Gambia, 66 bimbi morti per uno sciroppo?
Scatta l'allarme dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Dopo la morte di ben 66 bambini in Gambia, si apre un'inchiesta. A causarne il decesso potrebbe essere stato lo sciroppo per la tosse che era stato somministrato loro. Se così fosse, le responsabilità della ditta farmaceutica indiana sono evidenti. Quelle del governo del Gambia, altrettanto.
La morte in Gambia di decine di bambini in poche settimane, almeno 66 secondo le stime ufficiali, può essere stata causata da quattro sciroppi contro la tosse a base di paracetamolo importati dall’India, prodotti dalla Maiden Pharmaceuticals e destinati all’esportazione. Lo afferma l’Oms dopo una verifica della composizione degli sciroppi dalla quale è risultata la presenza di tracce di un batterio che causa dissenteria e vomito, la Escherichia Coli, e di una quantità, definita “inaccettabile”, di glicole dietilenico e di glicole etilenico, due sostanze impiegate come antigelo, nel liquido dei freni e per altri usi industriali, ma anche come alternativa più economica al glicerolo, un prodotto usato in molti sciroppi contro la tosse.
Si tratta di sostanze che possono avere effetti tossici e provocare serie lesioni ai reni. È proprio per grave insufficienza renale, vomito, dolori addominali e ritenzione urinaria che, a partire dallo scorso mese di luglio, dei bambini sotto i cinque anni hanno incominciato a essere ricoverati in Gambia, un piccolo paese dell’Africa occidentale con solo 2,5 milioni di abitanti, e a morire. Ma c’è voluto tempo prima che il fenomeno fosse messo in relazione alla somministrazione degli sciroppi. Solo il 7 ottobre il presidente del Gambia Adama Barrow ha ordinato a importatori e rivenditori di sospendere la vendita di tutte le marche di sciroppo contro la tosse a base di paracetamolo e il ritiro di tutte le confezioni dalle farmacie.
Se ulteriori accertamenti confermeranno, come sembra probabile, che è la quantità di sostanze tossiche impiegate per confezionare gli sciroppi a far ammalare e a uccidere i bambini, le responsabilità della ditta farmaceutica indiana sono evidenti. Quelle del governo del Gambia, lo sono altrettanto. Come non ha mancato di far rilevare il ministro indiano della sanità, normalmente i paesi che importano farmaci, prima di introdurli sul mercato e consentirne l’uso, eseguono dei controlli. Ma il Gambia attualmente non dispone di un laboratorio in grado di eseguire dei test per accertare se i medicinali sono sicuri. “Quindi bisogna mandarli all’estero, per analizzarli” ha spiegato in un’intervista alla Bbc Mustapha Bittay, il direttore dei servizi sanitari del paese, aggiungendo che il suo governo sta trattando con la Banca Mondiale per ottenere il finanziamento di un laboratorio per i controlli di qualità.
Non solo vanno all’estero i farmaci da testare (o dovrebbero, cosa che evidentemente il ministero della sanità omette di fare). Ci vanno anche gli ammalati che se lo possono permettere. Tutto il sistema sanitario del Gambia infatti funziona male, nonostante i numerosi finanziamenti stranieri: la sola Banca Mondiale ha destinato al paese, per la sua sanità, 150 milioni di dollari in due anni. “Se ci fossero apparecchiature, attrezzature e le medicine giuste, mio figlio e molti altri bambini avrebbero potuto essere salvati”. A dirlo è Alieu Kijera, il padre di uno dei bambini morti dopo aver assunto uno degli sciroppi indiani. Al piccolo avevano diagnosticato la malaria, dopo il ricovero in ospedale. Vedendo che non migliorava nonostante le cure praticate, i medici alla fine hanno suggerito ai genitori di portarlo in Senegal, dove il sistema sanitario è migliore. Così hanno fatto, ma ormai era troppo tardi. Altri bambini sono stati rimandati a casa senza una diagnosi precisa, ricoverati più volte senza risultati, trasferiti dagli ospedali locali dove le cure si rivelavano inefficaci a quello della capitale dove sono morti.
C’è rabbia e dolore tra la gente. I mass media hanno dato spazio alle notizie dei decessi. Anche in un paese come il Gambia, con un tasso di mortalità infantile di oltre il 37 per mille, 66 bambini morti che potevano essere salvati sono troppi. Crescono le richieste di dimissioni del ministro della sanità, Ahmadou Lamin Samateh, e di azioni penali contro chi, peraltro senza colpa, ha importato i medicinali.
In India invece la preoccupazione è per le ripercussioni del caso sulla Maiden Pharmaceuticals e sul paese stesso. L’Ente indiano per il controllo dei farmaci ritiene che la partita di sciroppi tossici possa essere stata fornita solo al Gambia, almeno in base a quanto ha dichiarato la Maiden. Tuttavia l’Oms ha emesso un avviso di allarme globale motivandolo con il fondato rischio che i quattro sciroppi “siano stati introdotti in altri paesi attraverso i canali del mercato informale” (in altre parole, di contrabbando) e con la preoccupazione che non si possa “escludere che la ditta abbia usato lo stesso materiale contaminato per altri prodotti destinati al mercato locale o all’esportazione”.
Anil Vij, il ministro della sanità dell’Haryana, lo stato indiano in cui la Maiden ha le sue fabbriche, ha annunciato “severi provvedimenti nel caso si riscontrino errori”. Il ministro federale della sanità Bharati Pravin Pawar ha dichiarato che sono in corso esami su campioni dei quattro sciroppi, ha assicurato che sarà fatta chiarezza e che saranno prese le conseguenti misure. Il mercato farmaceutico indiano vale 42 miliardi di dollari. Nel 2021 ha registrato una crescita del 17,7%. Si stima che possa raggiungere i 65 miliardi nel 2024 e triplicare entro il 2030. L’India produce un terzo dei medicinali consumati nel mondo e metà dei vaccini. Per questo si dice che sia la “farmacia del mondo”. La sola Maiden produce 2,2 milioni di confezioni di sciroppo, 600 milioni di capsule e 1,2 miliardi di compresse, oltre ad altri farmaci. Ma negli ultimi sette anni è risultato che almeno sei suoi prodotti non rispettavano gli standard di sicurezza ed efficacia, quattro dei quali nell’ultimo anno.