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COMUNISMO

Gogna pubblica in Cina, anche in Italia a qualcuno piace

Cina, a Jingxi, la polizia in tuta protettiva biologica, ha scortato in processione quattro prigionieri, esponendoli alla pubblica gogna. Avevano violato i confini e dunque anche le norme anti-Covid. Anche in Italia l'idea della pubblica gogna piace. 

Esteri 31_12_2021
Cina, i prigionieri esposti al pubblico

Cina, a Jingxi, città della provincia meridionale del Guangxi, la polizia in tuta protettiva biologica, ha scortato in processione quattro prigionieri, sempre in tuta protettiva (vista la diffusione del Covid), per le strade della città. I prigionieri portavano al collo la foto del loro volto, altrimenti irriconoscibile a causa della tuta integrale. E i loro nomi. Si è trattato di una gogna pubblica, come ai tempi della Rivoluzione Culturale, negli anni Sessanta e Settanta. Al di là della tuta protettiva, si direbbe che è una scena d’altri tempi. Ma il messaggio è molto moderno e dovrebbe allarmarci.

I quattro cittadini portati in processione, esposti al pubblico ludibrio, sono prima di tutto sospettati di aver violato la normativa anti-Covid. Su almeno due di loro pende l’accusa di traffico illecito di immigrati. Ma attenzione, potrebbe non trattarsi di “passatori”, come i trafficanti di esseri umani del Mediterraneo, ma anche e solo semplicemente di persone che hanno aiutato qualche conterraneo a passare il confine. Perché, da quando c’è la pandemia, entrare e uscire dalla Cina è sempre difficile, il confine viene aperto e chiuso a singhiozzo, chi entra può essere sottoposto ad una durissima quarantena, chiuso in una stanza, senza finestre, senza contatti umani, come risulta anche dalla testimonianza di italiani. Il passaggio illegale del confine, nell’era Covid, è dunque diventato un reato diffuso, commesso anche da gente comune.

Dal 2007 l’esposizione al pubblico ludibrio dei prigionieri e dei condannati a morte era stata proibita. Anche la stampa ufficiale di Pechino ha stigmatizzato il provvedimento disciplinare delle autorità di Jingxi. Il governo e la stampa locali, invece, sostengono che si sia trattato di un “gesto deterrente e disciplinare” che spingerà i cittadini a collaborare maggiormente con le politiche anti-pandemiche. L’opinione pubblica cinese, per quanto possa esprimersi liberamente sui social network, appare anch’essa molto divisa.

Alla fine “è Cina”, diremmo noi, consolandoci con la lontananza, sia geografica che culturale, del modello cinese. Siamo così sicuri di esser così distanti? Purtroppo, a giudicare dai tweet e dai commenti sui social network di molti influencer, giornalisti e persino politici volevano la gogna per chi violava il lockdown l’anno scorso ed ora la vogliono per chi non è vaccinato. L’esempio più recente ed eclatante è quello del giornalista romano e presidente di Italia dei Diritti, Antonello De Pierro, che su Twitter ha chiesto un “segno distintivo” per marcare i non vaccinati e renderli riconoscibili in pubblico. E alla vigilia di San Silvestro rilancia, proponendo anche un segno distintivo per marcare le case in cui abitano i non vaccinati. Più che una misura di sicurezza sanitaria, non è una gogna, questa? A più alti livelli abbiamo un governatore della Campania, De Luca, quello del lanciafiamme sulla festa di laurea e del napalm sui non vaccinati. E anche nei provvedimenti più seri, realmente applicati, i nomi e le identità dei non vaccinati sono diventati di dominio pubblico, ormai, grazie al Super Green Pass. Quelli che, pur essendo sani, non possono entrare in certi luoghi, perché devono restare “agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci” (parole del virologo Roberto Burioni), sono esposti a una forma di gogna, meno evidente rispetto a quella cinese, ma pur sempre gogna.

E d’altra parte fa parte della filosofia che va per la maggiore, quella del “nudging” (pare che l’attuale inquilino della Casa Bianca ne sia un convinto esponente): dare una “spinta” affinché si faccia la scelta più saggia. Non solo dando un premio a chi la fa, ma anche rendendo la vita sempre più difficile a chi si ostina a non farla. E questo modus operandi porta un po’ di Cina anche fra noi.