Giornalismo online, la gratuità non rende
Se l'editoria tradizionale è in affanno e quella online non decolla, una delle ragioni è che negli ultimi venti anni abbiamo assistito a una progressiva svalutazione dei contenuti giornalistici. La gratuità del Web, col potenziamento dei motori di ricerca, non regge più alla prova dell'economia.
I nodi prima o poi vengono al pettine e se oggi l’editoria cartacea è in affanno e l’informazione on line non decolla, una delle ragioni è che negli ultimi vent’anni si è assistito a una progressiva svalutazione dei contenuti giornalistici. I modelli di business pensati per i media tradizionali appaiono superati e la filiera di produzione e distribuzione delle news fa fatica a individuarne degli altri che possano reggere agli urti di un mercato volatile, anarchico e fortemente condizionato da interessi commerciali.
Nel mare magnum della Rete viaggiano fiumi di notizie, indifferentemente prodotte da giornalisti e da non giornalisti, che diventano quasi sempre fruibili in maniera gratuita. Ma per produrre quelle notizie gli editori hanno investito risorse nel lavoro giornalistico e nella predisposizione della macchina editoriale e i giornalisti hanno messo a frutto la loro professionalità e la loro creatività. Prima dell’avvento dei motori di ricerca, i siti on line, forse peccando di miopia, hanno puntata alla gratuità delle notizie in Rete, confidando negli introiti pubblicitari, che però solo in alcuni casi consentono di coprire i costi e di realizzare ricavi. Ora che quei contenuti vengono indicizzati da soggetti come gli Over the top (Google in primis), che però non contribuiscono ai costi di produzione, il sistema appare ancora più sbilanciato e genera frizioni crescenti.
Ma nei giorni scorsi si sono registrati alcuni segnali di novità, destinati a incidere sulla risoluzione del braccio di ferro, che ormai si trascina da anni, tra editori e motori di ricerca. Non è un mistero che la Federazione italiana editori di giornali (Fieg), soprattutto per bocca del suo presidente Maurizio Costa, abbia invocato a più riprese una disciplina rigorosa in materia fiscale e di tutela del diritto d’autore per i contenuti giornalistici indicizzati dai motori di ricerca. E non è un mistero neppure il fatto che Google e gli altri aggregatori di contenuti abbiano fatto per lungo tempo orecchie da mercante, continuando a incrementare i propri introiti pubblicitari, facendo leva sulla mancanza di normative nazionali ed europee in materia.
Forse, però, anche i motori di ricerca si stanno rendendo conto che, seguitando a drenare risorse pubblicitarie da un mercato ormai prossimo al collasso, come quello delle news, il rischio è che fra un po’ quelle news non vengano più prodotte in maniera professionale ma solo con criteri amatoriali dai cosiddetti “prosumer”, cioè da tutti i milioni di utenti della Rete che ricevono informazioni, le divulgano, le commentano, le propongono alla loro comunità virtuale. Il che comporterebbe l’eclissi del giornalismo professionale.
Ed è anche per questo, forse, che Carlo D’Asaro Biondo, presidente delle relazioni strategiche di Google in Europa, ha apertamente dichiarato la disponibilità a trattare con gli editori sulla ripartizione dei ricavi pubblicitari. Il presidente della Fieg Maurizio Costa aveva per l’ennesima volta chiesto al colosso delle ricerche su Internet di sedersi a un tavolo per trattare i diritti degli editori, domandando anche che Google "ci paghi i nostri prodotti editoriali che immette nel suo sistema".
Ora l’over the top assicura che è pronto a discuterne, pur precisando che "noi facciamo una cosa molto diversa da utilizzare contenuti altrui, noi indicizziamo quei prodotti, nel senso che permettiamo all’utente che fa richieste su un dato argomento di accedere alle fonti che di quell’argomento trattano, ma è sempre l’editore che sceglie se e come i suoi prodotti devono essere indicizzati, se chi naviga può disporre di un intero articolo o solo di una parte, se la lettura sul sito dello stesso editore è gratuita o a pagamento". E aggiunge: "La nostra è solo una forma di promozione. E ovviamente siamo sempre disponibili a lavorare con gli editori per sviluppare nuovi prodotti che possano massimizzare i loro introiti: sia che si tratti di accessi a pagamento, sia di inserzioni pubblicitarie".
Altro fatto nuovo è che il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), in un’intervista, ha preso una posizione chiara sul punto: "Il concetto di gratuità assoluta, che andava bene per una fase pionieristica del web, non è più adeguato. Poi, sul come arrivare al pagamento o valutare la redistribuzione dei ricavi dall’uso della Rete rispetto a chi sostiene i costi, editori compresi, io non mi avventuro. Dico solo che i prodotti editoriali hanno un costo che va pagato da chi ne trae utilità". Non ci sono dunque più dubbi sul fatto che anche il presidente dell’Agcom auspichi una revisione della normativa europea in materia di copyright, proprio al fine di stabilire regole certe per chi sfrutta i contenuti editoriali, anche audio-video, prodotti da altri.
Questo discorso riguarda soprattutto i grandi editori, che hanno marchi forti e che assistono spesso impotenti, in vari Stati d’Europa, al saccheggio di tali contenuti da parte degli over the top. Gli editori minori, invece, valutano positivamente il modello di Google, che finisce per amplificare la diffusione di notizie e commenti altrimenti confinati nel recinto di una scarsa fruizione. Ma questo gioco a somma positiva per piccoli editori e motori di ricerca non può far perdere di vista la questione cruciale, che è duplice: coinvolgere gli over the top, come peraltro già si sta in parte facendo, nello sviluppo di prodotti comuni con gli editori, affinchè vengano redistribuiti costi di produzione e ricavi pubblicitari derivanti dalla fruizione delle news; valorizzare il lavoro dei giornalisti, anche attraverso l’ottimizzazione delle tecnologie più evolute, e introdurre criteri di effettiva distinguibilità tra giornalismo fatto con criteri professionali e informazioni divulgate con spirito amatoriale e senza i necessari e imprescindibili filtri di attendibilità.
Ma al tavolo della condivisione di nuovi progetti editoriali dovranno sedersi, non solo gli editori e gli aggregatori di contenuti, ma anche i giornalisti, purchè dimostrino di volare alto rispetto alle sterili rivendicazioni di piccolo cabotaggio e si impegnino a rilanciare la sfida della competenza e della deontologia come principale valore aggiunto della loro opera professionale.