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L’analisi

I pride, mezzi blasfemi della rivoluzione

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Rivendicare “diritti”, propagandare una ghettizzazione fuori dalla realtà, erotizzare, offendere il cristianesimo: queste alcune delle principali caratteristiche dei gay pride che, come tutte le rivoluzioni, mirano a scardinare l’assetto vigente.

Editoriali 21_05_2025

Chi ha voluto, il 17 maggio scorso, ha celebrato la famigerata Giornata internazionale contro l’omo-bi-transfobia. Inoltre, nel nuovo calendario pagano che ha sfrattato Maria e Gesù, maggio e giugno sono i mesi dedicati usualmente ai gay pride.

Quali sono le caratteristiche di queste sfilate nelle vie e piazze di mezzo mondo? Vediamone qualcuna. La prima è la rivendicazione di alcuni “diritti”: quello di “sposarsi”, di avere dei figli, di non essere discriminati, eccetera. Alcune di queste pretese sono ingiustificabili perché la condizione omosessuale le esclude: vedi il matrimonio e vedi la genitorialità. Altre sono di per sé giuste – vedi la richiesta di non essere discriminati ingiustamente – ma nella prospettiva LGBT ciò significa l’accettazione di omosessualità e transessualità da parte di tutti. L’accettazione della persona diventa dunque accettazione della condizione e della condotta.

La seconda caratteristica dei pride è un implicito di tutta la narrazione LGBT soggiacente ai pride: le persone omosessuali e transessuali sono ghettizzate, vivono in una condizione di disparità sociale rispetto agli altri, sono escluse dal consesso civile. Questa affermazione è falsa, data l’ampia accettazione sociale di queste due condizioni – basta contare quanti film e serie Tv hanno personaggi LGBT o trame color arcobaleno – e tenuto conto, tra gli altri, dei dati forniti dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) che è la principale istituzione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).

Questo organismo ci informa che in Italia sono stati segnalati solo 70 casi di “crimini d’odio anti-LGBT” nel 2023. Ogni atto di ingiusta discriminazione è riprovevole, ma i numeri sono irrisori e 70 casi, numero che si è stabilizzato negli ultimi anni nonostante le campagne LGBT siano diffusissime e capillari, non costituiscono né un fenomeno sociale di intolleranza né tantomeno una emergenza come invece continuano a berciare gli organizzatori dei pride. Inoltre dobbiamo tenere conto che questi 70 casi sono solo segnalazioni: non è detto che ad ogni segnalazione corrisponda un vero e proprio crimine. Occorre un processo per verificarlo. In questo senso il percepito soggettivo può fare la differenza. Infatti, se andiamo a vedere quali sono i reati motivati da discriminazione anti-LGBT e maggiormente segnalati, si spartiscono il podio le aggressioni fisiche (21) e l’incitamento alla violenza (21). Se la prima voce può avere una sua oggettività, seppur relativa (uno spintone può benissimo venir considerato “aggressione fisica” dalla vittima), la seconda voce – l’incitamento alla violenza – si espone ad un giudizio sicuramente più arbitrario. Questo stesso articolo potrebbe essere segnalato all’ODIHR come incitamento alla violenza. La Valle d’Aosta può sembrare i tropici ad un eschimese.

Dunque fa buon gioco alle realtà arcobaleno far credere, nonostante i fatti dicano altro, di essere discriminate, emarginate, e in tal modo, presentandosi come gruppo sociale fragile ed esposto a vessazioni di ogni tipo, possono continuamente chiedere tutele che diventeranno in realtà privilegi.

Altro elemento peculiare è l’erotizzazione dei pride. Moltissimi partecipanti, nel loro abbigliamento, vogliono imitare Adamo ed Eva qualche minuto dopo il peccato originale; inoltre i riferimenti simbolici al sesso si sprecano, gli ammiccamenti e le gestualità oscene, parimenti. Da una parte l’erotizzazione del pride serve volutamente per scandalizzare e questa è una delle cifre identitarie di qualsiasi movimento rivoluzionario: occorre contrapporsi all’ordine costituito, scardinare l’assetto vigente, scuotere le coscienze, sovvertire la struttura borghese, sconcertare i benpensanti. In realtà è un mero pretesto per coprire la vacuità del contenuto dei messaggi. Su altro versante l’ipersessualizzazione dei pride riflette quella che ordinariamente costituisce l’ossatura delle relazioni omosessuali, spesso improntate al solo erotismo.

Infine è importante avere un nemico da attaccare e da dipingere come persecutore: oltre ai governi di destra, i pride prendono sempre di mira i simboli della religione cristiana (mai quella islamica o ebrea). Ecco allora irridere, insultare, deridere, offendere Gesù, Maria, la Chiesa, il Santissimo Sacramento, etc. Irrisione doverosa anche nel caso di orientamento progressista e liberal delle figure apicali alla guida della Chiesa. Nulla accade a questi blasfemi perché per loro vale la libertà di parola, diritto insindacabile che sfocia nell’immunità totale. Qualora invece si criticassero questi eccessi o le condotte o le condizioni omosessuali e transessuali ecco scattare subito la critica di omo-transfobia. Due pesi e due misure come egualitarismo comanda.