Gli accademici italiani alla corte di Hezbollah
La recente visita da parte di una delegazione italiana di accademici alla corte di Hezbollah in Libano,che è da più parti considerata un’organizzazione terroristica. Che cosa ne ne pensano i nostri ministeri dell'Istruzione degli Esteri?
È con viva preoccupazione che abbiamo appreso della recente visita da parte di una delegazione italiana di accademici alla corte di Hezbollah in Libano. La notizia è stata divulgata nel corso di un telegiornale trasmesso da Al Manar, l’emittente di Hezbollah, e il commento del conduttore durante il servizio video fornisce sufficienti informazioni sui contenuti dell’incontro svoltosi a Beirut tra lo Sheikh Ali Rizq, Capo del Dipartimento di Relazioni internazionali di Hezbollah, e gli accademici nostrani provenienti nondimeno che dall’Università La Sapienza di Roma.
Oltre a sviscerare tematiche inerenti all’attuale situazione libanese e mediorientale, “la delegazione italiana ha presentato alcune proposte e piani di cooperazione accademica e scientifica”. Inoltre, “[gli accademici] hanno invitato lo Sheikh Rizq a visitare l’Italia e ad aprire canali di cooperazione tra le due parti”. La docente che guidava la delegazione - con l’immancabile capo velato -, si è detta “felice di questo incontro con Hezbollah. Quando ritorneremo in Italia, diremo all’Occidente la verità su Hezbollah, di cui molti non sono consapevoli”. Nell’attesa, “abbiamo parlato di stabilire, il più presto possibile, relazioni eccezionali con le università libanesi, in particolare con l’Al Maaref University”, naturalmente legata a Hezbollah. “Abbiamo raggiunto accordi verbali durante questa visita, e sigleremo accordi scritti il più presto possibile”, ha concluso fieramente.
Le motivazioni che hanno indotto degli accademici italiani, come in altre circostanze giornalisti e politici, a porsi come fiancheggiatori di Hezbollah sono di natura ideologica e risiedono nel velo “antimperialista” che continua a ingannare la vista sulle cose del Medio Oriente, e non solo a sinistra. La visita in questione, tuttavia, non può essere derubricata semplicemente come uno dei tanti casi di spiccata propensione verso la cosiddetta e presunta resistenza, termine che chiama direttamente in causa il regime khomeinista iraniano, di cui l’Hezbollah libanese è la principale propaggine regionale.
La visita presenta bensì elementi che non possono non interessare le autorità nazionali competenti: Hezbollah, in estrema sintesi, è da più parti considerata un’organizzazione terroristica; ha svolto e svolge tuttora un ruolo contraddittorio in Siria – dove ha sì combattuto efficacemente l’ISIS, ma è stato anche catalizzatore del conflitto; è accusato di supportare militarmente i miliziani Houthi, che a ben vedere sono la causa principale della regionalizzazione della crisi nello Yemen e degli scontri attualmente in corso; tiene in ostaggio il processo politico libanese da almeno un quindicennio.
Su questo sfondo, “gli accordi verbali” raggiunti durante la visita e l’intenzione di ratificarli in forma scritta “il più presto possibile”, non possono non essere oggetto di indagine e approfondimento, a cominciare dal Ministero dell’Istruzione. Perché cooperare con l’università di Hezbollah? Non si tratta di ordinaria cooperazione accademica tra istituti di due paesi diversi e ad essere implicata è la più grande università pubblica italiana. Inoltre, a che titolo degli accademici invitano in Italia il Capo del Dipartimento di Relazioni internazionali di Hezbollah, offrendosi di aprire canali di cooperazione tra le due parti? Che ne pensano al Ministero degli Affari Esteri?
La comunità sciita libanese è composta anche da figure laiche e religiose moderate, non legate a Hezbollah e di comprovate qualità accademico-scientifiche: è ora di stabilire “relazioni eccezionali” con loro.