I giovani non chiedono alla Chiesa di inseguire Blanco
Ho detto a mio figlio che quello che si presenterà a San Pietro sarà un Blanco edulcorato e clericalmente corretto, non certo quello nudo della copertina di Vanity Fair. E questo lo sa e lo sanno anche i 57mila adolescenti che saranno con lui lunedì dal Papa. Infatti nessuno di loro ha richiesto la presenza del trasgressivo vincitore di Sanremo: avevano risposto a un invito per cercare qualcosa di diverso e vero. Invece la Chiesa, che non sa più proporre una cultura originale, va al traino del mondo confermando i ragazzi che in fondo conformarsi non è poi così male.
Credo che seguirò il consiglio dei colleghi: darò a Gabriele 20 euro. Senza spingerlo verso Trastevere, a Borgo Pio ci sono ancora due o tre ristoranti che fanno un’ottima carbonara e lui, cultore della materia come lo è il padre, potrebbe intrattenersi a tavola. Che è meglio che intrattenersi ascoltando Blanco, ché se avessi voluto mandarlo al suo concerto allora mi sarei messo in fila all’alba del 6 febbraio, che è la data in cui, subito dopo la vittoria a Sanremo in coppia con Mahmood, i biglietti del suo tour sono andati letteralmente a ruba in poche ore. I suoi coetanei – le sue coetanee – del resto, lo hanno fatto allora.
Ma se la presenza di Blanco in San Pietro per il Lunedì dell’Angelo è, dunque, solo per intrattenere, allora vuol dire che non è importante, perché ci si intrattiene quando non si sa che cosa fare e si aspetta qualcosa di importante.
Il qualcosa di importante c’è già ed è l’incontro che i ragazzi faranno col Papa, il primo incontro postpandemico di una generazione completamente ignara di Gmg, di sentinelle del mattino e di raduni papali. La prima generazione che non ha mai partecipato ai catto-raduni e che in soli due anni è rimasta più tempo in camera di quanto i loro genitori abbiano fatto per tutta la loro infanzia.
Ebbene. Se vanno intrattenuti, come hanno recitato a pappagallo alcuni preti esperti in comunicazione, allora permettete che scegliamo noi come intrattenerci. Questo Gabriele lo sa, e sa che il vescovo di Sanremo ha criticato sul giornale dove lavora il suo papà la scelta della presenza del cantante.
Non per questo ha deciso di boicottare l’evento, perché ci sono i suoi amici, i suoi educatori, e perché vorrebbe vedere il Papa che non ha mai visto, ma anche perché la presenza di Blanco non lo ha minimamente scalfito: si è chiesto che c’azzeccasse con quella giornata – è vero – ma in fondo ha detto chìssene.
Quindi, boicottare non avrebbe nessun senso, dato che si può protestare per certe scelte anche fischiando o dicendo di non essere d’accordo e in questo il vescovo Suetta, bisogna ammetterlo, è stato coraggioso.
Oppure andando a cercarsi una carbonara di protesta.
Però, il punto non è tanto Gabriele, al quale di Blanco non importa proprio nulla, ma il punto è proprio che ai 57mila adolescenti che hanno risposto all’invito del Papa la presenza di Blanco non sarebbe servita a convincerli di una partecipazione a un evento religioso che avevano già deciso prima. E a renderlo unico o più interessante non sarà la performance di Blanco, il quale nel frattempo ci fa sapere che si fa ritrarre spesso in mutande perché è così che gli piace girare. Certi giovani, almeno 57mila, sono decisamente migliori di certi adulti clerico-giovanilisti che pensano ancora che per coinvolgere i ragazzi gli si debba scimmiottare la stessa brodaglia culturale nella quale sono immersi tutto il giorno. I pagani lo fanno molto meglio. Invece così diciamo loro: “Conformatevi alla mentalità di questo mondo, ve la diamo anche noi tale e quale. Come antipasto, però”.
Perché allora la Chiesa italiana ha deciso di ricorrere ad uno dei cantanti più seguiti e idolatrati dalla generazione under 18? Perché crede che i ragazzi si attraggano con gli specchietti per le allodole e il paternalismo alla don Chichì che si mette i jeans per sembrare al passo con i tempi.
E perché la cultura cattolica non sa produrre niente di bello e attrattivo nel campo dello spettacolo e dell’arte, dato che anni e anni di minimalismo pastorale ci hanno consegnato l’idea del brutto e del misero come criterio di decrescita felice: nella liturgia, nel sacro e quindi anche nella cultura. È un’incapacità tutta cattolica di adeguarsi alle attese di bello e di vero dei ragazzi, nel non saper creare un bello di produzione propria, unica. Il Dio che ne esce - quando esce - è stilizzato, inconsistente, impalpabile, perdente.
E quindi, in mancanza di originalità, deve andare a prestito dagli altri. È la risposta che dà Jessica nella sconsolata scena di Viaggi di nozze dopo l’ennesima, deludente, depressa serata in discoteca: la verità è che nessuno c’ha più gnente da dì, è stato detto tutto: ma che te voi desiderà?
Ed è lo stesso motivo per cui la CEI pensa di attrarre i nuovi fedeli proponendo come testimoni i Gino Strada, le Carole Rackete e le Grete Thunberg. È lo stesso vizio, la stessa incapacità di parlare all’uomo di oggi pensando di cavarsela inseguendo ciò che è del mondo e sperando di poterlo fare suo per essere attraente. È la ricerca di un consenso che utilizza le medesime logiche di marketing della direzione artistica di Sanremo quando deve scegliere il superospite del sabato sera. Chi va per la maggiore? Come un concerto del Primo Maggio qualunque.
In realtà, se in 57mila si sono iscritti senza chiedere Blanco, è perché sperano che gli si offra qualcosa di diverso. Invece la sfida è già persa in partenza dandogli da bere - come aperitivo - quello che bevono già sui social con la patetica e un po’ clericale scusa che anche Blanco in fondo viene dall’oratorio.
Ma è un’ipocrisia: il cantante non è diventato quello che è perché cantava tutto il giorno cacca al diavolo fiori a Gesù, ma perché si è costruito come personaggio usando l’irriverenza, la trasgressione e un’ambiguità quanto basta per farsi accettare. Questo è il personaggio, ma dato che lunedì si esibirà per un pubblico cattolico, i giovani troveranno un Blanco edulcorato, clericalmente corretto, addomesticato nelle parole e nei gesti. Cioè, per capirci: mica si presenterà a petto nudo con il reggiseno o nature come nell'ultima copertina di Vanity Fair che ha fatto impallidire anche le policy di Instagram (NB: le colombe sulle spalle non sono granché pasquali). Sarà – poverino – un pesce fuor d’acqua, lontano dal suo mood trasgressivo e dissacrante. E fuori d’acqua saranno anche i ragazzi, i quali si chiederanno: «Ma se ci proponete un cantante, cos’avete di così nuovo e grande da offrirci? I pagani lo fanno meglio».
Appunto. Infatti, la carbonara la fanno meglio i romani. A ognuno il suo.