I Servi di Maria e l’Addolorata, un legame di preghiera
Sette i dolori tradizionali attribuiti a Maria e sette sono stati i fondatori dell’ordine dei Servi di Maria, che contribuirono a diffondere la bella devozione all’Addolorata.

Il cristianesimo è incontro. E anche incroci: incroci di date, di donne e uomini, di volti e biografie. La storia della Chiesa ci racconta proprio di questa trama che intrecciandosi con l’ordito produce un risultato affascinante: un tessuto fatto di storie che, a distanza di secoli, conservano una freschezza e un’attualità inaudita. È il caso della storia dell’ordine dei Servi di Maria che si è andata a intrecciare con quella della devozione alla Vergine Maria Addolorata di cui celebriamo oggi la memoria liturgica. L’immagine dell’Addolorata è fortemente impressa nella memoria collettiva: «Stabat Mater dolorósa/ iuxta crucem lacrimósa, /dum pendébat Fílius. / Cuius ánimam geméntem,/ contristátam et doléntem/ pertransívit gládius». In italiano, così: «La Madre addolorata stava/ in lacrime presso la Croce/ mentre pendeva il Figlio./ E la Sua anima gemente,/ contristata e dolente/ fu trafitta da una spada». Parole dello Stabat Mater, la famosa sequenza tradizionalmente attribuita al beato e poeta Jacopone da Todi. Si parla di dolori e di una spada: sono sette i dolori dell’Addolorata tradizionalmente ricordati. La spada è quella predetta da Simeone: «A te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 33-35), così parlò il vecchio sacerdote alla Vergine nell’episodio evangelico della Presentazione di Gesù al Tempio.
Sette i dolori di Maria, e sette sono stati i fondatori dell’ordine dei Servi di Maria: sette giovani fiorentini, provenienti da famiglie nobili, mercanti che facevano parte della Compagnia dei Laudesi, una confraternita della città di Firenze devota alla Vergine. “Laudesi”: termine che sta a indicare il canto. Un elemento, questo, da sottolineare e che si potrebbe definire anche un altro intreccio, sicuramente affascinante. Il canto è espressione, da sempre, dell’amore: la lauda era un componimento poetico popolare con tematiche prevalentemente religiose. E sono state proprio le laudi a costituire il nucleo centrale della letteratura medievale. Dunque, l’ordine dei Servi di Maria prese vita da questa forma di “canto” alla Vergine: un canto di devozione che ancora oggi continua e che non perde certamente di vivacità.
Ma torniamo a quei sette giovani. Era il 15 agosto del 1233 quando la Vergine apparve loro vestita di nero. Era la Madonna Addolorata appunto. Era nel pianto per la guerra che imperversava a Firenze all’epoca: la lotta storica tra Guelfi e Ghibellini aveva mietuto ormai troppe innumerevoli morti. E fu in quella visione che la Vergine diede ai sette giovani un saio di color nero da indossare: erano così partecipi del suo dolore. Fu dopo quella visione che, allora, i sette compagni abbandonarono la loro vecchia vita: decisero di ritirarsi sul Monte Senario, dove costruirono un piccolo rifugio dedicato alla Madonna. Presero il nome di Servi di Maria. Il legame era forte: da una parte questi sette ragazzi, devotissimi alla Vergine, dall’altra parte, l’Addolorata. Un rapporto espresso, poi, nella vita religiosa condotta dai Servi di Maria: penitenza e vicinanza spirituale con il dolore della Vergine per la Passione e la crocifissione di Gesù.
Una devozione all’Addolorata che sfociò in alcune importanti pratiche religiose. Prima fra tutte, la Messa votiva dei Sette dolori di Maria: il 9 giugno del 1668, la Sacra Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrarla. Successivamente, nel 1692, fu papa Innocenzo XII ad autorizzare la sua celebrazione nella terza domenica di settembre. Più avanti ancora, il 18 agosto del 1714, venne poi spostata al venerdì precedente la domenica delle Palme. Solo nel 1814 papa Pio VII estese la festa liturgica a tutta la Chiesa, riportandola però alla terza domenica di settembre. E, infine, sotto il pontificato di Pio X fu fissata la data del 15 settembre, il giorno successivo alla festa dell’Esaltazione della santa Croce. Poi, la celebrazione cambiò nome trasformandosi da “Messa votiva per i Sette dolori di Maria” a memoria della “Beata Vergine Maria Addolorata”.
Altra pratica, quella della Corona dell’Addolorata. Molto probabilmente questa pia pratica cominciò agli inizi del XVII secolo. Un primo nucleo è possibile ritrovarlo nel Breve di papa Paolo V, Cum certas unicuique: il testo concedeva numerose indulgenze ai pii esercizi praticati dai confratelli delle cosiddette “Confraternite di santa Maria” nate appunto presso molte chiese dell’ordine dei serviti. Si trattava della recita di sette Pater e di sette Ave «in onore dei sette dolori della beata Vergine Maria». Una seconda fase embrionale della Corona nacque grazie a fra Arcangelo Ballottini da Bologna, teologo e grande scrittore dell’ordine. Siamo nel 1608. In un suo testo dal titolo Fonte salutifera di Gesù ornata di considerazioni, meditazioni e soliloqui divoti e affettuosi, fra Arcangelo Ballottini invitava i terziari dell’ordine a recitare ogni giorno i misteri dolorosi del Santo Rosario: nelle pagine del volume, inoltre, l’autore poneva l’accento soprattutto sulla sofferenza della Vergine sotto la croce di Cristo. Meditazione e preghiera per entrare nell’animo dell’Addolorata: essere a lei vicino così come le era stato vicino Giovanni, il discepolo amato, sotto la croce. E proprio per poter meditare meglio su questo tema, il Servo di Maria, Ballottini, compose sette «meditazioni intorno alli misterij sagri della passione di Giesù Christo e compassione della sua pietosissima Madre». In questo modo, con la meditazione quotidiana della sofferenza dell’Addolorata, il frate delineava ancor di più la struttura della Corona dei Sette dolori di Maria che, nel corso della storia, si arricchì e venne strutturata in modo ancora più preciso. Ballottini pubblicò, in seguito, diversi volumi dedicati a questa devota pratica alimentando così, ancor di più, la devozione all’Addolorata che l’ordine dei Servi di Maria già nutriva.