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INTERVISTA

I governi Ue abbandonano i cristiani a loro stessi

I ministri degli Esteri accantonano la questione dei cristiani in Medio Oriente. Volonté: «Un fatto grave».

Attualità 01_02_2011
luca volontè
«E’ la dimostrazione della drammaticità della situazione dell’Europa, incapace di affrontare i problemi reali che da fronte e incapace di confrontarsi con la propria identità». E’ questa la reazione di Luca Volontà, relatore della Raccomandazione del Consiglio d’Europa su “La violenza contro i cristiani in Medio Oriente”, al rinvio di una decisione su questo punto presa dal Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, nel vertice del 31 gennaio.

Come si ricorderà, era stato proprio il nostro governo, con il ministro Franco Frattini, a chiedere l’inserimento nell’ordine del giorno discusso ieri il punto riguardante la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente. L’obiettivo era quello di imporre anche il rispetto della libertà religiosa tra le condizioni per la cooperazione economica e politica. Una richiesta che nasceva dalla risoluzione approvata già a dicembre dal Parlamento Europeo e rafforzata poi dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa approvata il 27 gennaio, che fa una richiesta esplicita alle istituzioni dell’Unione Europea. Ma già domenica era circolata una versione del testo che sarebbe stato adottato dai ministri degli Esteri della Ue che appariva surreale: si parlava genericamente di libertà religiosa ma senza nominare alcuna regione del mondo in particolare e men che meno i cristiani. Insomma, una mozione a difesa dei cristiani, ma senza nominarli e senza riferirsi a situazioni concrete. Un’assurdità che ha spinto il ministro Frattini – insieme a Francia, Polonia e Ungheria – a chiedere il rinvio della discussione piuttosto che uscire con un documento ridicolo.


Ciò non toglie, on. Volontè, che l’atteggiamento dei governi europei sia sconcertante.

E’ un fatto molto grave. Tutti sapevamo che per Frattini sarebbe stato difficile fare assumere una posizione chiara e netta ai ministri degli Esteri della Ue, ma nessuno si aspettava un aggiornamento della discussione. Probabilmente il nostro governo avrà ritenuto più saggio rinviare la discussione piuttosto che approvare un documento assolutamente insignificante. Certo è che la situazione dell’Unione Europea si dimostra ancora una volta drammatica, incapace come è di affrontare i problemi che ha di fronte.


Da cosa nascono le difficoltà della Ue?

Credo ci siano tre elementi. Anzitutto, un problema culturale: vediamo ora quali siano le conseguenze di non aver voluto nella Costituzione il riferimento alle radici cristiane dell’Europa, la mancanza di consapevolezza della propria identità rende incapaci di confrontarsi con i problemi veri. In secondo luogo c’è l’opposizione attiva di alcuni paesi guidati da governi laicisti, Spagna in testa ma anche il Portogallo, che per un pregiudizio ideologico non vogliono prendere la parte dei cristiani. Infine, buona parte la dobbiamo alla inaccettabile avidità di Lady Ashton, il responsabile Ue per la politica estera.


Lei fa riferimento alla questione delle radici cristiane. Ma non c’è bisogno di scriverlo nella Costituzione per intervenire su un fatto così evidente e così grave come la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente. In fondo si è presa una posizione anche per Sakineh o per il Dalai Lama che, con tutto il rispetto, sono problemi più circoscritti.

E’ questo il paradosso: per l’Unione Europea è più facile intervenire per Sakineh e il Dalai Lama che non per i cristiani del Medio Oriente. Sono battaglie più comode, perché in fondo sono più lontane e non interrogano l’Europa su quello che è.


Lei ha citato la Spagna e il Portogallo. Ma davvero questi due paesi hanno la forza di bloccare l’intervento della Ue a difesa della libertà religiosa?

Teniamo conto che il meccanismo della Ue prevede che queste decisioni siano prese all’unanimità, per cui basta un paese che faccia seria opposizione per fermare tutto. A questo si deve peraltro aggiungere che i ministri degli Esteri di Spagna e Portogallo facendo così sono andati contro la volontà dei propri parlamenti nazionali che hanno invece chiesto all’unanimità – e sottolineo: all’unanimità – ai propri governi di intervenire contro la cristianofobia. Certo, se poi ci si aggiunge lo scarso interesse di altri paesi e le pressioni al ribasso della Ashton, si capisce come sia possibile arrivare a questo risultato.


La risoluzione dell’Europarlamento e la raccomandazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sono stati sicuramente dei successi importanti, ma le vere armi per intervenire a favore dei cristiani – cioè gli accordi economici – sono in mano ai singoli governi. Il fallimento al Consiglio dei ministri degli Esteri fa ritenere che non se ne farà niente.

Questo non è detto, perché la raccomandazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa impegna effettivamente i governi dei 47 paesi europei a intervenire in questo senso, non è soltanto un’esortazione morale. Ci sono punti precisi di impegno che i governi saranno chiamati a realizzare. E’ vero che per ora, l’invito esplicito alla Ue è stato disatteso, ma questo vuol dire che si dovrà ancora lavorare molto in questo senso.


Che cosa si dovrà fare in concreto?

Bisogna usare tutti gli strumenti a disposizione, anzitutto le iniziative parlamentari. I parlamenti di ogni paese devono proporre e approvare mozioni e risoluzioni che chiedano il rispetto e l’applicazione di quanto previsto dal Consiglio d’Europa, sia in materia di accordi economici sia per quel che riguarda le politiche di asilo.