Gestapo igienista: multa a mamma per un bacio al figlio
Libertà calpestata e fisime igieniste da Covid a Reggio Emilia: dopo mesi di quarantena, al primo incontro protetto una mamma "esplode" con baci e abbracci al figlioletto. L’educatrice che assiste per i servizi sociali chiama i carabinieri perché non rispetta il distanziamento: multa di 400 euro. La coop sociale in silenzio si nasconde dietro la legge. Che è ingiusta. La legale: «Assurdo, in carcere gli incontri sono più tutelanti. Cosa è più importante? Un rischio Covid inesistente o che il bambino si relazioni con la mamma?». Alla fine la vittima è sempre la famiglia.
La “gestapo” igienista non perdona e la mamma che non vede il figlio da 4 mesi viene multata: niente baci e abbracci. Così a una donna di Reggio Emilia i carabinieri hanno comminato una multa da 400 euro, ma 280 - bontà loro - se pagata entro il mese, al termine di un incontro protetto avvenuto all’interno di una cooperativa sociale. L’episodio è stato denunciato da Elisa Fangareggi, legale della donna, che attraverso la Fondazione Time4life segue il caso della mamma alla quale 4 anni fa il tribunale dei minori ha tolto il bambino su segnalazione dei servizi sociali di Reggio Emilia.
Una storia che mescola il terrorismo da Covid e la difficile gestione dell’autorità genitoriale in capo ai servizi sociali. Come gestire gli incontri protetti tra madre e figlio al tempo del Covid? E come conciliare il diritto di un genitore e un figlio a trasmettersi anche l’affetto con un contatto fisico senza per questo mettere a rischio la salute? Interrogativi che possono essere legittimi, ma che dovrebbero essere armonizzati da un principio superiore, quello della vicinanza tra madre e figlio nonostante la legge – assurda, che penalizza i congiunti di sangue non conviventi, ma non altre forme di coabitazione sotto lo stesso tetto – sul distanziamento sociale.
Forse a Reggio Emilia sarebbe bastato un po’ di buon senso, per evitare a una povera mamma di essere umiliata e dover sopportare, dopo l’affronto di non potersi prendere cura del figlio, anche questa prova. Chiudere un occhio è ancora una disobbedienza razionale e compatibile con il rischio calcolato di una pandemia ormai solo mediatica e governativa o è il contravvenire a una dura legge draconiana della contemporaneità in cui la libertà è comunque limitata?
La storia inizia con il racconto fatto dalla Fangareggi attraverso la sua pagina Fb, che è stata immediatamente riempita di commenti indignati: «Assistiamo da tempo una mamma a cui il Tribunale dei Minori, su istanza e segnalazione dei servizi sociali, cui la stessa si era rivolta alla ricerca di aiuto, da tempo hanno tolto il figlio di anni 9. La mamma non ha alcun precedente penale, non ha mai fatto uso di sostanze stupefacenti, è semplicemente e discrezionalmente ritenuta “inadeguata”».
Ebbene: «I servizi stabiliscono ormai da anni che può incontrare il suo bambino solo un’ora a settimana. In periodo di Covid 19 le visite sono state annullate e sostituite da sterili e difficoltose videochiamate. Ieri (mercoledì, ndr) era il grande giorno in cui avrebbe rivisto il suo bambino dopo 4 mesi e fremeva alla sola idea di poterlo di nuovo avere per un attimo tra le braccia. L’incontro era previsto si svolgesse in struttura protetta ed in particolare nel giardino antistante un'unità locale della Cooperativa Dimora di Abramo cui sono state appaltate le funzioni di assistenza sociale, il tutto coadiuvato dalla presenza di un’educatrice della stessa Cooperativa».
Prosegue la Fangareggi: «Appena inizia l’incontro, mamma e bimbo si abbracciano, si baciano, si stringono. A quel punto l’educatrice interviene, pretende il distanziamento sociale, l'uso delle mascherine e cerca di impedire il contatto tra mamma e figlio; l'educatrice non vuole sentire ragioni e richiede l'intervento immediato dei Carabinieri per interrompere l’incontro e far verbalizzare che i due congiunti, pur essendo in luogo aperto, pur avendo lo stesso sangue nelle vene, non rispettano le distanze di sicurezza».
Così devono arrivare le forze dell’ordine le quali constatano che mamma e bimbo si toccano, sono vicini e hanno bisogno di comunicarsi quanto si vogliono bene stringendosi pelle a pelle. Ma «alla mamma viene comminata una sanzione e, dulcis in fundo, l’educatrice le comunica che provvederà a valutare se sospendere gli incontri con il figlio».
Il racconto della donna non è stato smentito dalla Coop Dimora d’Abramo, che però ha fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni «né formali né informali». La Nuova BQ infatti ha contattato il suo presidente Luigi Codeluppi per un chiarimento, ma siamo stati dirottati sul portavoce, il quale ha comunicato il rifiuto della coop sociale a dare una posizione. Quel che è certo è che la coop non si sente di aver infranto alcuna legge, anzi di aver agito legalmente. «E questo è vero - prosegue la Fangareggi alla Nuova BQ -. I carabinieri infatti mi hanno spiegato che non potevano fare diversamente, essendo stati obbligati a intervenire. Quel che discuto è l’opportunità della decisione di chiamare i carabinieri come se si trattasse di un reato di abuso».
Buon senso o rigore? Cuore o fredda ragione? «A quell’educatrice - prosegue l’avvocato - mi permetto di ricordare che l’abbraccio è il primo gesto del cuore che educa e cura. Tanto più che tutta questa severità proprio non sembra giustificata dato che di bambini ricoverati per Covid non ce ne sono e stando a quanto disposto dall’OMS gli asintomatici non sarebbero neppure contagiosi».
Invece è scattata la tagliola e questo la dice lunga sulla pericolosità illiberale di molti provvedimenti assunti dal Governo in questi mesi di lockdown e sullo scadimento dei rapporti interpersonali che questi decreti provocano nelle relazioni umane. Ovviamente nessuno – nemmeno l’educatrice – pensava che saremmo stati investiti da un serio rischio di contagio tra i due. Si sarebbe potuto chiudere un occhio e infrangere una legge assurda? Probabilmente sì, ma, torniamo alla differenza tra chi usa il freddo calcolo e non il cuore, ci si sarebbe assunti la gravosa responsabilità di aver favorito un contagio più che improbabile. Inutile scomodare Antigone – per così poco? – e Socrate, anche perché il filosofo greco di fatto è una vittima, al pari della madre, che ha accettato la legge ingiusta, pagando la multa. Però a Norimberga i gerarchi ammisero di aver obbedito a leggi ingiuste, rendendosi così complici del male. Ogni tanto bisognerebbe ricordarlo.
«Anche se non vivono insieme, madre e figlio sono congiunti, ma ciò che più mi indigna – prosegue amareggiata la donna – è constatare come sia più importante una più che discutibile premura di tipo sanitario al favorire l’affetto tra una madre e un figlio in una situazione di grande sofferenza e privazione protrattasi nel tempo. Che cosa è più importante sul piatto della bilancia? Tutelare il bambino dal Covid, che comunque secondo la scienza non avrebbe neanche potuto prendere, o favorire il rapporto tra una mamma e il suo bambino? La reazione è stato un pretesto per portare il genitore all’esaurimento».
Ecco il punto: in carcere, gli incontri protetti sono più tutelanti. Ma in questi contesti si ha sempre l’impressione che a rimetterci sia il genitore privato del figlio. «Il bambino stava abbracciato alla sua mamma, che non è mai stata accusata di abusi. Da ragazza madre aveva soltanto chiesto aiuto ai servizi sociali perché l’aiutassero col bambino dato che non riusciva a gestirsi con i turni di lavoro. Sulla base di una presunzione di inadeguatezza, il bambino le è stato tolto e adesso non può nemmeno “scaldarsi” con il suo affetto quell’unica volta al mese che le viene concesso».
Lei sopporta con dignità, non è violenta né ha risentimenti, «ma quella di colpire la figura genitoriale è una dinamica che abbiamo visto all’opera anche a Bibbiano - conclude -. Ma se vedo che in una famiglia ci sono criticità da sistemare, identifico punti critici e cerco di risolverli per far sì che la mamma possa prendersi cura pienamente del suo bambino. Non faccio di tutto per allontanarla da lui come inadeguata». E adesso anche come potenziale “appestata”.