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L’APOLOGETA

Gli 80 anni di Messori e l’Ipotesi che ci interroga

Nel bel mezzo del post-Concilio un libro ha rappresentato una svolta per centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo: “Ipotesi su Gesù”. L’autore: Vittorio Messori, un convertito proveniente dagli ambienti laicisti, che con la sua opera meritoria ha richiamato la ragionevolezza della fede. Un ricordo personale per gli 80 anni dell’apologeta.

Cultura 16_04_2021

Quando mi capita di raccontare un poco della mia vita agli altri, devo sempre menzionare di come ci si sia stato un libro che abbia rappresentato per me una svolta importante nell’adolescenza trascorsa nel cristianesimo postconciliare, nutrito di catechismi con molta sociologia ma non troppa teologia.

Questa svolta ha coinciso con il libro Ipotesi su Gesù, pubblicato nel 1976 (45 anni fa, anche qui un anniversario) dallo scrittore Vittorio Messori, un convertito proveniente dagli ambienti laicisti e da una formazione certamente non religiosa. Eppure, quel libro per me, come per altre centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo (fu un clamoroso successo editoriale), fu l’occasione di sondare la ragionevolezza della fede, una fede che è molto esigente ma che spesso indossiamo con grande indifferenza.

Vittorio Messori invece cercava quelle risposte alle tante domande che tutti ci facciamo e quel libro andò senz’altro a colmare un vuoto che nei caotici ultimi decenni a livello ecclesiale si andava sempre più allargando. Da quel momento divenni un fedele lettore dei libri e degli articoli di Messori e devo ammettere che compravo Avvenire solo per leggere la sua rubrica Vivaio che ritagliavo e conservavo. Penso di aver letto quasi tutto quello che ha scritto e non potrò mai quantificare il bene che i suoi scritti hanno fatto a me e a tanti altri che si pongono domande e che attendono risposte che spesso non arrivano.

Qualche anno fa l’ho incontrato di persona per la prima volta nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, dove presentava un altro suo volume, Ipotesi su Maria. Ho potuto sperimentare come tanta gente condividesse la gratitudine che sentivo io stesso verso la sua opera. Ho scritto anche un libricino su Messori (Et Et. Ipotesi su Vittorio Messori) che contiene un’intervista inedita con il grande scrittore. Infatti, da quel primo incontro è nata una bella amicizia che mi ha portato a visitarlo in quel di Desenzano, quando eravamo liberi di muoverci. Un’amicizia che si è estesa a Rosanna, la moglie e la conferma del detto che dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna. Ogni volta che lo incontravo o che ci parlo al telefono non posso fare a meno di provare in profondità quel senso di gratitudine per quanto seminato da questo uomo schivo, che il 16 aprile di questo 2021 compie 80 anni (giorno e mese che condivide con Joseph Ratzinger).

Anni spesi a rincorrere quelle prime ipotesi affacciatesi negli anni di piombo e che ha poi cercato di sondare sempre più in profondità per capire se è Lui quello che doveva venire o dobbiamo attenderne un altro (Mt 11,3). Messori ha ispirato un’intera generazione di scrittori, pronti a seguirne le orme e a non perdersi dietro un’inessenziale quotidianità ecclesiale: per carità, non dico che non possa avere una qualche importanza, ma non ci salveremo discutendo esclusivamente di piani pastorali, sinodalità o sulla simpatia di questo o quel prelato.

L’opera meritoria di Messori ci riporta alle radici del problema, ci riporta a chiederci se la pretesa di Gesù è degna di essere considerata o dobbiamo passare oltre, come molti fanno senza neanche porsi il problema. Dopo decenni come lettore fedele, quella gratitudine che sentivo quel giorno a Sant’Andrea delle Fratte è ancora con me e sono sicuro che alberga nel cuore di tantissime altre persone che hanno incontrato il Signore grazie al lavoro di scavo di questo apologeta che ha capito che la solidità di una casa si saggia a partire dalle fondamenta.