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Guerra Iran-Israele: Europa, se ci sei, batti un colpo

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Dopo l'attacco iraniano a Israele, il G7 a guida italiana reagisce bene e con tempismo, chiedendo sanzioni per l'Iran e di evitare ulteriori escalation a Israele. L'Ue è assente. Dichiarazioni ambigue di Borrel e tempi dilatati dei ministri degli Esteri. Ma serve l'apparato della politica estera europea?

Esteri 16_04_2024
Josep Borrel (al centro) fra Gentiloni e la von der Leyen (La Presse)

Israele non risponderà immediatamente all'attacco dell'Iran; insieme agli Usa di Biden anche i paesi europei, inclusa la Francia, hanno chiesto ad Israele di non accrescere il pericolo di allargamento del conflitto nel Medio Oriente, soprattutto in considerazione della vittoria conseguita dall’abbattimento del 99% di missili. Prendiamo atto che in questo contesto, l’unico ruolo “europeo” è giocato da Roma, dalla Premier Giorgia Meloni e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ieri pomeriggio ha dimostrato apertura all’ipotesi di nuove sanzioni contro Teheran da parte del G7, anticipando lo stallo dell’Onu e placando così le richieste di vendetta israeliane.

Il governo italiano oggi rappresenta l’unica vera opportunità perché la politica si sostituisca alle armi. Ad aggravare la situazione, oltre alla assenza spettacolare dell’Europa, ci sono la conclamata inettitudine del Segretario generale delle Nazioni Unite e le spicciole piccinerie e protagonismi beceri legati alle campagne elettorali, sia negli Stati Uniti, sia nell’intero continente europeo.

Israele al Consiglio Generale delle Nazioni Unite riunitosi ieri ha chiesto nuove sanzioni contro Teheran, che devono seguire la ferma condanna dell'attacco del 13 aprile; l’Iran ha chiesto invece la denuncia ferma per l’attacco e le morti di suoi concittadini e militari, la denuncia contro Israele per la violazione delle sede diplomatica a Damasco il 1 aprile, dichiarandosi pienamente soddisfatto dopo la vedetta del lancio di missili e droni.

Non è ancora ben chiaro se, quando e come reagirà Israele all’attacco iraniano, se è vero che oltre alle pressioni internazionali per evitarle, anche molti ministri del gabinetto israeliano non sarebbero d'accordo sulla tempistica e la portata di una risposta.

In tutto questo rimangono alcuni punti fermi. Il primo, lo abbiamo accennato, è che l’Italia guida il G7. La dichiarazione di sano ed illuminato realismo del G7 del 14 aprile è chiara: «condanna fermamente il lancio di droni e missili dall’Iran, ribadendo pieno sostegno alla sicurezza di Israele… evitare un’ulteriore escalation, invitando le parti ad astenersi da azioni volte ad acuire la tensione nella Regione» e, per altro verso, il rafforzamento della «cooperazione per porre fine alla crisi a Gaza, anche continuando a lavorare per un cessate il fuoco immediato e sostenibile e per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e maggiore assistenza umanitaria ai palestinesi bisognosi».

Secondo: l’Europa ed il suo rappresentante per la politica estera, il socialista Josep Borrel, hanno sinora tenuto una posizione molto defilata e imbarazzante. Borrel, ha reso noto ieri di aver convocato per martedì 16 aprile (oggi, per chi legge) una riunione dei ministri degli Affari esteri dell'Ue per discutere degli attacchi dell'Iran contro Israele. Cioè  a ben tre giorni dai fatti. Ieri, lo stesso rappresentante della politica estera europea, ha fatto trapelare le proprie perplessità sul governo israeliano, «guidato dalle destre», e di aver assicurato al governo di Teheran che l'Ue «deve avere le migliori relazioni possibili con l'Iran», nonostante le sanzioni imposte alla Repubblica islamica per il suo controverso programma di energia nucleare. Siamo alla evanescenza della politica estera europea.

Dal canto suo anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha descritto quello dell’Iran come «un attacco palese e ingiustificabile» e ha invitato «tutti gli attori ad astenersi da un'ulteriore escalation e ripristinare la stabilità nella regione».

A fronte di questa ennesima dimostrazione di inettitudine, c’è da chiedersi se non sia il caso di abolire il “Servizio europeo per l’azione esterna”, incluso l’incarico di Alto Rappresentante e delle relative spese miliardarie a carico dei cittadini europei.