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IL CASO

Grumpy, il gatto brontolone che ci assomiglia troppo

Grumpy Cat è il nome finto di una gatta che ha 2 anni e mezzo e vive in Arizona. Non è più un felino, ma un grande business che ha già fatturato quasi 100 milioni di euro. Star di internet, ha fatto un film e "scritto" un libro. Il segreto del suo successo? Grumpy fa tutto quello che noi vorremmo fare ma non possiamo.

Esteri 10_12_2014
La copertina del libro Grumpy il gatto

Salvate la micetta Grumpy dagli orchi del web e dal mercato dei sentimenti gattari.  Ecco una buona causa che animalisti, verdi, antispecisti e ogni sorta di difensori delle bestie dovrebbero far propria. Anziché insistere con l’orsa Daniza (quella è ormai un causa persa) e i suoi cuccioli, dovrebbero scatenare l’inferno per togliere la gatta “brontolona” dalla grinfie assetate di dollari di media e industrie che l’hanno trasformata in una morbidissima macchina da soldi.

Grumpy Cat è il nome finto di una gatta vera, ha due anni e mezzo, vive in Arizona. Con l’espressione fissa e scontrosa pronuncia battute feroci contro il prossimo e il mondo. Non è più un gatto, ma un grande business a sei zeri, che ha già fatto incassare alla sua proprietaria, Tabatha Bundesen, un’ex cameriera di Morristown, quasi 100 milioni di euro. «Ha incassato più di Nicole Kidman, Cameron Diaz e Matthew McConaughey», le ha fatto i conti sui preziosi baffi il Daily Mail

Grumpy Cat è il gatto sempre scontento e dall'espressione corrucciata, ma non perché lo sia davvero. Il suo muso arrabbiato è dovuto soltanto a un raro fenomeno di nanismo felino, anomalia che ha fatto la fortuna della sua padrona. La signora Tabatha ha una figlia, Chrystal: è lei che ha inventato il nome (quello vero è un altro: Tardar Sauce) che ha reso celebre la gatta. Grumpy è diventata un” meme” su internet grazie ad una foto che appena postata, due anni fa,  ha totalizzato un milione e mezzo di visualizzazioni in 36 ore.  La famiglia Bundesen ha subito capito che ci voleva un manager per volgere a loro vantaggio lo strano viso della gattona e trasformarla in una star del web.  

Così hanno chiamato Ben Lashes, manager di “meme” a Los Angeles, una professione finora sconosciuta di cui lui è il più talentuoso nonché unico esponente. Per chi non avesse familiarità con questa parola, il “meme” è un elemento che si diffonde in rete in modo completamente autonomo e non sempre controllabile, grazie ad un affinità culturale e sociale con gli utenti di internet. Grazie ai “meme”, Grumpy ha totalizzato più di 16 milioni di visualizzazioni nel video di esordio su Youtube. Presto, anche gli occhi azzurro-cielo della gatta saranno brevettati, dopo aver ottenuto un’opzione sui diritti per un film, un ruolo da testimonial per Friskes e un posto nella bestseller list del New York Times. Inoltre, più di 35mila americani hanno comprato le cartoline d'auguri con l'immagine del gatto arrabbiato, 100mila magliette e 100mila peluche in vendita in tutti i grandi magazzini degli Stati Uniti. 

A fine novembre, il gattaccio ha debuttato sullo schermo con Grumpy Cat’s Worst Christmas Ever, il peggior Natale di sempre del gatto scontroso, su Instagram lo seguono in 522.000 fan, la sua pagina Facebook ha più di 6 milioni di like, compare su calendari, tazze e magliette. Grumpy Cat è stato invitato anche in famose trasmissioni e quando è apparso su giornali e Tv per la prima volta, nel 2012 , si è aggiudicato il titolo di "felino più influente ". Adesso, Todd Garner (un noto produttore di commedie statunitensi), avrebbe intenzione di mandare in scena una commedia su un gatto cinico con protagonista proprio Grumpy.

Dopo aver firmato un contratto con Nestlé Purina, oggi il felino è testimonial di Friskies, la marca di bocconcini e croccantini, che le paga quell’auto con i vetri oscurati per gli appuntamenti di lavoro importanti (ne ha scritto il Wall Street Journal, raccontando, con imbarazzo, della vettura assalita dai paparazzi). La gatta è apparsa anche su Time ed è stata intervistata da Forbes, mentre sul sito ufficiale (grumpy cats.com), sono in vendita gadget di ogni tipo: borse, magliette, cuscini. La tazza da latte costa circa 18 dollari. Grumpy ha anche la sua marca di caffè freddo in bottiglia, “Grumppuccino”, disponibile in tre gusti.

Ma tutto questo non basta a spiegare il successo dell’impertinente felino. Il fatto è che Grumpy non è semplicemente una gatta: lei è tutti noi. Anzi: è il peggio di noi. Qui sta il suo vero segreto e potere: rappresenta tutto l’inconfessabile e l’indicibile dell’animo umano, quello che in pubblico nessuno si sognerebbe mai di esprimere. Cioè: l’assoluto disprezzo per il genere umano, la cattiveria e l’intolleranza verso il prossimo. Grumpy fa il muso scuro perché è arrabbiato con l’umanità. Ed è questa la ragione per cui il gatto “brontolone” piace a tutti e in ogni parte del mondo: perché dice ciò che noi non possiamo permetterci di dire, senza fare i conti con le conseguenze legali o essere messi all’indice dalla società.  

Il carattere assolutamente egoista e la visione cinica e cattiva del mondo che fanno di Grumpy uno spietato killer (altro che brontolone) dei nostri simili, viene svelato nel “suo” libro : A Grumpy Book, inserito dal New York Times fra i bestseller,  «tradotto e pubblicato in Italia dalla casa editrice Gribaudo. Un libro che insegna l'arte del broncio e dove dominano battute come queste: «Ho fatto le fusa una volta, è stato terribile». «Adoro il Titanic, il mio personaggio preferito è l’iceberg». «Sei stato isolato dai tuoi amici? Ricordati che neanche io sono tuo amico»; «Sono contento che tu sia nato, adesso sono sicuro che un giorno morirai». Carina, no questa micetta? Un bel antidoto ai sentimenti buonisti e caramellosi di questi tempi di jinglebells e babbinatali.

Del resto, solo un gatto potrebbe dire tali cattiverie e passarla liscia, senza suscitare disgusto e riprovazione. Si sa, al gatto si perdona tutto. Lui si allunga, offre collo e gola alla carezza, si striscia come una maliziosa amante, fuseggia, fa ron-ron con sensualità gattifera e quasi lasciva. Segno inequivocabile di intesa, di reciproca complicità. O forse, astuto segnale che la conquista è riuscita: da qual momento in poi sarà lui a condurre il gioco e potrà chiedere tutto quel che vuole. Sarà banale e scritto mille volte, ma è sempre vero: il gatto, ogni gatto, da quello più puro e raffinato fino al bastardone delle gang di quartiere, richiama subito la libertà, l'arroganza di un essere che, a differenza del cane, non offre solo servigi. Mai infatti un gatto si chiamerà Fido (nome da servotto un po' deficiente). Può essere questo il motivo di tanti secoli di pregiudizi e crudeltà che vedevano negli occhi enigmatici, indecifrabili del felino l'incarnazione del demonio e di ogni spirito malvagio. La libertà, l'irriducibile desiderio di autonomia scambiate per arroganza, ribellione e sfida a ogni autorità. In fondo, è quello che ogni umano sogna.

Oggi, finalmente, si può dire che fu Dio a volere il gatto per permettere all'uomo la gioia di accarezzare una tigre (Joseph Mery). I gatti ci conducono alla scoperta di equilibri pisichici dimenticati, di un rapportro speciale, poetica con la natura. Ecco perché vedere la povera Grumpy così antropormorfizzata al ribasso e ridotta e concentrato di cattiverie umane riporta la storia gattara indietro di secoli, al tempo dei felini serventi di streghe e demoni. Davvero ingiusto che su tale tremendo equivoco si facciano dollari a milioni e ci campi l’industria dei mangimi in scatola.  Grumpy Cat è soltanto nostra malvagia imitazione della libertà e il suo nome è finto come lo spettacolo che la Rete e i social network ci ha costruito sopra. Non è certamente un caso che l’inizio del grande imbroglio della gatta brontolona sia nato proprio qui: il mondo virtuale come il luogo dei delitti perfetti, l’humus ideale per coltivare in batteria i germi mortali calunna e della menzogna. Boiccottiamo Grumpy, in nome della verità e del dovere ad assumerci le nostre responsabilità. Se noi siamo cinici e cattivi è inutile nascondersi dietro un gatto: firmiamo personalmente i nostri insulti e smettiamo di fare ipocritamente le fusa.