, poi il sì alla seconda dose a discrezione della “cavia”): uno spettacolo vergognoso in cui di scientifico non c’è nulla.
Se quindi questi cosiddetti vaccini non garantiscono né sicurezza né efficacia, c’è ancora un problema di ordine etico che non si può tacere: i vaccini adottati dall’Unione Europea sono stati sviluppati e/o testati sfruttando linee cellulari di bambini abortiti. Un sistema autenticamente democratico non può non prevedere per i propri cittadini la possibilità di scegliere un vaccino etico, che cioè sia prodotto e sviluppato senza sfruttare l’aborto.
Per questi motivi ritengo che l’obbligo vaccinale debba essere fermamente contrastato da tutti coloro che hanno a cuore le libertà fondamentali della persona. In aggiunta, per quanto riguarda la scuola nello specifico, vorrei ricordare lo studio pubblicato a marzo dalla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, in cui, sulla base di dati epidemiologici, si rileva che non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza. Cito dal Corriere della Sera:
“Sintetizzando, la ricerca arriva a tre conclusioni: l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole. Anzi, non emerge correlazione: la chiusura totale o parziale delle scuole non influisce minimamente sull’indice di trasmissibilità Rt, e questo concetto non cambia anche considerando la nuova variante inglese. Secondo, bambini e ragazzi si contagiano meno rispetto agli adulti, che mostrano un numero di contagi sproporzionati rispetto alla curva pandemica. E anche questo si conferma anche con la variante inglese. Terzo, i casi di trasmissione del virus da studente a insegnante sono estremamente rari. La probabilità del contagio tra adulti a scuola è quattro volte quella del contagio intergenerazionale (ragazzo-adulto)”.
Dunque prevedere l’obbligo di vaccinazione per il personale scolastico (e magari per gli studenti) come condizione per riaprire le scuole in sicurezza risulta infondato e strumentale: è un ricatto ammantato di buone intenzioni.
In ragione di tutto ciò, vi prego di adoperarvi nelle sedi appropriate perché si eviti l’obbligo vaccinale per i lavoratori, oggi quelli della scuola, domani tutti gli altri (come auspica Confindustria): un grave vulnus per la democrazia, sia che si tratti di un obbligo ufficiale, sia che si venga costretti mediante l’introduzione di condizioni capestro ribattezzate “Green pass”.
Se venisse sancita l’obbligatorietà, come già avvenuto per il personale sanitario, bisognerà studiare le soluzioni più efficaci per garantire a chi, come me, non vuole sottoporsi all’inoculazione di preparati sperimentali, di non dover rinunciare al proprio posto di lavoro.
Ringraziandovi per la cortese attenzione, vi porgo distinti saluti
prof. Emanuele Gavi