Giuramento liturgico per i futuri preti siro-malabaresi
Aut-aut nella querelle dei riti (e non solo) che infiamma l'arcieparchia ribelle di Ernakulam: celebrare la "liturgia uniforme" o niente ordinazione.
Dall'amministratore apostolico mons. Andrews Thazhath giunge un aut aut ai futuri presbiteri dell'arcieparchia ribelle di Ernakulam: se vorranno essere ordinati dovranno giurare sui Vangeli di celebrare secondo la "liturgia uniforme" stabilita dal Sinodo Siro-Malabarese con l'appoggio della Santa Sede, ma oggetto di rifiuto proprio nel cuore di quella Chiesa sui iuris, fino a richiedere l'intervento di un delegato papale e persino, più volte, delle forze dell'ordine.
Oggetto della disputa che infiamma l'arcieparchia è un parziale ritorno a celebrare rivolti ad Deum, a Oriente (simbolo di Cristo), come è tipico dei riti orientali (e anche di quelli occidentali, almeno fino agli anni '70 quando si impose capillarmente la celebrazione verso il popolo), per chi si fosse perso la "storia infinita" di cui abbiamo parlato anche qui su La Bussola. Il rifiuto della quasi totalità del clero di Ernakulam si intrecciava anche a malcontento verso l'arcivescovo maggiore, card. George Alencherry.
La lettera di mons. Thazhath, del 23 novembre, punta a risolvere il problema a partire dalle nuove leve del clero: «Ai diaconi, sia eparchiali [diocesani] sia religiosi sarà permessa l'ordinazione presbiterale soltanto se adotteranno la risoluzione di obbedire all'autorità ecclesiastica e celebrare lecitamente la Santa Qurbana [la Divina Liturgia] siro-malabarese secondo la modalità "uniforme" sancita dal Sinodo» (ricordiamo al lettore, a scanso di equivoci, che non si tratta qui del Sinodo sulla sinodalità, bensì dell'insieme della gerarchia di rito siro-malabarese). Segue il testo del giuramento, in cui il futuro presbitero si dichiara anche «consapevole delle sanzioni disciplinari, compresa la sospensione o la dimissione dal ministero sacerdotale in caso di disobbedienza».