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I giovani polacchi ignorano la grandezza di Wojtyla

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Il lungo pontificato ha fatto di Giovanni Paolo II il Papa di più generazioni. Diciotto anni dopo la sua morte, invece, la nuova generazione ne ignora la grandezza e spesso cede alla campagna d'odio che ne macchia la memoria persino nella sua Polonia.

Ecclesia 09_03_2023

Il 2 aprile 2023 ricorreranno i diciotto anni dalla morte di Giovanni Paolo II. Questo vuol dire che raggiungerà la maggiore età chi è nato dopo la fine del terzo pontificato più duraturo della storia. Più di ventisei anni di ministero hanno fatto sì che Karol Wojtyła divenisse il Papa di più generazioni, una figura che era impossibile quantomeno non conoscere per chi è stato ventenne tra il 1978 ed il 2005. Figurarsi in Polonia, il Paese che ha dato i natali al primo pontefice non italiano dopo 455 anni.

Quasi diciotto anni dopo, però, l'opinione pubblica nazionale ha scoperto con sorpresa che molti giovani sanno solo superficialmente chi è stato il grande santo polacco e non si sono mai accostati alle sue encicliche o alle sue omelie. In un'interessante inchiesta dell'ufficio stampa dell'arcidiocesi di Cracovia, infatti, alcuni studenti intervistati hanno lamentato il fatto che «c'è troppo del Papa nello spazio pubblico e non abbastanza del suo vero insegnamento». Un'altra acuta osservazione di un giovane polacco raccolta nell'articolo sottolinea come sia «necessario ritornare costantemente all'insegnamento di San Giovanni Paolo II, anche durante le lezioni di religione invece di insegnare che è nato a Wadowice, bisogna fare degli esempi concreti, far leggere le sue opere e metterle in relazione, ad esempio, con il Vangelo». Secondo Carlo – il nome dello studente intervistato – «questo è il modo per cambiare la percezione di lui da parte dei giovani che devono essere consapevoli che Giovanni Paolo II non solo ha mangiato torte alla crema o masticato chewing-gum, ma ha lasciato una grande eredità soprattutto, che è rivolta a loro».

Ma accanto a questo fenomeno di 'laicizzazione' della memoria di Wojtyła denunciato dai giovani ascoltati dall'ufficio stampa della sua ex diocesi si fa largo anche una più preoccupante tendenza alla dissacrazione della figura più importante della storia contemporanea polacca. Negli ultimi anni, infatti, i social polacchi si sono popolati di meme ingiuriosi nei confronti di Wojtyła nell'ambito di una vera e propria campagna diffamatoria contrassegnata da un hashtag dal significato irripetibile.

Gli autori di questa campagna cercano quotidianamente di macchiare la figura di Giovanni Paolo II attribuendogli ingiustamente la responsabilità dello scandalo pedofilia nella Chiesa. «Succede che i genitori che ricordano con emozione i pellegrinaggi di san Giovanni Paolo II non si rendano conto che i loro figli mandano meme beffardi su di lui durante le gite di classe (anche delle scuole cattoliche) attribuendogli colpe per genocidi, stupri, furti, ecc.», ha osservato la giornalista di Radio Plus, Weronika Kostrzewa, sottolineando così questa spaccatura generazionale esistente in una parte della società polacca.

Ed è presumibilmente pensando a queste pulsioni che in occasione della Messa nel 44° anniversario dell'elezione di Wojtyła, il cardinale Stanisław Dziwisz, suo ex segretario personale, si è rivolto ai fedeli di Cracovia dicendo loro, perentoriamente: «Non permettete di privare il dovuto onore di colui che ha rinnovato la Polonia e il mondo ed è diventato l'orgoglio della nostra nazione tra le nazioni del mondo». L'arcivescovo emerito di Cracovia è consapevole di quanto negli ultimi anni il pontificato wojtyliano  sia finito, nel migliore dei casi, nell'oblio mentre nel peggiore sia entrato nel mirino degli anticlericali che non hanno il coraggio di prendersela con il Papa in vita.

Lo stesso Dziwisz ha constatato  recentemente come un certo clima ostile alla memoria di Giovanni Paolo II si sia radicato anche in Polonia dove è andato in onda un documentario tv lo accusava di aver coperto scandali di abusi sessuali commessi da membri del clero in cambio di soldi. Le aveva contestate, infatti, bollandole come «allusioni maligne e accuse diffamanti che vorrebbero intaccare il servizio da me reso in piena umiltà al santo Pontefice Giovanni Paolo II, la cui memoria è in benedizione dinanzi al mondo intero» e aggiungendo che «la magnanimità e la benevolenza apprese alla scuola di san Giovanni Paolo II non possono consentire manipolazioni di sorta da parte di chicchessia». Dunque, nemmeno troppo implicitamente l'ex segretario aveva interpretato quegli attacchi a lui diretti come un modo indiretto per mettere in discussione il pontificato wojtyliano. Ad aprile scorso è arrivato anche il proscioglimento nell'indagine di una commissione vaticana ad hoc da lui stesso auspicata e guidata dal cardinale Angelo Bagnasco che, esaminando la documentazione, aveva ritenuto assolutamente regolare l'operato di Dziwisz.

Di fronte a tutto ciò, come difendere la luminosa eredità di questo santo tra i giovani contemporanei che non lo hanno vissuto? Una risposta significativa arriva proprio da uno degli studenti intervistati nel già citato articolo dell'arcidiocesi di Cracovia, Mikołaj per il quale «la cosa più importante è che sacerdoti e laici non abbiano paura delle polemiche che circondano Giovanni Paolo II» e si dimostrino in grado di affrontare «accuse e meme ridicolizzanti, non scappare e nascondersi tra belle registrazioni di pellegrinaggi e monumenti meno belli». Ma per farlo, ha aggiunto il ragazzo, «occorre prima conoscere a fondo la storia del Papa polacco e il suo insegnamento».