Glifosato, perché è innocente eppure è tanto odiato
Il glifosato è un diserbante scoperto e messo sul mercato nel 1975. Non ha mai creato alcun problema sanitario o ambientale. Ma ora è oggetto di un violento attacco mediatico e politico che mira alla sua messa al bando. E Bruxelles se ne lava le mani. Perché?
Cosa è il glifosato? Perché tutti lo odiano?
Un po' di storia. Il gliphosate è la materia attiva del Roundup ® scoperto e messo sul mercato dalla Monsanto nel 1975. Esso inibisce un enzima presente solo nei vegetali e nei batteri e non negli animali. Il brevetto è scaduto nel 1991 e ormai il diserbante è prodotto da numerosi altri produttori nel mondo, in special modo cinesi. L’erbicida si è affermato per le sue alte qualità erbicide e per un basso profilo tossico verso gli organismi animali non bersaglio. Esso, tra l’altro, si è affermato da subito benché all’inizio il prezzo fosse elevato. Il suo uso si è molto sviluppato fuori dall’Europa con l’avvento nel 1996 delle piante geneticamente modificate e per il conseguente abbassamento del prezzo. Sono ormai 40 anni che questo diserbante totale (cioè si deve distribuire su terreno non coltivato) offre un grande servizio all’agricoltura, e non solo, senza aver creato nessun problema sanitario ed ambientale.
Tutto ciò però non ha impedito critiche e polemiche. Perché dei residui sono stati rinvenuti nelle acque superficiali e non in quelle sotterranee dove si capta l’acqua potabile. Solo che i tenori misurati non presentavano nessun pericolo vista la sua bassa tossicità (paragonabile a quella del sale o dell’aspirina). Inoltre la sua degradazione è molto rapida, come lo è quella del suo principale metabolita AMPA. Vi è anche da dire che il residuo AMPA ha due origini, il gliphosate appunto, ma anche i detersivi contenenti fosfati. Creo che sia acquisito che di detersivi nelle acque ne arrivino molti di più del gliphosate usato in agricoltura.
E’ stato accusato di far insorgere delle resistenze, dimenticando che tutti gli interventi che provocano una pressione selettiva generano individui resistenti. A rigore anche la zappa li crea e permette il moltiplicarsi di erbe infestanti resistenti. Aboliamo anche la zappa allora? Comunque il problema delle resistenze è un problema agronomico e lo si risolve in ambito agronomico ruotando l’uso di diversi principi erbicidi ed eseguendo anche lavorazioni meccaniche.
Come ultimo è arrivata l’accusa di cancerogenicità probabile. Chi l’ha stabilità, in modo tra l’altro non molto lineare, è stato lo IARC che è un’emanazione dell’OMS (organizzazione mondiale della sanità). Solo che nessuno ha mai detto che questo organismo per giudicare ha valutato il pericolo e non il rischio (il pericolo di un’inondazione del Nilo esiste, ma il rischio che le acque giungano in Italia non esiste). Il parere dello IARC è stato contestato da tutte le organizzazioni sanitarie di controllo sparse per il mondo, ribadendo che il glyphosate non è mai risultato essere cancerogeno nella totalità degli studi fatti a comitato di lettura Lo stesso parere è stato emesso anche dalla commissione JMPR in una riunione congiunta OMS/FAO. La stessa OMS ha dunque discreditato il parere emesso dallo IARC stesso. Cosa molto grave è che al momento dell’emissione del parere dello IARC non è stato preso in considerazione uno studio epidemiologico eseguito per ben 20 anni su una coorte di 54 mila agricoltori che hanno usato e manipolato il gliphosate e ne è risultato che in nessun caso si è dimostrata una significatività attribuibile al gliphosate. Eppure gli agricoltori sono la categoria più esposta.
Perché questo attacco preordinato? a) Si è voluto attaccare la Monsanto come capro espiatorio di tutta l’industria chimico-sementiera operante in agricoltura ed anche perché è stata la prima a creare Piante Geneticamente Modificate resistenti al gliphosate; b) perché il “principio di precauzione” è divenuto l’alibi di politici in quanto l’opinione pubblica è bombardata dalla disinformazione e quindi manipolata. In tale atmosfera di crescente paura il principio di precauzione è l’alibi della politica politicante. Non preoccupa per nulla il potere politico il fatto che il principio di cui sopra diventi semplicemente un “principio di proibizione”.
L’attacco al gliphosate il fitofarmaco meno tossico in assoluto apre poi la porta ad attaccare tutti gli altri fitofarmaci indispensabili che non hanno lo stesso quadro eco-tossicologico. Cioè si metterebbe a repentaglio la produzione agricola.
Di fronte a questo quadro ed ad un’azione molto ben orchestrata e ben coordinata, le autorità di Bruxelles, le uniche chiamate a decidere il ultima istanza hanno operato in modo che fossero gli Stati Membri a decidere,e quindi si è usata la strategia del procrastinare le decisioni: prima 18 mesi in scadenza il 15 dicembre prossimo e poi con vari turni di votazione intermedi partiti nel giugno scorso che ha portato ora con una riautorizzazione di soli 5 anni quando la prassi, se nulla-osta, è di 15 anni. Insomma viviamo in una società dove il parere scientifico è richiesto solo se supporta una preordinata decisione politica, se invece non lo supporta o lo si ignora o lo si discredita, facendo della scienza carta straccia. Queste sono le società dei nostri paesi sviluppati; esse han dimenticato come hanno fatto a svilupparsi e non si preoccupano delle conseguenze di affidarsi a santoni e a forme di esoterismo o programmare agricolture già applicate obtorto-collo e verificate essere incapaci di lenire la fame ed ovviare alle frequenti penurie di cibo che affliggevano una buona fetta delle nostre popolazione in tempi non troppo lontani. O che ancora affliggono i paesi in via di sviluppo. La cosa incomprensibile invece è che non si comprenda che un uso professionale dei mezzi di produzione a disposizione dell’agricoltura moderna permette di produrre in modo perfettamente ecocompatibile. Se non c’è abbastanza professionalità in agricoltura non si cambia l’agricoltura ma si cambiano gli agricoltori!