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CONTINENTE NERO

Guinea, la lettera del cardinal Sarah ai golpisti

Sperare, auspicare che un colpo di Stato militare porti pace, giustizia e benessere può sembrare incredibile. Non in Guinea, dopo più di mezzo secolo di delusioni, miseria, corruzione e altri due golpe nel passato. Il cardinal Robert Sarah, già arcivescovo di Conakry, scrive alla giunta militare pregandola di avere rispetto per il Paese. 

Ecclesia 21_09_2021 English Español
Mons. Robert Sarah

Sperare, auspicare che un colpo di Stato militare porti pace, giustizia e benessere. Scene di folle che si riversano festanti nelle vie all’annuncio che dei militari hanno deposto il presidente in carica. Sembra assurdo che succeda, siamo abituati a ritenere che, al contrario, sospendendo le istituzioni democratiche, un golpe sconvolga la vita sociale ed economica di un Paese e ne consegni la popolazione all’arbitrio della giunta militare che assume il potere, certo non animata da ideali di giustizia e pace. Immaginiamo che i cittadini felici siano dei fanatici, sostenitori dei golpisti, ma che il resto della popolazione sia invece chiusa in casa spaventata.

Ma in Guinea Conakry è successo. Quando il 5 settembre i militari delle Forze Speciali, un gruppo d’elite, hanno deposto il governo del presidente Alpha Condé e hanno assunto il controllo del Paese, spiegando di agire esasperati dalla corruzione sfrenata, dal malgoverno, dalla strumentalizzazione della giustizia, in difesa delle istituzioni democratiche ridotte a simulacri, dei diritti della popolazione violati, la gente è uscita per strada a festeggiare la fine del governo insopportabilmente corrotto e privo di scrupoli subito per dieci anni e i partiti all’opposizione hanno subito approvato il golpe esprimendo fiducia nei militari.

È con fiducia, sebbene temperata dalla consapevolezza delle difficoltà a venire, che anche il cardinale guineano Robert Sarah, già arcivescovo della diocesi della capitale Conakry e attualmente prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha accolto il cambiamento verificatosi nel suo Paese e lo ha dimostrato il 13 settembre con una lettera al colonnello Mamady Doumbouya, leader dei militari golpisti e del neo costituito Comitato nazionale di riconciliazione e sviluppo (Cnrs), in cui con paterna sollecitudine gli raccomanda di aver cura del Paese la cui sorte adesso è nelle sue mani.

«La storia si ripete – ammonisce nella lettera di quattro pagine Sua Eminenza ricordando i due precedenti colpi di Stato militari e le illusioni di una svolta benefica che avevano suscitato – come nel 1984 e nel 2008 il popolo guineano è sceso in strada per esprimere la sua gioia perché l’atto che avete compiuto fa nascere la speranza, ancora una volta: speranza di giustizia, di pace, di recupero e sviluppo reale, speranza di vivere semplicemente in un Paese normale, una nazione unita e prospera. Da oltre 50 anni la Guinea scende inesorabilmente negli abissi del sottosviluppo e della miseria endemica e la popolazione non fa che subire delusione su delusione».

Ma adesso, ancora una volta, è possibile ripartire da zero e provare finalmente a risanare il paese . «La pagina è di nuovo bianca – scrive il cardinale Sarah – e i guineani non hanno più diritto di sbagliare. La Guinea ha bisogno di una nuova generazione di leader politici che amino il loro Paese e i loro concittadini». Perciò il cardinale Sarah invita Mamady Doumbouya a tenere lontani dagli organi istituzionali «tutti i predatori incalliti del nostro Paese, corrotti e incompetenti, che hanno fatto parte dei governi di Sékou Touré, Lansana Contè, Moussa Dadis Camara e Alpha Condé e che si considerano elementi indispensabili e inamovibili».

L’elenco è dei quattro capi di Stato che hanno governato la Guinea indipendente, colpevoli di aver sprecato innumerevoli vite umane e immense risorse naturali, a partire dal primo, il celebrato padre fondatore della patria Sèkou Touré, che – e fu la prima grande illusione tradita – aveva promesso ai suoi connazionali sviluppo, sicurezza, pace, dignità, la piena realizzazione delle grandi potenzialità del paese che invece con l’indipendenza stava iniziando la sua “discesa negli abissi del sottosviluppo e della miseria”. Era un ragazzo di 13 anni, Robert Sarah, nel 1958, l’anno dell’indipendenza, e forse anche lui come tanti suoi connazionali avrà ascoltato con sentimenti di fiducia e orgoglio la celebre frase pronunciata da Sèkou Touré durante una visita a Conakry del presidente francese, generale Charles De Gaulle: “non esiste dignità senza libertà. Noi preferiamo la libertà nella povertà alla ricchezza nella schiavitù”. 

Ma è stata povertà senza essere liberi. Sua Eminenza, oltre a chiedere di liquidare chi finora ha approfittato delle cariche istituzionali ricoperte, rivolge un’altra raccomandazione alla giunta al potere: di circondarsi di persone competenti e bene intenzionate e di essere «estremamente severa verso i militari che vorrebbero approfittare dell’accesso al potere da parte dell’esercito per arricchirsi a scapito della popolazione». A tutti cittadini guineani chiede di essere a loro volta responsabili, di resistere alla tentazione che la contrapposizione politica degeneri in violenza: «nessun governo, nessun capo di Stato, nessun leader politico – scrive – vi porterà la felicità su un piatto d’oro, senza il vostro vero lavoro e la vostra ferma determinazione a uscire dalla miseria materiale e morale».

La lettera si conclude con un pensiero anche per il capo di Stato destituito. «Non posso terminare questo messaggio senza rispettosamente chiedervi, signor presidente del Cnrs, di trattare con dignità il presidente Alpha Condé e di liberarlo al più presto». Scrivere una lettera al leader golpista, chiamarlo “signor presidente” può apparire come un discutibile atto di legittimazione. Non lo è. Il cardinale Sarah ci indica una via. Bisogna prendere atto dei fatti, provare a trarne il meglio o almeno contenerne i danni avendo come obiettivo il bene comune.