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USA

Gender, la lotta continua anche nelle toilettes

Il comune di Charlotte vara una legge per consentire ai transgender di entrare nella toilette (maschile o femminile) di loro scelta. Multe pronte a fioccare. Allora la North Carolina rettifica con una legge che impone una distinzione in base al sesso indicato sul certificato di nascita. E parte il boicottaggio.

Editoriali 16_04_2016
La campagna per i diritti alla toilette

Si chiama “legge per la riservatezza e la sicurezza degli esercizi pubblici”. Il 23 marzo lo Stato del North Carolina ha varato una legge che impone nei bagni, negli spogliatoi e nelle docce in comune che l’accesso avvenga soltanto in base al sesso della persona così come indicato sul certificato di nascita.

La misura ha suscitato un putiferio da parte delle organizzazioni LGBTQ e dei loro alleati. Senza averne titolo, in febbraio il consiglio cittadino di Charlotte, la città più importante dello Stato, aveva varato un’ordinanza che stabiliva che le persone transgender potessero usare i bagni corrispondenti al genere con cui si identificavano, una misura che rischiava di portare a multe per oltre 23.000 esercizi in caso di mancato adeguamento. Per questo è intervenuto lo Stato, attraverso la nuova legge. Contro si è schierata la lega professionistica della pallacanestro che ha minacciato di non svolgere in North Carolina la finale degli All-Star Game se la misura non verrà ritirata. PayPal, il colosso dei pagamenti online, e Deutsche Bank hanno dichiarato di ritirare i propri investimenti. Critiche severe sono giunte dalla Apple e da Google. A rischio sono anche numerosi eventi, mentre i cantanti Bruce Springsteen e Bryan Adams hanno annullato i loro concerti. Nel frattempo due persone transgender e una professoressa di diritto lesbica hanno già promosso una causa legale contro il provvedimento. Dal momento che nel North Carolina l’intervento di falloplastica e vaginoplastica consentono rispettivamente ad una donna ed un uomo il cambio del sesso sul certificato di nascita, la misura non si applica ai soggetti transessuali, ma soltanto alle persone transgender, cioè a quanti soffrono di una disforia di genere che però hanno mantenuto gli organi sessuali naturali.

Charlie Comero è nato femmina, oggi è un transgender, si sente, si veste e si comporta come un uomo. Costretto dalla nuova legge a frequentare i bagni per donne, ha preparato dei bigliettini per le signore che avessero qualcosa a ridire, scambiandolo per un uomo. C’è scritto: “Mi chiamo Charlie. Sto seguendo la legge che è stata varata il 23 marzo. Sono un uomo transgender che in questo momento preferirebbe usare il bagno degli uomini. Probabilmente questo è spiacevole per entrambi. Per favore contatta il tuo rappresentante nel parlamento dello Stato e fagli sapere che sei contro il provvedimento”. Comero si lamenta per l’imbarazzo ed il timore per sé e per gli altri quando deve andare nei bagni per donne, dato il suo aspetto maschile. 

Questo episodio suscita almeno due considerazioni. I paladini dei diritti dei trans, che si oppongono alla legge, pensano all’imbarazzo di Charlie Comero e degli altri transgender, ma sembrano non pensare all’imbarazzo che possono provare dieci o venti, o anche solo una donna nuda in uno spogliatoio davanti ad una persona apparentemente del loro stesso sesso, ma che ad un certo momento mostra la “terza gamba”. Può l’imbarazzo transgender essere privilegiato a tal punto?

La seconda considerazione ha a che fare col diritto di rifiutare un lavoro. Perché a Bruce Springsteen si riconosce il diritto di non fornire la propria opera per seguire i propri convincimenti politici senza minimamente pensare ad una qualche sanzione, mentre ai pasticceri Aaron e Melissa Klein le autorità hanno imposto una multa di 135.000 dollari per avere seguito le proprie convinzioni religiose non confezionando una torta per un matrimonio gay? Strana asimmetria che sembra contraddire la tesi che le rivendicazioni gay non tolgono nulla a nessuno, ma danno più diritti a tutti.