I bambini nel grembo esistono. E sono fonte di speranza
Nel Consiglio comunale di Alessandria verrà riproposta la mozione a sostegno della vita per offrire una opzione diversa alle donne che sono tentate di abortire. Il tutto nel rispetto della Legge 194. Ma basta questo per scatenare i collettivi femministi che negano l'esistenza dei feti. Ma scienza ed esperienza dicono il contrario, e ora un libriccino spiega anche il destino dei bambini abortiti.
Nei prossimi giorni tornerà in discussione davanti al Consiglio Comunale di Alessandria la mozione a firma del Presidente del Consiglio Comunale Emanuele Locci ed Oria Trifoglio intitolata: “Iniziative per la prevenzione dell’aborto e il sostegno alla maternità nel 40° anniversario della legge 194/1978”. L’ordine del giorno, analogo a quello presentato qualche tempo fa a Verona e a Roma, vuole ottenere l’impegno di sindaco e giunta affinché inseriscano nel prossimo bilancio di previsione, congrui finanziamenti a favore di istituzioni, associazioni e gruppi che sostengono concretamente politiche a favore della famiglia e della vita, in modo da promuovere iniziative di informazione e sensibilizzazione degli effetti sociali e culturali prodotti dalla legge 194/1978, proclamando ufficialmente Alessandria città a favore della vita".
E’ bastato sfiorare il tema della 194, un vero e proprio tabù, per scatenare l’ira delle forze abortiste con tanto di discesa in piazza e fiaccolata. Polemica di per se insensata dato che è la stessa legge 194 a prescrivere:
- l’obbligo dei consultori ad assistere la donna contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza (art. 4).
- la facoltà dei consultori di avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita (art. 4).
- Il compito dei consultori in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto (art. 5).
L’iniziativa del Consiglio Comunale pare pertanto del tutto legittima dato che è pienamente conforme al dettato legislativo. E sembra evidente, d’altro canto, che non si possa scegliere di applicare solo la parte omicida della legge e non quella diretta ad impedire l’uccisione del nascituro.
Nel merito, il collettivo alessandrino Non una di meno in un proprio comunicato ha affermato: “Migliaia di donne in questa città scelgono di avere figli e si trovano poi ad affrontare difficoltà di natura economica per crescerli e mantenerli, un comune che difende la vita dovrebbe partire da questi bambini, non da quelli che neanche esistono”.
E invece questi bambini esistono.
Lo dice la biologia, l’embriologia, la biochimica, la medicina.
Lo dicono il diritto e la giurisprudenza. La Corte Costituzionale, fin dalla sentenza n. 27 del 18-02-1975, afferma il fondamento costituzionale della tutela del concepito. La stessa legge 194/1978 dichiara di tutelare la vita umana dal suo inizio (art. 1).
Lo riconosce il Comitato Nazionale per la Bioetica con il parere del 22 giugno 1996, in cui proclama all’unanimità il dovere di “trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone.
Lo sente nella carne e nel cuore la madre che riconosce la presenza del figlio fin dall’inizio della gravidanza e intesse con lui una profonda relazione non solo biologica ma anche psicologica.
Lo vediamo con i nostri occhi grazie all’ecografia ora anche quadrimensionale (4 D). E nei consultori degli Stati Uniti, dove viene utilizzata, fino al 90% delle donne che pensano all’aborto cambia opinione osservando le immagini del nascituro e rinuncia all’intervento.
Lo sa la madre che ha abortito e che ne patisce non solo le conseguenze fisiche ma soffre di sindrome, stress e finanche di psicosi post aborto.
Lo testimonia il bimbo stesso quando si ritrae, si contorce, si rivolta per sottrarsi alla cannula che lo strappa via dalla vita, durante il procedimento di “isterosuzione” o “metodo Karman”.
Sì. Questi bambini esistono. Lo si voglia vedere o no.
Ma c’è di più: questi bimbi, che solo per poco si sono affacciati alla vita, non ritornano nel nulla. I bambini abortiti lasciano questo mondo per nascere in cielo.
Un provvidenziale libretto che mi è capitato di leggere, La via “nascosta” dei bambini nati “in cielo”, editrice Ancilla 2018, propone un senso più pieno e alto della loro esistenza. I bimbi abortiti, martiri innocenti, concorrono con Cristo al disegno di salvezza.
Il linguaggio paradossale della sofferenza cristiana ed il suo valore redentivo non sono certo una novità. Ed essa ha sicuramente maggior valore se viene donata da persone innocenti.
Tra poco, il 28 dicembre, solo qualche giorno dopo Natale, si celebra la festa dei santi martiri innocenti. Morirono senza colpa per la malvagità di Erode. A questi, mi pare, si possono a buon titolo unire i sei milioni di martiri generati dalla legge 194/1978.
Questi bimbi nati in cielo, nascosti nel seno di Dio, sono una grande speranza. Possiamo pregare per loro e con loro, nella comunione dei santi.
Chiediamo dunque la loro azione e preghiera per la conversione del nostro cuore e per quello di tutti gli operatori e collaboratori dell’aborto, e anche per coloro che credono che i bambini nati in cielo non esistano.
*Movimento per la Vita, Casale Monferrato