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L'EDITORIALE

Gli orfani non sono la soluzione ai propri vuoti affettivi

L'obiettivo dell'adozione è garantire il bene del minore, non la soddisfazione dei desideri degli adulti. Nella battaglia delle adozioni c'è in gioco anche il valore della famiglia.

Editoriali 16_02_2011
L’adozione da parte dei single arriva anche in Italia? La notizia è circolata con grande evidenza in queste ore, dopo che la Corte di Cassazione ha depositato una sentenza – la numero 3572 – che riguarda il caso di una donna “sola” di Genova che chiedeva il diritto di adottare una bambina russa. In realtà, la vicenda è complessa: la donna ha vissuto con la piccola due anni nella Federazione Russa,  e ha ottenuto in seguito il riconoscimento dell’adozione negli Stati Uniti, precisamente dal Tribunale della Columbia. Nel caso specifico, dunque, si trattava anche di prendere una decisione intorno a un menage familiare già instauratosi, il che indubbiamente ha il suo peso rispetto alla valutazione del bene del minore da parte dei giudici. Inoltre, la Cassazione non ha acconsentito a una forma di adozione cosiddetta “mite”, cioè non pienamente legittimante.

Tutti questi distinguo, pure importanti, non mutano però la portata politica della decisione, soprattutto considerando che i giudici della Suprema Corte hanno “approfittato” del caso di specie per lanciare nella sentenza una sorta di suggerimento al Parlamento: "Il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, a un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di una persona singola anche con gli effetti dell'adozione legittimante".

Ed è proprio su questo punto che si è scatenata la bagarre mediatica, e che si sono alzate le voci di coloro che da tempo vorrebbero consentire l’adozione anche alle persone singole. Sono stati da più parti evocati gli argomenti a sostegno di questa tesi: è meglio un solo genitore piuttosto che nessuno; è meglio una famiglia, anche anomala e senza padre o madre, piuttosto che vivere in un istituto; ci sono genitori single, ad esempio vedovi o separati, che svolgono il loro ruolo educativo con risultati migliori delle coppie “normali”.

Ma la legge ha il dovere di ragionare secondo standard oggettivi, validi in linea generale,  ammettendo pure le solite eccezioni: siccome lo Stato vuole garantire il bene di un bambino senza genitori, deve porre come condizione di partenza l’esistenza di un padre e di una madre sposati. La vita è strana e complicata, e si può crescere benissimo anche avendo solo la mamma, perché il papà è morto o se n’è andato. Ma quella è una condizione di sfavore, non un modello auspicabile. E ci mancherebbe che lo Stato si mettesse nelle condizioni di pianificare in partenza famiglie dove manca la fondamentale integrazione della figura paterna e di quella materna.

Quando lo Stato italiano ha legiferato in questa materia, ha stabilito che l’adozione si misura a partire dal bene del minore. Ecco perché il desiderio legittimo di un uomo e di una donna di avere un figlio non deve essere tramutato in pretesa e diritto.

Le modalità con cui gli aspiranti genitori vengono oggi vagliati dallo Stato si possono discutere. E qui ci sarebbe molto da ridire sul valore eccessivo delle consulenze  psicologiche, o sulla estenuante serie di verifiche previste dal protocollo di adozione. Paradossalmente, però, di tutti i criteri di accesso, il più oggettivo e il più indiscutibile è proprio quello che esige l’esistenza di una coppia stabile, di un uomo e di una donna che offrano sul piano giuridico e sociale la disponibilità di un luogo sicuro e accogliente, coerente con la struttura intrinseca della famiglia.

Ma c’è dell’altro: la sentenza della Corte di Cassazione potrebbe fare da scivolo a una serie di obiettivi inconfessati, che hanno come denominatore comune la rimozione dell’idea naturale di famiglia. Magari sfruttando l’espediente tecnico-giuridico di ottenere in Italia il riconoscimento di sentenze o leggi che appartengano a stati diversi dal nostro.

C’è un mondo degli adulti che appare sempre più invasato di autodeterminazione e di consumismo dei desideri, un mondo nel quale i bambini vengono trattati più come oggetti che come soggetti. La fecondazione in provetta esprime adeguatamente questa riduzione dell’altro a cosa, a mezzo da usare per un obiettivo personale. E pure nell’adozione aperta ai single si respira quest’aria pesante di autorealizzazione ad ogni costo, questo uso degli orfani come soluzione ai propri vuoti affettivi.

Una scorciatoia per arrivare all’esperienza gratificante della paternità o della maternità, senza passare attraverso l’impegnativa strada maestra di un legame affettivo serio e stabile con l’altro. Quella dell’adozione ai single è una strada che, una volta imboccata, si porterà ovviamente con sé le pretese adottive di lesbiche, gay, singoli o in coppia. Un gioco al massacro che ha, ancora una volta, un solo obiettivo: seppellire per sempre l’istituto della famiglia monogamica.