Google multato, ma è l'unico colosso che fa accordi
L’Antitrust francese è la prima autorità a comminare una multa da 500 milioni di euro a Google e dovrà versare congrue somme di denaro agli editori e ai produttori di contenuti per assicurare loro una adeguata remunerazione. Il paradosso è che Google è l’unica azienda ad aver annunciato accordi sui diritti delle news a differenza di altri colossi come Facebook.
La Francia, nell’ottobre 2019, è stata la prima nazione in Europa a recepire la direttiva sul copyright, varata qualche mese prima dall’Ue. Due giorni fa l’Antitrust francese è stata la prima autorità nazionale a comminare una multa da ben 500 milioni di euro a Google per non averla rispettata. O meglio, per non aver rispettato la legge di recepimento emanata dal parlamento francese quasi due anni fa e che attua in pieno i contenuti della regolamentazione europea.
I colossi del web sono obbligati a versare congrue somme di denaro agli editori e ai produttori di contenuti per assicurare loro una adeguata remunerazione. In Francia non l’hanno fatto o almeno è questa la valutazione dell’Authority. Google non ha negoziato “in buona fede” con gli editori della stampa sulla questione relativa ai diritti legati all’uso del loro materiale e così l’autorità francese per la concorrenza ha deciso di infliggerle una multa da ben 500 milioni di euro. Il colosso Usa, spiega l’Authority, oltre a pagare la maxi-ammenda, dovrà anche “presentare un’offerta di remunerazione per l’attuale utilizzo dei contenuti protetti” di editori ed agenzie di stampa. Se questo non dovesse accadere, il rischio per il gigante del web americano è quello di incorrere in nuove, pesanti stangate da parte dell’Antitrust transalpina che possono toccare anche i 900mila euro per ogni giorno di ritardo.
Il colosso di Mountain View non ha gradito e non ha perso tempo per manifestare tutto il suo disappunto, sostenendo che la multa non riflette gli “sforzi messi in campo” per giungere a una soluzione.
La presidente dell’Autorità, Isabelle de Silva, ha commentato: «Al termine di un’indagine approfondita, l’Autorità ha rilevato che Google non aveva ottemperato a diverse ingiunzioni emesse nell’aprile 2020. Innanzitutto, le trattative di Google con editori e agenzie di stampa non possono considerarsi condotte in buona fede, in quanto Google imponeva che le discussioni si svolgessero necessariamente nell’ambito di una nuova partnership, denominata Publisher Curated News, che comprendeva un nuovo servizio denominato Showcase. Così facendo, Google si è rifiutata, come è stato più volte chiesto, di avere una discussione specifica sul compenso dovuto per gli usi correnti dei contenuti protetti da diritti connessi. Inoltre, Google ha ristretto l’ambito della negoziazione senza giustificazione, rifiutando di includervi i contenuti delle agenzie di stampa ripresi dalle testate (immagini, ad esempio) ed escludendo dalla discussione tutta la stampa non Ipg, anche se indubbiamente interessata dalla nuova legge, con il suo contenuto è anche associato a entrate significative per Google».
La sanzione da 500 milioni di euro tiene conto dell’eccezionale gravità delle violazioni osservate e di quanto il comportamento di Google abbia portato a ritardare ulteriormente la corretta applicazione della legge sui diritti connessi che mirava a tenere maggiormente conto del valore dei contenuti degli editori e delle notizie, agenzie incluse, nelle piattaforme.
Il paradosso è che Google viene multata pesantemente, ma è l’unica azienda ad aver annunciato accordi sui diritti connessi e sta per finalizzare un’intesa con Afp, la principale agenzia di notizie in Francia, che include un accordo di licenza globale, oltre che la remunerazione dei diritti connessi per le loro pubblicazioni di carattere giornalistico. Altri colossi come Facebook stanno dimostrando crescente interesse verso l’area delle news, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, nel senso che poi bisognerà verificare la concreta disponibilità delle piattaforme a contribuire alla produzione e diffusione delle notizie professionali, al di là degli obblighi di legge legati ai diritti connessi.
Una vexata quaestio riguarda le anteprime degli articoli dei giornali on line, che Google mette a disposizione dei suoi utenti senza versare alcunchè agli editori, asserendo di fare un favore a questi ultimi in termini di visibilità e pubblicità. Gli editori, invece, invocano un regime diverso, con la possibilità di ottenere compensazioni dai giganti del web.
Il futuro dell’editoria professionale è fortemente legato alla direzione che prenderà l’attuazione della direttiva sul copyright. I governi nazionali dovranno farsi carico di promuovere una negoziazione tra giornalisti, editori, operatori del settore pubblicità e colossi del web, al fine di individuare le soluzioni migliori per aiutare la filiera nel suo complesso, senza privilegiare i grandi gruppi e senza dimenticare gli editori medio-piccoli, il giornalismo di prossimità e tutte le altre esperienze di sana informazione ancorata ai territori e che proprio nella Rete ha trovato lo spazio per abbattere i costi di produzione e per ritagliarsi un suo spazio. Sarebbe profondamente ingiusto se l’applicazione delle nuove norme sul copyright finisse per acuire gli squilibri tra i grandi produttori di informazioni e il resto del giornalismo professionale.