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MONASTERO IN CUCINA/9

I liquori terapeutici che incoraggiano la "lentezza"

Dalla fitoterapia agli elisir fino ai digestivi, usati a scopi medicinali prima che la Fda ne proibisse il consumo a questo scopo. Fortunatamente l’Italia rimane ancora oggi il Paese produttore con il più alto numero di amari nel mondo. Ed è tutto merito dei monasteri, dei conventi e delle abbazie.
-LA RICETTA: IL NOCINO

Cultura 01_11_2020 English Español

L'erboristeria è un'arte nobile e antica e nei monasteri viene coltivata e studiata sin dal Medioevo. In quel tempo, i monaci non si limitavano a raccogliere le piante medicinali che crescevano in modo naturale, ma cominciarono a coltivarle. Usavano seccarle, per averle sempre a portata di mano.

Ad un certo punto però scoprirono che potevano essere conservate più a lungo immergendole in alcol, ancora fresche. E così, i monaci cominciano a moltiplicare gli esperimenti con diverse piante e spezie, sviluppando pozioni destinate a curare, tonificare e ringiovanire. Tutte le parti della pianta venivano usate: le foglie, i gambi, le radici, i fiori, i semi e le bacche. Ogni componente aveva un utilizzo nell’ottenimento di queste bevande fitoterapeutiche. Le chiamavano “elisir”: ce n’era uno per ogni malattia e il sapore finale cambiava infatti a seconda delle piante utilizzate e del tempo di infusione.

Gli elisir sono i precursori dei digestivi che conosciamo oggi, soprattutto degli amari, sviluppati in modo particolare dai liquoristi monastici. (Anche se sono esistiti anche nell’antichità: Ippocrate consigliava un amaro preparato con orzo, miele ed erbe aggiunte al vino, per digerire i lunghi pranzi luculliani).

A differenza degli aperitivi, serviti prima del pasto e che sono piuttosto leggeri e asciutti, i digestivi, serviti a fine pasto, sono molto più forti in alcool, e possono essere dolci, amari o perfino piccanti. Possono essere ottenuti per macerazione delle piante nell’alcol, per distillazione, oppure combinando i due procedimenti. I più conosciuti digestivi sono stati perfezionati dai monaci fra il XVI e il XIX secolo.

I digestivi medicinali, che sono, per così dire, evoluzioni degli elisir (nati con un mero scopo medicinale), si sono trasformati con il tempo in bevande ”di società”, vendute dai monasteri stessi ma anche nelle farmacie ed erboristerie. Gli amari erano quindi somministrati in qualità di medicinali, come stimolanti in caso di inappetenza oppure come digestivi. Ma la definizione dell’amaro inteso come medicinale digestivo cambiò nel 1906, a causa di una contestazione dell’American Food and Drug Administration che ne decretò la tassazione come alcolico, ciò che portò ad un crollo delle vendite.

Fortunatamente in Italia le proprietà benefiche dell’amaro continuarono ad essere apprezzate. Infatti, l’Italia rimane ancora oggi il paese produttore con il più alto numero di amari nel mondo, spaziando dai vermouth ai liquori. Ed è tutto merito dei monasteri, dei conventi e delle abbazie.

La ricetta dell’amaro medicinale veniva tramandata dai monaci di generazione in generazione. Nel IX-X secolo va formandosi così una vera e propria scuola medica, la cosiddetta “Scuola di Salerno” che vedrà il suo massimo splendore nei secoli successivi. La sua data di origine è incerta ma si ha la certezza che sia nata in ambito monastico. Infatti già nell’820 risulta che l’arcidiacono Adelmo di Montecassino avesse fondato a Salerno un ospizio per i malati, mentre già dall’epoca di san Benedetto nella stessa abbazia era in funzione l’infermeria per i monaci.

I digestivi sono numerosissimi e quasi tutte le ricette sono più o meno segrete. Una delle ricette più segrete è quella della Chartreuse, che è uno dei digestivi più famosi. Secondo la storia dell'Ordine dei Certosini, ancora proprietario della ricetta e del marchio, fu il maresciallo d'Estrées a consegnare la ricetta originale ai monaci della Certosa di Vauvert, a Parigi, nel 1605. Ma fu il monastero della Grande-Chartreuse, in Isère, a rilevare la produzione nel 1737, seguendo la ricetta originale, che fu poi migliorata dal farmacista del monastero, fratello Jérôme Maubec. Questa formula è ancora oggi utilizzata dai monaci per produrre il famoso liquore verde, che hanno declinato anche in altri colori.

Anche la Bénédictine, prodotta con le stesse 27 piante e spezie di quando fu creata nell'abbazia di Fécamp, in Normandia, nel 1510, è un digestivo conosciuto e apprezzato nel mondo intero. Oltre a questi digestivi leggendari, ne esistono di meno conosciuti, ma con delle storie significative. Il Kylon, per esempio, è un digestivo simile all’italiano nocino (la cui ricetta completa questo articolo). Il Kylon è un elisir dalle virtù digestive e disintossicanti, che è il risultato di una lunga macerazione di noci verdi fresche mescolate a trentadue piante esotiche e alpine, tra le quali troviamo chiodi di garofano, arancia amara, menta piperita, cannella, timo, coriandolo, maggiorana, anice verde, fiori di tiglio, radice di cicoria.

La composizione completa è tuttora tenuta segreta dai Fratelli della Sacra Famiglia. Questa congregazione è stata sempre presente a Belley, in Francia. Espulsi della Francia nel 1903, i Fratelli di Belley dovettero trasferirsi nel paese vicino, l’Italia. Solo pochi Fratelli anziani e malati rimasero a Belley, dove sopravvissero per un lungo periodo di 35 anni, fino al 1939, data in cui anche i Fratelli esiliati ritornarono al paese, alcuni per essere arruolati, all’inizio della Seconda guerra mondiale. Con gli anni, la Congregazione si è sviluppata in altri paesi nei differenti continenti. E continuarono a produrre il loro digestivo.

In termini di produzione, oggi nulla è cambiato o quasi nulla. La distilleria estrae ancora i principi delle piante in alambicchi funzionanti a vapore. E dopo sei mesi di macerazione arriva il momento di un lungo affinamento in botti di rovere. L'unica cosa che è cambiata è stata la creazione (negli anni Sessanta) di una bevanda analcolica identica, denominata Kario Kylon - estratto di noce, in greco - mentre la ricetta originale Kylon ha una gradazione alcolica di 23°. Un tempo l'alcol era necessario per stabilizzare la ricetta, mentre oggi la pastorizzazione permette di ottenere una bevanda analcolica preservando la maggior parte dei principi attivi delle piante.

Altri monasteri e abbazie producono una grande varietà di digestivi. Alcuni già nel XVIII secolo, altri più recentemente, approfittando dell'entusiasmo che le bevande monastiche hanno sempre suscitato. I monaci e le suore di Lérins, Sénanque, Sainte-Marie-du-Désert, Vallombrosa, Monte Senario, Orte e tanti altri luoghi, continuano a produrre digestivi a volte secolari, a volte più recenti, nella più pura tradizione dei loro rispettivi ordini, custodi di un magnifico patrimonio che molti li invidiano.

Esiste perfino un’azienda di distribuzione, Terra in cielo (terraincielo.it) che nel suo ricco catalogo commercializza i prodotti confezionati dai religiosi di oltre 50 tra monasteri, abbazie e conventi, per la maggior parte in Italia, ma anche in Francia, Belgio, Austria e Olanda. Attualmente ce ne sono ottocento prodotti in catalogo, tra birre, vini, miele, caramelle, rimedi naturali e altre leccornie, tutte rigorosamente naturali.

Tutti i digestivi si basano su un alcol (spirito) come ingrediente di base, che viene poi aromatizzato e addolcito. La base spiritosa è spesso un'acquavite neutra, ma può anche essere un buon alcol come lo scotch whisky usato per fare il Drambuie o il cognac, che viene usato per confezionare il Grand Marnier. La lista degli ingredienti utilizzati per aromatizzare è infinita, limitata solo dalla fantasia del liquorista. Ma molti di quelli considerati avere proprietà medicinali hanno un sapore amaro. È il caso di piante come la genziana, l'angelica e la china, ad esempio, note per stimolare le funzioni digestive.

Gli amari sono sicuramente quelli che si avvicinano di più a un vero digestivo. Sono numerosissimi - centinaia solo in Italia - e offrono una vasta gamma di gusti. Alcuni sono più dolci e più facili da bere, sebbene l'amarezza sia ancora presente. Altri sono molto amari e devono essere ”addomesticati” (con un po’ d’acqua, o meglio ancora, con dei cubetti di ghiaccio). Ed è così che delle bevande ideate per guarire i malanni, diventano ”bevande di società”.

I digestivi possono non avere le virtù digestive che vengono loro attribuite, ma il ”rito digestivo” merita attenzione. Finire il pasto con un digestivo, allunga il piacere della cena e della compagnia degli amici, della serata e della conversazione. Per rilassarsi, chiacchierare, ridere. Per centellinare il tempo. C'è qualcosa di lento nei digestivi. Non li beviamo mai velocemente. Li assaggiamo, li degustiamo, li assaporiamo. Forse questa è la loro virtù curativa: incoraggiano la lentezza. E non c'è niente come il tempo che scorre lento per digerire bene.