Haley si ritira. Gli USA verso una nuova sfida Biden-Trump
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Donald Trump vince 14 delle 15 elezioni del “Super Martedì” e la sua rivale Nikki Haley annuncia il ritiro della propria candidatura. Ma i Repubblicani devono ritrovare unità per vincere contro Biden, che è in affanno ma ha il sostegno delle lobby globaliste.
L’immigrazione, l’aborto, Gaza, le tasse, l’economia, l’età del presidente Joe Biden, i processi di Donald Trump: gli elettori avevano molte cose per la testa mentre votavano per le elezioni primarie del Super Tuesday, il “Super Martedì”, ossia il giorno più importante nel voto dei candidati presidenziali dei propri partiti, in vista delle elezioni generali. Alla fine gli americani hanno scelto, prendiamone atto: alle prossime elezioni presidenziali di novembre, ci sarà una nuova sfida tra l’oggi settantasettenne Donald Trump per i Repubblicani e l’ottantunenne Joe Biden per i Democratici.
Martedì 5 marzo si sono recati alle urne gli elettori di 15 Stati americani. Gli elettori della California, del Texas, della Carolina del Nord e dell'Alabama hanno votato anche per la nomina dei candidati di partito per la Camera e il Senato; inoltre, gli elettori della Carolina del Nord hanno selezionato i candidati per l’elezione del prossimo governatore dello Stato. Ovviamente le primarie presidenziali hanno attirato la maggior parte dell'attenzione. Per un verso la nomination è certa per Trump: l'ex presidente ha dominato 14 delle 15 elezioni del Super Tuesday contro Nikki Haley. L'ex governatrice della Carolina del Sud ha vinto solo nel Vermont, successo che si aggiunge a quello nel caucus di Washington DC. Troppo poco e così la Haley ieri ha annunciato il ritiro della propria candidatura, senza però dichiarare il proprio impegno a sostenere Trump alle presidenziali; anzi, lo ha invitato a guadagnarsi «i voti di coloro che nel nostro partito e non solo non lo hanno sostenuto».
Il quadro generale è dunque chiaro. Ora l’ex presidente Trump ha bisogno dell’unità e dell’impegno del Partito Repubblicano per vincere contro un Biden in affanno, anche se sostenuto come non mai da lobby e poteri globalisti, soprattutto dopo la smentita di Michelle Obama su ogni ipotesi di sua candidatura. La dichiarazione al vetriolo di Trump, dopo l’annuncio del ritiro della Haley, dimostra come le ferite interne siano ancora aperte: «Gran parte del suo denaro proveniva dai Democratici di Sinistra Radicale, così come molti dei suoi elettori, quasi il 50% secondo i sondaggi… invito però i suoi sostenitori ad unirsi al più grande movimento nella storia della nostra nazione». Trump ha sottolineato quindi che il presidente Biden «è il nemico».
Lo stesso Biden potrebbe raccogliere i molti elettori moderati spaventati, anche nel Partito Repubblicano. Tuttavia, sebbene non abbia mai avuto rivali alla candidatura tra i Democratici, l’attuale presidente deve scontare anche voti di protesta per il suo sostegno ad Israele. Secondo i primi risultati, oltre il 19% degli elettori del Minnesota ha scelto di dichiararsi “non impegnato” nelle primarie democratiche, ma i voti di protesta sono stati registrati anche in altri Stati: Alabama (6 per cento), Colorado (7,6 per cento), Iowa (3,9 per cento), Massachusetts (9,2 per cento), Carolina del Nord (12,7 per cento) e Tennessee (7,9 per cento). Il comportamento futuro di questi elettori rimane incerto, si potrebbero astenere, potrebbero non recarsi alle urne e forse alcuni potrebbero considerare anche un voto per il ‘pacifismo’ di Donald Trump.
Joe Biden si è detto pronto ad affrontare in una nuova sfida Trump e, a poche ore dai risultati di martedì, ha ribadito che il «popolo americano ha una scelta chiara: continueremo ad andare avanti o permetteremo a Donald Trump di trascinarci indietro nel caos, nella divisione e nell'oscurità che hanno definito il suo mandato». Salvo colpi di scena, si va quindi verso la rivincita delle elezioni del 2020 ed entrambi i candidati sembrano ora guardare proprio alla sfida del prossimo autunno. I sondaggi di fine febbraio hanno mostrato Trump in vantaggio su Biden, anche se un recente sondaggio di Morning Consult dà il presidente in vantaggio di un punto percentuale. Le dichiarazioni di guerra che i due contendenti si stanno scambiando non aiuteranno gli elettori a scegliere per il miglior presidente degli Stati Uniti. Certo, le differenze tra i due sui principi non negoziabili, sulla tradizione e sugli stessi valori fondanti degli Stati Uniti sono moltissime. Tuttavia, molti elettori in queste condizioni potrebbero scegliere un voto per il “male minore” o contro l’altro candidato. E questo non è un bene né per gli USA né per il mondo intero.