I cattocinema senza giudizio, sedotti dal film pederasta
Non c'è solo il caso dei salesiani di Rivoli. A proiettare l'inno alla pederastia Chiamami col tuo nome anche cinema cattolici sparsi per tutt'Italia.
Cattolici pecoroni di fronte a quello che passa il culturame cinematografico. E’ la triste fotografia di come il mondo cattolico sia supino di fronte alla pervasività subdola di molte proposte culturali che non solo non hanno nulla di cattolico, ma che sono completamente prive di uno sguardo vero e profondo sulla realtà. Lo dimostra la vicenda raccontata nei giorni scorsi dalla Nuova BQ.
A Rivoli, il cinema dei Salesiani proietterà il film di Luca Guadagnino Chiamami col il tuo nome, film che promuove la pederastia e che i figli di don Bosco non si sono fatti scrupolo alcuni di inserire nella programmazione stagionale. Delle reazioni, anche minacciose dei salesiani di Rivoli, abbiamo detto. Ma che cosa succede se un film moralmente inaccettabile come questo, giudizio del News Catholic Service della Conferenza episcopale americana, viene promosso in maniera massiva non in una, ma in molte sale della comunità sparse per il Paese?
Succede che nessuno si pone più il problema se i cine parrocchiali debbano essere o no veicolo di una qualche funzione educativa non solo nei confronti delle nuove generazioni, ma anche nei confronti degli adulti, i quali sono genitori e avrebbero bisogno di criteri migliori per orientare le proprie scelte.
Dopo la pubblicazione dell’articolo infatti alcuni lettori ci hanno segnalato che il caso di Rivoli non è affatto una mosca bianca nel panorama della programmazione dei cinema cattolici. Anzi. Facendo una rapida ricerca su internet si scopre che il film di Guadagnino è stato proiettato in molte altre sale della comunità.
La Comunità Pastorale Casa di Betania di Agrate Brianza ad esempio lo ha mandato in onda nell’aprile appena trascorso e non si è nemmeno peritata di avvertire il “cliente” della tipologia di film, come se tra Chiamami con tuo nome, che passa “poeticamente” tra scene di nudo, rapporti omoerotici tra un minorenne e un adulto e masturbazioni al limite del grottesco, e gli Incredibili 2 non ci fosse alcuna differenza di messaggio sostanziale.
Ma il film era stato visionato anche a Bologna nel cinema dell’Antoniano in febbraio, con la possibilità di avere anche una visione in lingua inglese. Qui l’avvertenza sul film consigliato ad un pubblico adulto viene vanificata dai Frati Minori (sì quelli dello Zecchino d’Oro) a causa del giudizio pubblicato sul sito locandina che ne reclamizza l’evento: “Chiamami col tuo nome ha finora raccolto decine di premi nei vari festival in cui è stato presentato. Non aggiungiamo altro, se non il consiglio di rimanere fino ai titoli di coda perché anche in quei frammenti apparentemente immobili passa grande cinema”. Quanto entusiasmo per un film rivolto solo agli adulti come una volta si faceva per i “porno”. Com’è lontano il parroco di Giancaldo che suonava la campanella ogni qual volta nel Nuovo Cinema Paradiso comparivano scene di bacio o sensuali balli di Silvana Magnano che costringevano il povero Alfredo a ritagliare le scene.
Ma anche i figli nati dal carisma di don Orione programmeranno la pellicola nel Cinema Teatro di via Pisanello a Milano per la rassegna Viviamo e Amiamo prevista tra febbraio e marzo 2019. E sempre gli orionini l’hanno già mandata in onda a febbraio nel Cine Teatro Orione di Bologna. Il sito ne parla in termini entusiastici pubblicando alcune recensioni, tra cui il giudizio che ne ha dato il regista (“Questo è un film per famiglie”!), il Corriere della Sera (“al centro del film non c’é tanto la scoperta della propria omosessualità, quanto la possibilità di farlo, il sogno (o l'utopia) di un ambiente che sappia accettare le pulsioni del desiderio ovunque portino e che, come dice un padre meravigliosamente sensibile, siano d'aiuto alla propria crescita”), quella nientemeno del sindacato nazionale critici cinematografici (“Un commosso romanzo di formazione che ribadisce il primato della seduzione e del desiderio”). E per concludere il Manifesto (“Nella grana sensuale Guadagnino riesce a sorprendere la sua materia, il racconto di formazione”).
Questa carrellata potrebbe proseguire ancora a lungo, ma ciò che interessa qui è porsi una semplice domanda: perché un film che non ha nulla di educativo, a patto che vogliamo definire pedagogico un film che presenta come naturale e sentimentale una relazione pederasta, improvvisamente viene sdoganato da decine di cinema cattolici? Che cosa ha spinto i gestori – che si presume cattolici, portando i nomi di San Orione, San Bosco, Sant’Antonio etc…) a prenotarlo in massa e diffonderlo come si trattasse di un riflesso pavloviano?
Qui entra in gioco un curioso fenomeno di assimilazione e di sudditanza culturale al mondo che non è in grado di opporsi con originalità di fronte a tutto quello che passa il convento.
Buona responsabilità ce l’hanno alcuni giudizi di strumenti di orientamento di cui i gestori delle sale parrocchiali si servono. Ad esempio, il mensile dei Focolarini Città nuova è raggiante: “Il film vuol essere il racconto di una educazione sentimentale atemporale, che vale in qualsiasi luogo e in qualunque tempo. Tutto ciò conferisce al film un senso simbolico accentuato, dove protagonista è di fatto il sentimento, visto attraverso gli occhi della bellezza”. Ma anche i siti di settore non lesinano applausi da sperticarsi le mani costringendo così i gestori di cinema a “comprare a scatola chiusa” il prodotto per il tam tam dell’Ipse dixit.
La Commissione nazionale valutazione film della Cei ad esempio non lo ha definito certo come la sua corrispettiva americana, di fatto limitandosi a definirlo “problematico”. Ma anche il sito dell’Acec, l’associazione che raggruppa gli esercenti delle sale di comunità. Un giudizio senza appelli: “Instaurando un rapporto che non è solo intensa amicizia, ma un’intimità così intensa che trova nel rapporto omosessuale il suo sbocco – sembra – naturale”. E ancora: “La forza della sessualità viene messa in scena come espressione di un mondo interiore adolescenziale in cerca della propria identità ovunque la può trovare”.
Anche siti tentui in considerazione dal mondo cattolico, anche se non diretta espressione, come Sentieri del cinema, hanno espresso giudizi tutto sommato positivi. Certo, non si parla a nome delle sale di comunità, ma è a questo tipo di recensioni che molti cinema cattolici si abbeverano per giustificare le proprie scelte incaute. Per trovare una recensione negativa, finalmente, bisogna andare sul sito familycinematv.it. E’ qui che compare per la prima volta la parola pederastia e un giudizio che lo porta a definire sconsigliato il film: “Si tratta di un film ingannevole, perché disegna come ideale un incontro pederastico fra un adolescente e un giovane adulto, mentre traspare dal loro comportamento, solo un atteggiamento cinico, alla ricerca del proprio piacere”.
Per tutto il resto è notte fonda. Ne consegue che con presentazioni così accondiscendenti e poco critiche, un gestore distratto dal suo mandato educativo e attento a far quadrare i conti delle sale, strette sempre di più dalla concorrenza dei multisala, capitola e inserisce in cartellone anche Guadagnino presentandolo come un film che male non fa.
Una cessione di indipendenza culturale che mette il mondo cattolico sotto i piedi di un potere, quello cinematografico, che ingloba nel conformistico pensare bene, ormai tutto.
“Si tratta di una linea culturale che tende ad accettare tutto – spiega alla Nuova BQ il professor Armando Fumagalli (foto), docente alla Cattolica di semiotica -. Nel mondo cattolico è diffusa l'idea di vedere tutto e di confrontarsi su tutto, non tendendo conto però che proiettare un film del genere in una sala della comunità significa di fatto promuoverlo implicitamente, perché viene percepita - magari senza volerlo - per forza di cose una valutazione sostanzialmente positiva”.
Secondo Fumagalli “se io fossi responsabile di una di queste sale, Chiamami col tuo nome non lo programmerei e non solo perché non sono d’accordo con lo stile di vita omosessuale, ma perché non è questo il fine di una sala parrocchiale. Non credo che molti gestori lo facciano perché sono d’accordo con le idee propagandate, ma perché hanno magari sentito parlare bene del film e non sono preoccupati di capire che cosa faccia bene e che cosa no, che cosa sia giusto o sbagliato”.
Un problema di scarsa capacità di giudizio? Lassismo clericale di fronte alla cultura mondana? “Una parte del mondo cattolico sembra purtroppo priva di capacità critica di giudizio – prosegue -, probabilmente anche a causa di un complesso di inferiorità culturale. Basta che un film abbia vinto l’Oscar per passare il vaglio critico, ma non è sufficiente. Alcuni cattolici così hanno perso l’abitudine, quasi un comandamento, a fare obiezioni critiche su ciò che ci circonda”.
E con questa povertà di sguardi, anche una pellicola che è immorale, magicamente non lo è più. Sul cinema cattolico, ormai ai titoli di coda, è scesa così impietosa la parola FINE.
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