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ONU

Gli orchi esistono e hanno i caschi blu

Gli orchi esitono: violentano i bambini, torturano, uccidono senza pietà. Ma non si trovano solo fra le milizie irregolari che combattono le guerre civili in Africa, ma anche fra le truppe di peacekeeping francesi e dell'Onu. Succede nella Repubblica Centrafricana, così come in Burkina Faso, Rwanda, Camerun, Haiti. L'inchiesta arriva fino agli alti vertici dell'Onu.

Esteri 17_08_2015
Il generale Babacar Gaye

Ai bambini si insegna che i mostri non esistono. Ma non è vero. Milioni di bambini lo sanno. Nella Repubblica Centrafricana, piccolo paese nel cuore dell’Africa teatro dal 2013 di una sanguinosa guerra civile, per i bimbi cristiani i mostri hanno l’aspetto dei Selaka, i combattenti islamici autori di violenze di massa, torture, omicidi, stupri, senza riguardo per nessuno. Per i bambini musulmani i mostri, gli orchi, sono gli anti-Balaka, milizie di autodifesa organizzate dai cristiani, presto degenerate fino a rendersi responsabili, ai danni della popolazione islamica, delle stesse atrocità compiute dai Seleka. 

Il conflitto tuttora continua, sebbene con minore intensità. Dallo scorso anno a proteggere i civili ci sono i militari della missione francese Sangaris e i caschi blu della Minusca, una missione di peacekeeping ONU. Ma con loro altri mostri sono arrivati. Tra i soldati mandati a evitare nuovi orrori, ce ne sono che a loro volta compiono violenze, omicidi e stupri, infierendo soprattutto su donne e bambini. 

Le prime denunce risalgono all’estate del 2014 quando dei militari francesi sono stati accusati di chiedere prestazioni sessuali a delle bambine in cambio di denaro e cibo. Adesso un rapporto dell’ONU parla di 16 soldati responsabili di abusi su bambini. Indagini sono in corso anche sul contingente militare francese in Burkina Faso, un altro stato africano, dove due soldati sono stati sospesi perchè sospettati di violenze sessuali su minori, inclusa una bambina di soli cinque anni. 

Lo scandalo coinvolge le Nazioni Unite. È stato infatti accertato che i competenti funzionari dell’ONU erano stati informati quasi subito degli abusi commessi dai militari francesi. Lo scorso maggio il vice commisario ONU per i diritti umani Flavia Panzieri ha ammesso che sia lei che l’Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay ne erano da tempo a conoscenza. Panzieri si è poi assunta “la piena responsabilità per non aver dato al problema la necessaria attenzione” e il 23 luglio ha rassegnato le dimissioni adducendo problemi di salute.   

Ma il coinvolgimento dell’ONU va ben oltre. Anche tra i caschi blu Minusca da mesi si sospettano casi di abusi e violenze su minori. Gli ultimi due episodi risalgono a pochi giorni or sono e sono stati  denunciati e documentati con numerose testimonianze dall’organizzazione non governativa Amnesty International. Il 2 agosto, nel corso di un’operazione compiuta da peacekeepers provenienti dal Rwanda e dal Camerun, un militare ha violentato una bambina di 12 anni. Il giorno successivo, per vendicare un commilitone ucciso e nove altri feriti durante un scontro a fuoco con dei civili verificatosi poche ore prima, dei caschi blu sono tornati sul luogo dell’incidente e hanno incominciato a sparare a raffica uccidendo un ragazzino di 16 anni e suo padre. 

Sono state queste ultime denuncie a indurre infine l’ONU a prendere provvedimenti. Il 12 agosto il segretario generale Ban Ki-moon ha chiesto e ottenuto le dimissioni del comandante della Minusca, il generale senegalese Babacar Gaye. Al suo posto ha nominato non più un militare, bensì un alto funzionario ONU: Parfait Onanga-Anyanga, originario del Gabon, al Palazzo di Vetro dal 1998. “Non trovo le parole per esprimere quanta angoscia, rabbia e vergogna provo per le denunce, ricorrenti negli anni, di casi di abuso e di sfruttamento sessuale commessi da forze dell’ONU – ha dichiarato il segretario generale annunciando la nuova nomina – non tollererò nessuna azione che possa suscitare paura invece che fiducia”. Ban Ki-moon ha sottolineato poi che il problema va ben oltre il singolo conflitto e la singola persona. In effetti, la storia delle missioni di peacekeeping è costellata di scandali e violazioni dei diritti umani a spese di coloro che i caschi blu dovrebbero tutelare. Due recenti documenti relativi alla Unmil e alla Minustah, operative rispettivamente in Liberia e ad Haiti, contenuti in un rapporto dell’Ufficio di supervisione interna dell’ONU, denunciano episodi “abbastanza diffusi” di sfruttamento e baratto sessuale, in cambio di cibo, denaro e oggetti. Dal rapporto risultano circa 480 denunce di abusi pervenute tra il 2008 e il 2013 e 51 nel 2014: un terzo riguardano dei minori.  

Il 13 agosto Ban Ki-moon ha quindi convocato una sessione speciale del Consiglio di Sicurezza per discutere quello che ha definito “il flagello dello sfruttamento sessuale”. Inoltre, tramite video conferenza, si è rivolto a tutti i comandanti delle operazioni di peacekeeping richiamandoli alla loro responsabilità di difendere i valori delle Nazioni Unite. Ha promesso d’ora in poi tolleranza zero e zero immunità: “quando le accuse sono provate il personale dovrà essere chiamato a risponderne”. 

L’ufficio ONU che gestisce le operazioni di peacekeeping ha fatto rilevare da parte sua che negli ultimi dieci anni le violazioni dei diritti umani commesse dai caschi blu sono comunque diminuite proprio mentre il loro numero – attualmente sono circa 125.000 – aumentava.