Gay nella scuola, la Guerra va avanti
Il viceministro Guerra fa finta di non sapere nulla dei tre volumi dell'UNAR preparati per "instillare" l'ideologia di genere nelle scuole. Ma un documento del Ministero dell'istruzione la smentisce.
Solo qualche giorno fa abbiamo analizzato il contenuto di tre volumi dal titolo “Educare alla diversità” pubblicati sotto l’egida dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), organo che dipende dal Dipartimento Pari Opportunità, il quale a sua volta fa riferimento al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. I tre volumi perseguono lo scopo di “instillare” – per usare un termine presente nei testi – l’ideologia gender nelle menti degli alunni delle scuole elementari, medie e superiori.
«Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza». Questo è il commento di Maria Cecilia Guerra, vice ministro del Lavoro e Politiche Sociali con delega alle Pari opportunità, cioè l’ente che ha posto il suo logo sulla prima pagina di questi tre tomi, quando la notizia di questi aberranti volumi ha cominciato a circolare.
La Guerra ha trovato come capri espiatori di questa operazione l’Istituto Beck – il vero e proprio soggetto che ha redatto i libri dello scandalo – e l’UNAR: “L’Istituto Beck sulla base di un contratto con l’UNAR che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari opportunità nel luglio 2013, ha prodotto il kit per insegnanti. L’UNAR ha poi autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio - Pari Opportunità senza che il direttore me ne desse alcuna informazione”. Da qui la decisione di inviare “una nota formale di demerito al direttore dell’UNAR, Marco De Giorgi”.
Non solo il Dipartimento di Pari opportunità non sarebbe stato avvisato, ma nemmeno il Miur, cioè il Ministero dell’istruzione. Infatti il vice ministro aggiunge che “non è accettabile che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur”.
La Guerra si è stracciata le vesti dunque per una questione meramente procedurale? Solo perché lei e il Miur non erano stati avvisati? Oppure oltre a tale difetto formale il vice ministro esprime anche riserve sul contenuto di questi libri? “Una materia così sensibile – tiene a precisare la Guerra – richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla! Sono convinta che l’educazione alle diversità sia cruciale”, però “la finalità non deve mai essere quella di imporre una visione unilaterale del mondo, quanto di sollecitare nei giovani senso critico, rispetto di ogni specificità e identità, a partire da quelle che coinvolgono l’ambito affettivo e valoriale”.
Detto in soldoni: l’UNAR ha fatto una gran porcata sia perché non ci ha informati sia perché soprattutto il contenuto di questi libri pare proprio essere a senso unico, animato da una chiara impronta ideologica.
Ma le cose stanno davvero così? La Guerra pare che non la racconti giusta. Sull’aspetto formale - la mancanza di approvazione dei testi da parte dei ministeri interessati – non ci pronunciamo più di tanto anche se appare difficilmente credibile che notizia di una simile operazione non sia arrivata alle orecchie di nessuno dei piani alti. E poi come si fa ad ipotizzare l’esistenza di un funzionario o di un ricercatore dell’Istituto Beck così ingenuo da non prevedere che prima o poi tutta l’operazione truffaldina sarebbe stata scoperta? Impegnare con tanto di logo un ministero nella speranza che nessuno si accorga di nulla non lo farebbe nemmeno il più sprovveduto degli sprovveduti. Insomma, la storia per come ci è stata venduta dal vice ministro puzza un po’ di bruciato.
Ma la puzza di bruciato si fa più intensa e rivela l’esistenza di un vero e proprio incendio se ci spostiamo dal piano formale a quello sostanziale. La Guerra come abbiamo visto prende le distanze dal contenuto di questi tre libri e fa intendere che anche il Miur la pensa come lei.
Però se andiamo a rileggere alcune sue affermazioni recenti in merito ad omosessualità e teoria gender da insegnarsi a scuola, scopriamo che i giudizi espressi dalla Guerra collimano alla perfezione con le indicazioni didattiche contenute nei volumi “Educare alla diversità”.
Nell’articolo “Genitori in Guerra contro il viceministro” di nemmeno un mese fa, avevamo riportato il parere favorevole del viceministro non solo sulle adozioni gay, ma anche sulle Linee guida per i giornalisti in tema di omosessualità (una vera e propria censura alla libertà di espressione) e sul documento “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”, strategia che – come riportato in quell’articolo – era stata “partorita all’interno del suo dipartimento ed elaborata sempre dall’UNAR, e mira ad estendere l’ideologia di genere in tutti gli ambiti del vivere civile: dalla scuola al lavoro, dai mass media alle istituzioni sanitarie”. Dunque il suo dipartimento insieme al reprobo UNAR ha confezionato una serie di indicazioni per promuovere l’omosessualità anche nelle scuole e per sconfiggere un asserito bullismo omofobico. E lo spirito di tali indicazioni si ritrovano tali e quali anche nei tre volumi didattici da cui invece ora la Guerra prende le distanze.
Come abbiamo visto la Guerra in particolare mette in guardia dall’ “imporre una visione unilaterale del mondo”, pericolo che secondo lei si annida tre le pagine dei tre volumi contestati. Peccato che fino a qualche settimana fa era di avviso opposto e dichiarava apertamente che questo pericolo non c’era perché “nel concreto si tratta di attività che vengono proposte, nessuna scuola è ‘obbligata’ a fare nessuna attività”. Anche i tre volumi “Educare alla diversità” se è per questo possono non venir adottati dai docenti.
Sull’imposizione del pensiero unico poi era lei stessa che forniva la prova della pistola fumante allorquando ammetteva che il documento dell’UNAR era stato redatto solo da rappresentanti dell’associazionismo gay: “Le associazioni familiari invece non sono state coinvolte perché le famiglie sono rappresentate direttamente nella scuola, nei diversi organismi di gestione previsti”. Seguì a queste parole la replica di tante realtà associative di genitori la quali tenevano a precisare che non erano mai state consultate in merito alla redazione di questo documento.
Che dire invece del Miur che non è stato avvisato della pubblicazione di questa trilogia didattica? Il Ministero dell’istruzione è contrario allo spirito omosessualista che innerva questo lavoro? Per nulla. Di recente infatti questi ha dato alle stampe un documento che si intitola: “Omofobia. Tante diversità, uguali diritti. Interventi contro la discriminazione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere” (lo trovate allegato in fondo a questo articolo). Manco a dirlo il contenuto di questo documento pare la fotocopia dei tre libri ora messi all’indice della Guerra. Anzi, si spiega che in tutte le scuole saranno gli stessi rappresentanti delle associazioni LGBT a svolgere un ruolo educativo in materia, e che questi corsi coinvolgeranno tutti: studenti, docenti e personale non docente. Non solo: UNAR e MIUR hanno creato insieme un nuovo sito internet (www.noisiamopari.it) con lo stesso scopo, anche promuovendo progetti in materia fatti dalle singole scuole.
Da qui una considerazione: anche se – per ipotesi futuribile – i tre volumi per le scuole fossero bloccati dal ministero, il documento appena citato del Miur e quello dell’UNAR sulla Strategia gender continuerebbero invece indisturbati il loro iter. Cosa serve dunque criticare questi tre volumi e non bloccare anche gli altri documenti identici a quelli per contenuto?
Quindi i tre volumi non sono un falso d’autore, una scheggia impazzita che nulla ha a che vedere con le indicazioni del Dipartimento delle Pari opportunità e del Ministero dell’istruzione, bensì si inseriscono armonicamente nel progetto educativo sul tema omosessualità da insegnare a scuola disegnato da questi due enti.
La Guerra, noi così supponiamo, ha compiuto un dietrofront solo di facciata: è stata costretta a sconfessare pubblicamente questi tre testi perché le acque intorno ad essi si erano un po’ mosse, forse anche a causa di alcuni articoli coraggiosi sul tema, ma al fine di assicurare che gattopardianamente tutto sarebbe rimasto come prima. Gridare di restare calmi perché l’incendio è stato domato affinché l’incendio invece continui a propagarsi in modo indisturbato. La Guerra insomma va avanti.