Hannoun, il colletto bianco pro Hamas coccolato dalla Sinistra
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Nella sua carica di presidente dei Palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun ha sempre accompagnato l'attività militante ad una istituzionale vicina alla Sinistra di Governo. Ospite più volte alla Camera e alla Farnesina è stato invitato da Boldrini, Orfini, Fassina, Furfaro del Pd e da esponenti 5 Stelle.
«Noi ci sacrifichiamo con i soldi e il tempo, loro con il sangue. Toufan al Aqsa, 7 ottobre 2023, è stato l’inizio della liberazione. Noi adesso siamo sulla strada della liberazione…». È il 19 agosto 2024, da Genova, Mohammad Hannoun parla con Abu Falastine, all’anagrafe Moussa Hussny Ra’ed Dawoud, che risponde da Milano. Il lessico è quello dell’intimità militante: si definiscono fratelli. Fratelli di lotta. Un vincolo cementato dalla convinzione di essere un ingranaggio indispensabile di un meccanismo più grande, che senza di loro, dicono, si fermerebbe.
Sono intercettati dal 2023, dai giorni dell’eccidio del 7 ottobre. Non sospettano di niente. Sono i protagonisti di una delle più grandi e pericolose inchieste della storia italiana che vedono la Penisola trasformata in una cellula di Hamas. E ricordiamo, per dovere di cronaca, che Hamas è l’acronimo di Harakat al Muqawama al-Islamiya, Movimento di resistenza islamica, nato nel 1987, forza politica dominante nella Striscia di Gaza, sostenuta dall’Iran e fondata su uno statuto che ha come obbiettivo la distruzione di Israele, oltre che lo sterminio, come vuole Maometto, di cristiani ed ebrei.
Al centro dell’inchiesta condotta dalla procura di Genova, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, polizia di Stato, Guardia di Finanza, oltre al supporto informativo fornito da AISE, c’è l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (Abspp).
Ma chi sono i protagonisti?
Abu Falastine — l’uomo dell’intercettazione di cui sopra — è uno dei nomi chiave. Le intercettazioni lo descrivono come custode di documenti e archivi, file cancellati già lo scorso giugno e copiate su hard disk rinvenuti a Sant’Angelo Lodigiano, in un’abitazione riconducibile a un giovane studente, indicata come punto di appoggio.
Tra le 300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha sbaragliato la cellula di Hamas in Italia c’è un’immagine che proviene dal server dell’Associazione Benefica La Cupola d’Oro, utilizzata per la raccolta fondi, e ritrae Ryyad Abdelrhij Jaber Albustanji armato accanto a miliziani delle brigate Ezzedine al-Qassam, il braccio armato di Hamas. Albustanji, imam noto per aver guidato preghiere pubbliche in diverse città italiane, è indicato dagli investigatori come membro del comparto estero di Hamas e riferimento fisso delle moschee in Italia.
Al vertice del sistema compare Mohammad Hannoun. Architetto palestinese, nato in Giordania classe 1962, residente dal 1983 tra Genova e Milano. In Italia si laurea, mette su famiglia e prova a realizzare il primo sogno: trasformare in moschea un’officina abbandonata nel quartiere di Cornigliano, a Genova, ma il progetto gli viene bocciato. Fonda, allora, l’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese per diventare poi presidente dei Palestinesi in Italia: il punto di riferimento istituzionale della causa palestinese nel Belpaese.
Viene ricevuto alla Farnesina, invitato dall’allora sottosegretario agli Esteri M5S Manlio Di Stefano, mentre l’ex grillino di Battista diviene testimone della sua associazione. Negli anni verrà invitato da Boldrini, Orfini, Fassina, Furfaro — uomo di fiducia della Schlein —, sarà ospite della Camera per presentare, su iniziativa del capo di Sinistra italiana, Fratoianni, il report «Gerusalemme 2021, l’ebraicizzazione accende il confronto». Nel 2023, accompagnerà anche di Battista e Stefania Ascari — deputato M5S che in più occasioni ha chiesto soldi per la Abspp — in Libano in campi profughi come quello di Ein el Hilweh, alla periferia di Sidone, da anni considerato una delle roccaforti d’infiltrazione degli jihadisti e poi faranno un viaggio anche nel sud della Turchia.
Su Mohammad Hannoun, nei primi anni 2000, la magistratura aveva già acceso i riflettori. Allora mancavano elementi conclusivi. Oggi, sostengono gli inquirenti, il contesto è cambiato: intercettazioni, movimenti bancari e contatti internazionali compongono una trama più densa che s’interseca con l’esuberanza dell’imam dei primi anni del Duemila fino alla militanza proPal iperattiva di oggi. A Milano, per istigazione all’odio e alla violenza riceve due fogli di via nel 2024 e ad ottobre scorso.
Ha sempre respinto l’accusa di appartenere ad Hamas, liquidandola come una costruzione artificiale. Eppure, già nel 2023, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo inserì in una lista nera come finanziatore del terrorismo: Secondo le autorità americane l’Abspp era «un ente di beneficenza fittizio in Italia che apparentemente raccoglie fondi per scopi umanitari, ma in realtà aiuta a finanziare l’ala militare di Hamas». Avevano già unito i puntini.
Le carte giudiziarie retrocedono nel tempo e restituiscono una linea continua. È il 1° agosto 2002 quando, secondo l’ordinanza, Mohammad Hannoun e il fratello Said reagiscono con entusiasmo alla notizia di un’esplosione nel bar dell’università di Gerusalemme: nove civili uccisi. Meno di un anno dopo, il 5 maggio 2003, le intercettazioni registrano una scena analoga: festeggiano un attentato su un autobus, ventitré vittime. Il 19 agosto dello stesso anno la dinamica si ripete, ma con un dettaglio che amplifica l’esultanza: tra i morti ci sono anche bambini. Hannoun celebra anche quell’attacco, attribuito a un altro fratello, Ahmad. Sono passati più di vent’anni, ma quelle conversazioni restano agli atti come origine di un percorso.
Nel 2004, mentre la Procura di Genova lo monitora già da tempo, Hannoun guida la preghiera per Fabrizio Quattrocchi nella moschea di Sampierdarena. Davanti ai fedeli parla di dolore condiviso, di una sofferenza italiana che diventa anche palestinese: gli inquirenti non credono a quel pacifismo ostentato e intensificano le attività investigative.
Nel 2009 il suo nome ricompare tra gli organizzatori di una manifestazione che segna un punto di svolta: bandiere bruciate, slogan infuocati e la preghiera islamica in piazza Duomo a Milano, sotto la guida dell’imam di viale Jenner poi condannato per terrorismo internazionale. Nel dicembre 2017 Hannoun è di nuovo tra i promotori dei cortei contro Israele e contro l’amministrazione Trump dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale.
Nel frattempo, tre giorni dopo il 7 ottobre, Hannoun diventa il principale promotore delle manifestazioni pro-palestinesi in Italia. Cortei, presidi e raduni in cui, secondo gli atti, si ascoltano con frequenza slogan e canti in arabo di esplicita simpatia per Hamas, «Oh ebrei l’esercito di Maometto sta tornando», e lo slogan «Dal fiume al mare la Palestina sarà libera» che implicitamente allude alla sparizione di Israele.
Attorno a Mohammad Hannoun, secondo quanto ricostruiscono gli atti, si muove anche una costellazione parallela. Tra questi compare Mahmoud Asfa, imam della moschea di via Padova, che in passato ha condiviso il pulpito con Hannoun. E poi la figlia, Nibras Asfa, emersa nel 2019 come volto simbolico di una mobilitazione islamica dentro il movimento delle Sardine; il marito, Sulaiman Hijazi, oggi scomparso dalla scena pubblica, risulta dagli atti come collaboratore stretto di Hannoun. In una conversazione intercettata, Hijazi parla con la moglie confermando che «il denaro va alla muqawama», la resistenza, termine con cui viene indicato Hamas.
In questa cornice, è allora piuttosto esplicativa, poche ore dopo gli arresti, la risposta che ha dato Milano, dove tra bandiere di Potere al Popolo e dei Cobas, s’è riunito un presidio di protesta spontaneo contro l’arresto Hannoun. Conferma esplicativa di quello che il leader dell’organizzazione terroristica palestinese, con orgoglio rivendicava pochi giorni fa: la causa palestinese ha conquistato i giovani europei diventando una nuova forma di resistenza attiva nelle strade, nei campus e nella politica.
L'arresto di Hannoun svela che in Italia c'è una cellula di Hamas
Hamas ha una sua cellula in Italia. L’operazione «Domino» ha condotto all’arresto di nove persone, tra cui il noto imam Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun. E squarcia il velo su un canale stabile di sostegno al terrorismo islamico, radicato nel Belpaese e spacciato per solidarietà.

