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La guerra

Gaza, raid di Israele contro una scuola Onu: “Un covo di Hamas”

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Diciotto morti nell’attacco dell’esercito israeliano alla scuola al-Jaouni di Nuseirat, gestita dall’Unrwa. Per l’Idf nove delle vittime erano miliziani di Hamas, di cui tre membri della stessa agenzia Onu per i profughi palestinesi.

Esteri 13_09_2024
Foto d'archivio, attacco a scuola di Nuseirat (giugno 2024, Ap via LaPresse)

Ancora un attacco ad una scuola. Ancora donne e bambini uccisi dalle bombe sganciate dagli aerei. E ancora una volta, la consueta giustificazione dell'esercito israeliano: «L’azione militare era diretta contro i terroristi che operavano all’interno di un centro di comando e controllo di Hamas». Dall'inizio della guerra, la scuola maschile al-Jaouni a Nuseirat, nella Striscia di Gaza, è stata colpita dalle incursioni israeliane per ben cinque volte. L'istituto scolastico, uno dei tanti gestiti dall'Unrwa, un organismo delle Nazioni Unite, ospita decine di migliaia di palestinesi cacciati dalle loro case, dopo che le loro abitazioni sono state completamente distrutte. Diciotto le vittime. Morti che presto saranno dimenticati e che vanno ad aggiungersi, dopo 341 giorni di guerra, alle oltre 41.000 persone uccise – secondo il computo di Hamas – e alle 95.125 rimaste ferite, molte delle quali in modo grave.

Le forze di difesa israeliane (Idf) hanno dichiarato che l'attacco mirava ad un centro di comando di Hamas, situato all'interno della scuola, che secondo Israele veniva utilizzata dal movimento islamista palestinese per progettare e realizzare attacchi contro obiettivi ebrei. Tra le 18 vittime l’Idf avrebbe identificato nove miliziani di Hamas, di cui tre sarebbero stati anche membri dell'Unrwa.

Da parte sua, il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, ha condannato «tutti gli attacchi aerei che prendono di mira i civili e le strutture delle Nazioni Unite». Il ministero degli Esteri del Qatar ha fermamente disapprovato il bombardamento israeliano su Nuseirat e, in una dichiarazione condivisa su X, ha definito l'attacco un «orribile massacro» che conferma «l'approccio criminale di Israele e il suo disprezzo per i principi del diritto internazionale umanitario». «Ribadiamo la richiesta di un'indagine internazionale urgente, compreso l'invio di investigatori indipendenti delle Nazioni Unite per accertare i fatti riguardanti i continui attacchi dell'occupazione contro scuole e rifugi per sfollati», ha affermato il dicastero del Qatar.

Ma c'è un piccolo giallo. Il portavoce militare israeliano, in lingua araba, Avichay Adraee, ha pubblicato sui social un messaggio che, a suo dire, riguarda «le accuse e le bugie» che sono state diffuse sull'attacco israeliano alla scuola al-Jaouni di Nuseirat. «Le forze israeliane – sostiene Adraee – avevano ripetutamente chiesto maggiori informazioni all'Unrwa sui sei membri dello staff che poi sono rimasti uccisi nell'attacco, ma i responsabili della struttura dell'Onu non hanno mai risposto alle domande, che gli sono state ripetutamente poste». «Piangiamo la perdita di altri sei colleghi. La carneficina a Gaza deve cessare», è tornato a chiedere su X il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Sia nella Striscia che nella Cisgiordania, l'esercito israeliano non rispetta più le regole d'ingaggio. Si spara e si distrugge tutto. I carri armati radono al suolo tutto ciò che incontrano lungo il loro tragitto. È quanto è accaduto a Jenin, una città di 50 mila abitanti a cui si aggiungono le oltre 10 mila persone del campo profughi. Quella dell'esercito israeliano è da ritenersi l’operazione più massiccia avvenuta in territorio palestinese negli ultimi vent'anni. L'obiettivo principale è di decapitare le fazioni armate che hanno la loro roccaforte nella città. Un'operazione voluta e sostenuta dallo stesso ministro ultraortodosso della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir. Una vendetta militare dopo la recente uccisione di quattro coloni in Cisgiordania.

Odio chiama odio. Il rancore dilaga, mentre la pietà muore e la vendetta sollecita la ritorsione in una spirale perversa. La violenza non ha in sé una giustificazione e genera le sue conseguenze prima di tutto sugli innocenti. Ed ecco che i giovani di Jenin, e non solo, che prima frequentavano le scuole e le università, oggi, invece, imbracciano le armi per rispondere alle aggressioni. Si armano per non essere da meno dei coloni, che il governo Netanyahu ha fornito di armi a sufficienza, facendoli diventare un piccolo, ma agguerrito esercito senza controllo.

Progressivamente la Cisgiordania si sta trasformando in una seconda Gaza. Si moltiplicano le vittime nell'indifferenza e nel silenzio internazionale. E dalle varie cancellerie arrivano solo vani e sterili inviti, mentre Israele procede nel suo cammino di morte e distruzione.

A Jenin, il giovane Yassin Hassan aveva acquistato, con enormi sacrifici, un carretto da utilizzare come venditore ambulante. Voleva lavorare, farsi una famiglia, avere dei figli. Ma tutto ciò che sperava è rimasto un sogno. Un carro armato israeliano, durante un rastrellamento, ha distrutto tutti i suoi sogni. È stato schiacciato da un blindato. Quel giorno, Yassin Hassan era al mercato e i veicoli militari hanno abbattuto diverse bancarelle, situate nell’Hisbah, lontano dalla strada principale. Non rappresentavano un ostacolo per le pattuglie, e nelle loro vicinanze non si erano verificati incidenti o scontri, eppure le hanno demolite e bruciate.

A Jenin, c'è una parrocchia del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Il patriarca Pierbattista Pizzaballa ha voluto incontrare i fedeli. Accompagnato dal vicario generale, William Shomali, ha voluto portare la sua solidarietà e pregare con loro. «Sono qui per stare con voi e affermare che non siete soli. Anche se affrontiamo tempi duri, la disperazione non è un'opzione. Questi edifici saranno ricostruiti. Esorto la comunità cristiana di Jenin e delle aree circostanti a rimanere unita ed intensificare la preghiera affinché ci possa essere pace in questa terra».

Jenin non è più la stessa. L'aiuola di una rotonda stradale è stata utilizzata come cimitero. Le strade sono completamente distrutte, i lampioni delle vie abbattuti e ciò che rimane di abitazioni e scuole sono solo cumuli di macerie. Il campo profughi è illuminato dalle torce. Anche le strutture parrocchiali hanno subìto ingenti danni, ma «questi edifici saranno ricostruiti», ha detto il patriarca incoraggiando i fedeli presenti.

Ora, nel mirino dell'esercito israeliano ci sono anche Tulkarem e Tubas. I cecchini hanno preso possesso dei punti strategici, mentre la fanteria perlustra casa per casa; ieri mattina, cinque giovani sono stati uccisi da un drone a Tubas. Cinque vittime che si aggiungono al lungo elenco di morti ammazzati.



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