I Sepolcri, i cardini indiscutibili della nostra civiltà
Nel carme I sepolcri, scritto in poco più di un mese, Foscolo lancia un grido di allarme nei confronti della civiltà umana che si è costituita nel tempo sui tre pilastri della famiglia, della religiosità (e culto dei morti) e del diritto. Nessuno di questi pilastri può essere intaccato, a rischio è l’intera cattedrale della civiltà.
Scritto in poco più di un mese (tra l’estate e l’autunno del 1806), pubblicato l’anno successivo, il carme I sepolcri rappresenta uno dei più importanti monumenti letterari mai scritti. Il valore dell’opera non risiede soltanto nella bellezza dei versi e nella profondità dei contenuti, ma anche nel valore profetico della poesia.
Foscolo lancia un grido di allarme nei confronti della civiltà umana che si è costituita nel tempo sui tre pilastri della famiglia, della religiosità (e culto dei morti) e del diritto. Nessuno di questi pilastri può essere intaccato, a rischio è l’intera cattedrale della civiltà. Grande è il tributo concesso all’amato filosofo G. Vico nei versi in cui Foscolo delinea il superamento da parte dell’uomo dello stadio ferino («Dal dì che nozze e tribunali ed are/ diero alle umane belve esser pietose/ di se stesse e d’altrui»). Diritto, sacralità della famiglia, culto dei morti sono spie di civiltà e la loro soppressione o il loro obnubilamento denunciano la grave situazione contemporanea al poeta. Si capisce in che senso la poesia abbia, per Foscolo, un carattere eminentemente politico. Pensiamo come le parole di Foscolo possano parlare alla cultura odierna che ha messo in discussione anche le evidenze più elementari in nome di ideologie e mode che avranno la durata di pochi anni.
Perché Foscolo lancia questo grido di allarme? Che cosa accade tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento? Sappiamo come negli ultimi decenni del Settecento già in Austria sono stati emanati decreti improntati a uno spirito igienico-sanitario ed egualitario di stampo illuministico. Le tombe devono essere collocate al di fuori della cinta muraria per impedire la diffusione delle epidemie. Nel contempo le iscrizioni relative al nome dei defunti verranno collocate non più sulla lapide del defunto, ma sul muro della cinta muraria. Le tombe saranno tutte uguali, indistinte. Nel 1804 viene emanato l’Editto napoleonico di Saint Cloud che si fa promotore degli stessi principi. In Italia l’applicazione dell’Editto avviene tardivamente, solo nel 1806. Proprio per questo motivo la discussione sulla bontà della legge avviene in quell’anno. Gli intellettuali e gli scrittori ne parlano nei salotti e nei caffè. Anche Foscolo si confronta con amici e conoscenti nel salotto di Isabella Teotochi Albrizzi.
Partendo dai principi illuministici di cui si è imbevuto e nutrito fin dalla giovinezza, in un primo tempo Foscolo difende l’Editto. La sua è una posizione ideologica: la legge è in linea con i suoi valori ispirati all’egualitarismo. Nessuna distinzione deve essere concessa alle tombe. L’amico Ippolito Pindemonte, che compone l’opera I cimiteri, è aperto oppositore dell’Editto. Collocare le tombe fuori dalla cinta muraria significa impedire la visita dei cari defunti proprio alle classi sociali meno abbienti, non dotate di carrozze o di mezzi di trasporto. A piedi, è molto difficile che una vedova possa recarsi nel cimitero compiendo tragitti di chilometri. Disumano è anche disporre le iscrizioni solo sulla cinta muraria dove l’abrasione del muro sottrarrebbe ogni identificazione del defunto. Per quali ragioni, poi, le tombe dovrebbero essere tutte uguali, perché un figlio non dovrebbe porre un’iscrizione sulla tomba del padre o della madre?
Nel confronto con l’amico Pindemonte Foscolo coglie il carattere ideologico dell’Editto e si rende conto che esso contraddice i sentimenti umani più autentici. Per quali ragioni non si dovrebbe tributare il giusto onore ai grandi o alle persone care? Foscolo ritratta le sue posizioni, mostra un’incoerenza profondamente positiva. La coerenza non è un valore assoluto. Il termine “coerenza” significa “rimango attaccato a”: soltanto nel momento in cui uno sia coerente con un principio vero la coerenza è buona. L’unico valore assoluto è la verità, gli altri sono relativi, cioè sono in relazione ad essa. Per questa ragione Foscolo prende posizione apertamente contro l’Editto affermando che esso è fiero oppositore della civiltà che è fondata su famiglia (matrimonio), religiosità e diritto, secondo la filosofia del grande Giambattista Vico e compone il carme I sepolcri. Foscolo sceglie la forma metrica del carme, perché questo componimento è perfetto per argomentare e dimostrare una tesi o confutare la fallacia dell’Editto. Dotato dalla solida impalcatura concettuale, il carme può dispiegarsi nella lunghezza desiderata dal poeta in modo consequenziale e logico.
Si deve, però, ricordare che alla lettura del carme Monsieur Guillon muoverà a Foscolo l’accusa di aver composto una poesia oscura. Il poeta gli risponderà con la Lettera a Monsieur Guillon in cui enucleerà le parti fondamentali del carme per dimostrare la solidità concettuale del componimento. Ivi Foscolo delineerà anche le differenze con cui affronta il tema dei sepolcri rispetto agli autori Gray e Young rivendicando la sua originalità e il carattere politico della sua argomentazione. Foscolo scrive, infatti: «L’autore considera i sepolcri politicamente; ed ha per iscopo di animare l’emulazione politica degli italiani con gli esempi delle nazioni che onorano la memoria e i sepolcri degli uomini grandi». Per questo l’Editto di Saint Cloud, che «impone […] i sepolcri/ fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti/ contende», è iniquo. Oltre a violare «la corrispondenza d’amorosi sensi» non permette il giusto tributo ai grandi della patria, a quelle «urne de’ forti» che accendono «a egregie cose il forte animo». Gli stranieri possono strappare all’Italia «armi e sostanze […] ed are/ e patria», ma non la memoria, cioè la tradizione, la cultura, il ricordo della gesta del passato, tutto quanto può essere chiamato «monumento».
La chiesa di Santa Croce è esemplare in questo senso, perché «in un tempio accolte» serba «l’itale glorie», le ossa dei grandi, su tutti quelle di Machiavelli, di Michelangelo, di Galilei che «fremono amore di patria», quello stesso amore per la patria che ha portato i Greci a combattere per la libertà contro i Persiani a Maratona. Se non vi è vera giustizia in Terra, almeno la morte ricompenserà i «generosi» («a‘ generosi/ giusta di gloria dispensiera è morte»), cioè quanti hanno combattuto per la patria, e la poesia permetterà di procrastinare il ricordo e tributare il giusto onore a coloro che hanno versato «il sangue/ per la patria».