Gli afghani tornano a casa e trovano la guerra
Il rimpatrio di centinaia di migliaia di afghani avviene mentre ancora il paese è instabile. Molti emigranti trovano in patria condizioni di vita estremamente difficili
Dall’inizio del 2018 la Turchia ha respinto 17.000 afghani, 246 sono stati espulsi dall’Europa e altri 900 sono tornati spontaneamente. In tutto sono rientrati in patria 332.000 emigrati. Secondo l’Oim tra il 2012 e il 2017 ne erano ritornati 1,3 milioni dal Pakistan, quasi 400.000 dall’Iran e 67.000 da paesi non limitrofi tra cui la Turchia e quelli europei. Negli ultimi 16 anni, secondo l’Onu, gli afghani rientrati sarebbero oltre 5,2 milioni, per lo più provenienti dall’Iran e dal Pakistan. Ma intanto dall’Afghanistan si continua a fuggire. Nel 2018, 108.440 persone hanno lasciato il paese. Secondo l’Acnur, l’Afghanistan, con 2,6 milioni di cittadini attualmente all’estero per motivi di sicurezza, è il secondo “produttore” di profughi al mondo, seguito dalla Siria. Secondo l’Oim molti rimpatriati vivono sotto la linea di povertà, oltre 100.000 sono senza casa e dormono in tende o per strada, 474.000 sono ospiti di famiglie e di parenti: “Spesso – sostiene Laurence Hart, capo della missione dell’Oim nel paese – soprattutto nelle aree urbane, gli sfollati e i rimpatriati si sistemano in cosiddetti “insediamenti informali”, dove le condizioni sono precarie, con standard di igiene e accesso all’acqua molto bassi”. Soprattutto, il ritorno a casa degli afghani non tiene conto del fatto che il paese non è ancora sicuro: “non c’è pace nel paese – ha spiegato padre Giuseppe Moretti, ex parroco di Kabul – se quotidiani seri parlano di continui attentati, un giorno sì e un giorno no, in termini come ‘la tregua è già finita’, ‘la sanguinosa consuetudine’, ‘una guerra sempre più difficile’, allora il punto è: c’è o non c’è questa guerra? E se c’è, come si possono rimpatriare e giustificare i rimpatri? Allora, si dia un significato alla parola guerra”.