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CONSULTAZIONI

Governo del Presidente, il piano B di Mattarella

Governo: il secondo giro di consultazioni è stato apparentemente infruttuoso. Ora i casi sono due: un mandato esplorativo a Di Maio o Salvini (o un altro premier di loro fiducia). Ma i veti incrociati e le maggioranze che mancano rendono difficile questa strada. Altrimenti? Un governo scelto da Mattarella. E poi al voto nel 2019.

Politica 14_04_2018
Il presidente Mattarella al Quirinale

Il secondo giro di consultazioni per la formazione del nuovo governo è stato apparentemente infruttuoso. E c’era da aspettarselo, visto che le forze politiche sembrano ancora ferme alla propaganda e alla tattica pura.

Ma potrebbe anche non rivelarsi del tutto infruttuoso, visto che Sergio Mattarella ha deciso di lanciare un segnale inequivocabile ai partiti: "Dall'andamento delle consultazioni di questi giorni emerge con evidenza che il confronto tra i partiti per dar vita in Parlamento a una maggioranza che sostenga un governo non ha fatto progressi". Il Capo dello Stato ha sottolineato la necessità che "con urgenza" un confronto per trovare una maggioranza in Parlamento "si sviluppi e si concluda positivamente". E ha elencato le emergenze da mettere in cantiere: "Le attese dei nostri concittadini, i contrasti nel commercio internazionale, le scadenze importanti e imminenti nella Unione Europea, l'acuirsi di tensioni internazionali in aree non lontane dall'Italia". La questione siriana, unita alle altre priorità che si affastellano nell’agenda delle cose da fare, potrebbe dunque spingere il Quirinale a prendere un’iniziativa non puramente “notarile” per tentare di dare uno scossone al sistema e per addolcire la linea dei due partiti che hanno vinto le elezioni: Lega e Cinque Stelle. 

La reazione di Silvio Berlusconi ieri subito dopo le consultazioni è servita solo ad inasprire gli animi e a far incrinare il fronte dell’intesa tra Carroccio e Cinque Stelle. L’ex Cavaliere non intende lasciarsi emarginare e vuole essere coinvolto in un qualsiasi governo, ma con pari dignità di interlocutore. Matteo Salvini ne è consapevole e quindi preme perché Luigi Di Maio faccia cadere il veto su Berlusconi o quanto meno consenta la formazione di un governo tra i pentastellati e l’intero centrodestra, che a quel punto potrebbe esprimere il candidato premier, avendo preso più voti del Movimento di Grillo.

Ieri sono saliti al Colle i Presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati e il Presidente Emerito, Giorgio Napolitano. Quest’ultimo non ha negato le difficoltà ("Il compito di Mattarella è estremamente difficile e complesso e nello stesso tempo presenta una sua innegabile urgenza"). Le posizioni dei partiti, però, non sembrano registrare passi indietro o ripensamenti e quindi non si comprende cosa intenda fare nell’immediato Mattarella per consentire al Paese di uscire dall’impasse e di avere un governo nel pieno delle sue funzioni. Sicuramente si prenderà qualche giorno di tempo per riflettere e valutare.

I due scenari possibili appaiono quello di un incarico esplorativo al Presidente del Senato o quello di un preincarico a Matteo Salvini o Luigi Di Maio. Più improbabile l’affidamento di un incarico al leghista Giancarlo Giorgetti, che rischierebbe di diventare per il leader del Carroccio come Paolo Gentiloni per Matteo Renzi, col rischio di eclissarlo. Ma Salvini accetterebbe il preincarico, col rischio di bruciarsi e di riscontrare l’impossibilità di avere i voti in Parlamento per dar vita a un esecutivo?

A quel punto, in caso di suo fallimento, entrerebbe in campo l’ipotesi B, cioè un governo del Presidente, guidato da una figura terza che possa ottenere un mandato limitato per concentrarsi su pochi punti di programma condivisi dal maggior numero di forze politiche. Se la prima ipotesi, quella di un preincarico, si muove nel solco di una soluzione politica, la seconda ipotesi, quella di un governo del Presidente, si muove nella scia di una soluzione istituzionale, che miri a congelare lo scontro politico e a mettere al primo posto le urgenze del Paese, per poi rimandare la battaglia elettorale di 12 mesi, magari in concomitanza con le elezioni europee.

Questa seconda ipotesi è vista con particolare favore da Forza Italia e Pd. I berlusconiani potrebbero evitare di dover consacrare Matteo Salvini leader di tutto il centrodestra e quindi di dovergli consegnare le chiavi della coalizione. Il Pd potrebbe giustificare l’abbandono della linea aventiniana, che sta sempre più stretta ad Andrea Orlando, Dario Franceschini, Michele Emiliano e tanti altri antirenziani. Non è un caso che sia stato proprio Matteo Renzi, nelle ultime ore, a proporre un rinvio dell’assemblea del partito, fissata per venerdì 21 aprile, che dovrebbe prendere decisioni importanti anche sulla sua successione, oltre che dettare la linea da seguire nel processo di formazione di un nuovo esecutivo.

Par di capire, quindi, che un governo politico possa nascere solo tra Cinque Stelle e Centrodestra (se il veto di Di Maio riguardasse Berlusconi, ma non Forza Italia) oppure tra Cinque Stelle e Lega (magari con l’appoggio esterno di Forza Italia). Altrimenti, non essendo disponibile il Pd a soluzioni di accordo politico con i Cinque Stelle, si potrebbe dar vita solo a un governo istituzionale dal basso profilo politico. Girano tanti nomi per un governissimo, ma nessuno, al momento, appare godere della stima bipartisan, quindi è possibile che sia direttamente Mattarella ad estrarre dal cilindro un personaggio super partes gradito a tutti o quasi tutti.