I dissidenti cubani denunciano: "la repressione aumenta"
La visita del presidente americano a Cuba è salutata da un coro di ottimisti. L'isola caraibica è pronta alla sua liberazione? Non ne sono convinti gli esuli, gli oppositori del regime di Castro. La NBQ ha intervistato Armando De Armas, Carlos Carralero e Joel Rodriguez de Riveron. Che ci spiegano come il regime, legittimato da Obama, sia diventato più repressivo.
Si conclude oggi la visita di tre giorni di Barack Obama a Cuba, la prima di un presidente degli Stati Uniti sull'isola dal 1928 e la prima comparsa politica americana sull'isola dalla rivoluzione del 1959. E' per questo già “storica” in sé, a prescindere dagli effetti. La maggior parte della stampa, negli Usa come in Italia, pensa alle prospettive più rosee: apertura al commercio e al turismo, maggior libertà per i cubani.
In questo coro di approvazione, c’è una sola nota stonata: quella dei dissidenti di Cuba. Le Dame in Bianco (le parenti dei prigionieri politici dell'ondata repressiva del 2003), per una manifestazione pacifica sono state aggredite dai Comitati della Rivoluzione cubani e poi arrestate dalla polizia, proprio in vista dell’arrivo di Obama. Anche Antonio Rodiles è stato preventivamente arrestato assieme a una cinquantina di attivisti per i diritti umani. La repressione è aumentata non diminuita, anche in occasione della visita del presidente degli Usa. La Nuova Bussola Quotidiana, per l’occasione, ha chiesto l’opinione di esuli cubani, negli Stati Uniti e in Italia.
“La visita di Obama, in pratica, finirà per legittimare la successione dinastica di una famiglia che è al potere da mezzo secolo nell’isola – ci spiega Armando De Armas, scrittore cubano dissidente, in esilio a Miami – Se prima gli esuli e gli oppositori della dittatura potevano almeno contare sulla solidarietà dell’Unione Europea e del mondo occidentale e sulla condanna del regime da parte dei forum internazionali, d’ora in avanti, al contrario, il mondo occidentale vedrà nel mondo della diaspora un ostacolo e nella dittatura un socio. Un socio scomodo, ma pur sempre un socio”. Joel Rodriguez Riveron, altro dissidente in esilio a Miami, mentre viene interpellato dalla Bussola, sta partecipando a una manifestazione contro la visita presidenziale. Anch’egli è convinto che: “Darà ulteriore legittimità al regime, non permetterà una maggior apertura per il popolo. Ieri (l’altro ieri per chi legge, ndr) abbiamo avuto una nuova dimostrazione di come il regime non cambi. Come avviene ogni domenica, i dissidenti sono stati picchiati e arrestati. Ieri lo hanno fatto ancor più violentemente del solito, proprio perché il regime vuole dimostrare a Obama la sua intenzione di non cambiare”.
Le statistiche che De Armas ci mostra, sono la prova di queste affermazioni: “Fra l’annuncio del ripristino delle relazioni fra l’Ue e Cuba e i sei mesi successivi alla normalizzazione diplomatica, la maggioranza degli indicatori sul rispetto dei diritti umani nell’isola è peggiorato. Dal dicembre 2014, sono state registrate più di 3000 detenzioni politiche a Cuba, comprese 641 a maggio, 220 in una sola domenica”. Quando Cuba venne invitata a partecipare al summit delle Americhe a Panama, oltre a picchiare i manifestanti anti-castristi anche all’estero, il regime continuò ad arrestare i dissidenti in patria: “La Commissione cubana per i diritti umani e per la riconciliazione nazionale ha documentato nel solo gennaio di quell’anno 1414 denzioni per motivi politici, la maggioranza delle quali sopra le 72 ore di fermo”. E “si tratta della quantità di arresti più alta dal 2010, battuta solo dai 1447 detenuti nel mese di novembre 2010”. Ed è una costante storica: “Le cifre ci mostrano che la repressione si fa più dura ogni volta che viene avviato un processo di ‘normalizzazione’. Raul ha solo cambiato tattica rispetto al fratello Fidel: mentre quest’ultimo preferiva le grandi condanne, Raul usa gli arresti lampo e la violenza di strada. Però è solo una questione di tattica, appunto, perché una Primavera Nera come quella del 2003 (quando 75 dissidenti vennero condannati a più di 20 anni di carcere) resta sempre all’orizzonte (oscuro) nell’isola, perché il codice penale non è cambiato di una sola riga e include sempre anche la pena di morte. Tutto dipende solo dallo stato d’animo del generale Raul”. Inoltre, ci spiega De Armas, si sta verificando un nuovo esodo dall’isola: “Più di 43mila cubani sono fuggiti dal momento dell’annuncio del ripristino delle relazioni fra Obama e Raul”.
Per gli esuli, la normalizzazione dei rapporti e l’apertura al turismo significano anche la possibilità di tornare a casa? “I cubani esiliati possono ritornare solo se si sottopongono all’umiliazione pubblica del regime. Devono avere un permesso delle autorità per poter tornare – ci spiega Joel Rodriguez – Solo questa settimana una cubana esule, Ana Lupe del Busto, è andata a Cuba ed è stata respinta perché aveva contatti con un oppositore”. Per lo scrittore Carlos Carralero, esule a Milano da vent’anni, la possibilità di ritornare in patria è una menzogna. “La cosiddetta apertura, come qualunque altra cosa nel castrismo, è falsa, fraudolenta, porta il marchio del tradimento. Ormai io non ho paura della polizia cubana. Ho paura, semmai, della mia tentazione di tornare a Cuba a trovare i miei parenti ancora vivi ed essere ricattato, umiliato, dopo aver difeso per decenni i miei principi. E questo lo dico in un momento in cui sembra che la vera Cuba sia sparita (ormai la chiamiamo ‘Castrolandia’) e che la dignità sia solo un ricordo per la maggior parte dei cubani”. All’atto pratico, poi “... il regime non mi farà entrare con il passaporto italiano come sarebbe normale: sono cittadino italiano da molti anni. Mi farà fare, invece, un passaporto cubano, e nel caso mi facessero passare alla dogana sarebbe per me un incubo dal momento in cui entro in una sede dipolomatica. Quindi. Non esiste una vera, coerente e normale apertura. E’ solo un regalo (soldi a palate per il regime) concesso da Obama a Castro senza nulla in cambio”.
L’apertura al turismo americano, per Armando De Armas, “Non aiuterà la causa della libertà dei cubani, sarebbe ingenuo pensare che il turista americano sia un ente superiore capace di estendere la libertà più dei turisti italiani, canadesi o spagnoli che non hanno mai cessato di andare sull’isola senza grandi ripercussioni. Il nuovo turismo aiuterà, questo sì, i generali cubani ad arricchirsi e il governo a fare cassa per poter reprimere e controllare. Il popolo cubano riceverà parte di questa ricchezza, ma non troppo”. Perché il turismo possa veramente migliorare le condizioni dei cittadini cubani, infatti, “occorrerebbe avere una maggior apertura sui diritti di proprietà privata e sul libero mercato, ma non è questo il caso. A Cuba tutte le maggiori attività economiche sono di proprietà del governo e le tanto vantate riforme di Raul sono molto limitate, in realtà. Non riconoscono la proprietà quale diritto individuale. E non è la stessa cosa permettere a piccole imprese e negozi di lavorare sotto il costante controllo di funzionari statali, saccheggiandole poi con alte tasse. Gli unici che ci hanno guadagnato, finora, sono nelle alte sfere del regime”.
Obama, che ha subito dichiarato quanto sia prossimo il “cambiamento” sull’isola caraibica, si illude? Lo scrittore Carlos Carralero, su questo, ha il dente particolarmente avvelenato: “A mio avviso, Obama nutre una maggior ammirazione per il marxismo rispetto allo stesso Raul e sicuramente molto di più rispetto a Fidel, che non è mai stato un vero marxista. Obama parrebbe addirittura far parte di un piano segreto per indebolire gli Stati Uniti e l’Occidente. Nessun leader nemico degli Usa era mai riuscito a fare tanti danni, prima di lui. Tutte le sue azioni politiche sono state dannose per l’Occidente. E la confusone che ha creato sta contagiando anche la sua opposizione. Forse anche Trump fa parte di questo piano segreto?”
Dopo la visita di Papa Francesco, che ha aperto la strada alla normalizzazione dei rapporti fra Usa e Cuba, si parla spesso anche di maggior libertà religiosa nell’isola comunista, ma anche su questo Armando De Armas invita alla prudenza: “L’organizzazione Christian Solidarity Worldwide rivela che le violazioni della libertà di culto siano in crescita a Cuba, nel 2015, dieci volte di più rispetto all’anno precedente, nel contesto di un’offensiva senza precedenti contro le chiese di un gran numero di confessioni religiose. Le cifre parlano di 2300 violazioni nel 2015, rispetto alle 220 nel 2014”. Questo riguarda soprattutto le chiese protestanti, “dopo che il governo ha dichiarato illegali duemila chiese della denominazione pentecostale Assemblea di Dio, ordinando la confisca o la demolizione di un centinaio di edifici religiosi in tre province e la confisca delle proprietà di altre denominazioni metodiste e battiste”. Per quanto riguarda i cattolici, la Chiesa subisce ancora molte restrizioni legali nella sua opera pastorale. “La rivista Palabra Nueva, dell’arcidiocesi dell’Avana, quella che fa capo al cardinal Jaime Ortega, ha chiesto di ‘rimuovere definitivamente’ le restrizioni che continuano a frenare l’opera delle istituzioni religiose, chiede che la recente visita di papa Francesco non sia ‘una parentesi’ nella vita della nazione”.
I nostri telegiornali, però, sono un trionfo di ottimismo. “E’ un gran brutto modo di fare televisione – commenta a caldo Carlos Carralero – Non è il fantasma di Marx quello che si aggira sulle nostre teste, bensì quello di Antonio Gramsci, teorico dell’egemonia culturale”.