Gli Usa rimettono in allerta i B52. Ecco perché
Dissuadere la Corea del Nord. Accettare la prova di forza con la Russia (e smentire che fra Trump e Putin ci sia una vera intesa). Sono questi i motivi della notizia del ritorno in linea dei vecchi bombardieri B-52, simbolo del deterrente nucleare Usa. Per la prima volta dal 1991 saranno in allerta costante.
Sarà la necessità di dimostrare che si può fare qualcosa contro il regime nordcoreano reso in realtà inattaccabile dal possesso di armi atomiche, oppure l’imperativo di far mostrare i muscoli con Mosca nella nuova Guerra Fredda che Trump non può non cavalcare, pena il rischio di impeachment proprio per i suoi supposti rapporti con Vladimr Putin durante la campagna elettorale.
Sembra davvero dipendere dal bisogno di Donald Trump di innalzare sempre di più l’escalation, almeno a parole, con i nemici degli USA la notizia che la Casa Bianca potrebbe autorizzare il ritorno della massima prontezza operativa allarme per la flotta di vecchi bombardieri strategici B-52H. Velivoli con oltre mezzo secolo di vita, più volte aggiornati e già protagonisti dei bombardamenti convenzionali sul Vietnam e in seguito sull’Iraq ancora n servizio in un’ottantina di esemplari e destinati a restare in servizio fino al 2040 secondo i piani dell’Usaf, l’aeronautica statunitense. Secondo Defense One, sito specializzato in questioni militari, il Pentagono si appresta a rimettere i bombardieri strategici nello stato “24-H ready-alert“, cioè lo status di massima allerta operativo disattivato nel 1991, dopo la caduta dell’URSS.
“Più che un pianificare un evento specifico, lo vedo come una risposta alla realtà della situazione globale che ci troviamo davanti e la postura che vogliamo assumere in futuro”, ha detto il capo di stato maggiore dell’Usaf, il generale David Goldfein, che ha specificato che l’ordine non è ancora stato dato ma che i preparativi tecnici sono comunque in corso da parte dello Strategic Command che gestisce l’arsenale nucleare americano. L’allarme di pronto impiego prevede che da diverse basi di rischieramento in tutto il mondo (inclusa Guam, a 3.500 chilometri dalla Corea del Nord) i B-52H restino pronti al decollo con equipaggi parcheggiati con gli equipaggi di 5 uomini pronti a rotazione a partire con il loro carico di armi atomiche, oggi affidate soprattutto a missili da crociera AGM-86 ALCM in grado di imbarcare anche testate convenzionali ma soprattutto lanciabili dai vecchi e vulnerabili bombardieri a oltre 2mila chilometri dal bersaglio da colpire.
Operazioni in corso per il ripristino della massima prontezza operativa dei bombardieri vengono registrate nella base dell'Air Force di Barksdale, in Louisiana, dove sono pronti al decollo 9 B-52H e sede dell'Air Force Global Strike Command, che sovrintende a le forze con capacità nucleari dell’Usaf. "E' un ulteriore passo per assicurarci di essere pronti" ha detto il generale David Goldfein. Il ripristino dello stato di allerta dei bombardieri appare quindi la diretta conseguenza della crisi in atto con la Corea del Nord e del rafforzamento delle capacità militari russe. In realtà però gli USA dispongono già di una rete di allarme precoce in grado di individuare attacchi portati con mezzi aerei e missilistici al suolo americano rispondendo in tempi brevissimi col lancio di missili balistici, anche a testata nucleare, dai silos lanciamissili negli USA o dai sottomarini a propulsione nucleare (che dispongono di missili balistici e da crociera, questi ultimi presenti anche su molte navi di superficie) della US Navy.
Di fatto, anche senza scomodare i decrepiti B-52H, gli USA dispongono del più poderoso strumento di dissuasione, deterrenza e rappresaglia nucleare che la storia abbia mai visto e del tutto in grado di bilanciare gli arsenali russi e il modesto potenziale atomico e i missili intercontinentali di Pyongyang.
Non è un caso forse che la notizia del richiamo in prima linea del B-52H è stato reso noto in concomitanza con l’arrivo in Asia del segretario alla Difesa Usa, l'ex generale James Mattis, atteso a Seul dive andrà presto lo stesso Trump anche se, per ragioni di opportunità, dovrà forse evitare la visita al confine con la Corea del Nord, nella zona demilitarizzata che invece fecero pima di lui tutti i presidenti americani ad accezione di George Bush padre. Ora invece la visita del Presidente al 38° Parallelo è considerata troppo pericolosa. "Non è una questione di sicurezza” hanno spiegato fonti dell’Amministrazione, ma occorre evitare un gesto che agli occhi di Pyongyang potrebbe rappresentare una provocazione.