Francia, il manifesto di 343 donne "fraudolente"
Il quotidiano Libération lancia l'appello di 343 donne francesi, che si auto-definiscono "fraudolente". Perché hanno fatto ricorso alla fecondazione assistita all'estero e la vorrebbero legalizzare, anche per lesbiche e single, in Francia.
Si richiamano esplicitamente al manifesto delle “343 Salopes (sgualdrine)” firmato nel 1971 da 343 donne che proclamavano di aver abortito quando in Francia era vietato, tra loro c'erano anche Simone de Beauvoir, Catherine Deneuve, Margerite Duras e Jeanne Moreau. Ora sono altre 343 donne che sottoscrivono un manifesto, pubblicato il 6 giugno dal quotidiano francese Libération, dove affermano di aver fatto ricorso ad una inseminazione con un donatore all'estero, mentre la pratica della procreazione medicalmente assistita (PMA) per lesbiche e donne singole è vietata in Francia.
Le “343 Fraudeuses” del 2014 vogliono ricordare che la famigerata legge Toubira, quella de “le mariage et adotion pour tous”, “è incompleta”, perché “ogni anno migliaia di donne sono costrette ad andare all'estero per avviare una famiglia”. L'obiettivo è chiaro: sdoganare, per legge, la PMA per persone omosessuali.
La petizione è stata lanciata la scorsa settimana da una coppia di lesbiche (Marie e Ewenne) appartenenti alla Associazione dei parenti e futuri parenti gay e lesbiche (APGL). I promotori sostengono che alcune donne si sono viste rifiutare da diversi tribunali francesi la richiesta di adozione del figlio della compagna in quanto, appunto, ottenuto tramite il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. La legge Toubira, infatti, permette l'adozione a persone dello stesso sesso, ma non permette la PMA.
La situazione giuridica è molto controversa per cui vi sono tribunali che riconoscono il diritto all'adozione anche di figli concepiti tramite PMA realizzata all'estero, e altri che, invece, si pongono il problema del modo in cui il figlio è stato concepito e quindi rifiutano l'adozione.
L'APGL sostiene che “è tempo di proteggere tutti i bambini indipendentemente dall'orientamento sessuale dei genitori” e dal modo in cui il figlio viene concepito. Intanto sul sito del quotidiano Libération, che ha dedicato ben 5 pagine all'iniziativa, la petizione è già stata sostenuta da oltre mille persone, tra cui sembra vi siano anche i deputati ecologisti Noel Mamere e Serge Coronado.
Ricordiamo che lo scorso febbraio la “legge sulla famiglia” programmata dal governo Hollande ha subito, probabilmente grazie alla straordinaria mobilitazione popolare della “Manif pour tous”, una battuta d'arresto. I temi caldi che hanno provocato questa frenata sono stati proprio quello della PMA e del cosiddetto “utero in affitto”. Entrambi fortemente ostacolati dalla destra francese, ma che hanno diviso pure la maggioranza.
Il manifesto delle “343 Fraudeuses” quindi ha innanzitutto un significato politico, per mettere pressione al governo e tornare a lavorare su quel testo di legge che dovrebbe liberalizzare la PMA. In poche parole si tratta di quel “diritto al figlio” che nel dibattito segue sempre quello sul matrimonio omosessuale. Ottenuto l'uno si vuole ottenere l'altro.
Non si tratta soltanto di “garantire” un “sentimento”, ma di scimmiottare in tutto e per tutto il matrimonio eterosessuale, anche se la realtà pone un ostacolo decisamente insuperabile. Non per nulla lo slogan della “Manif pour tous” era proprio “siamo tutti nati da un uomo e una donna”, per ricordare che i bambini non nascono sotto i cavoli, ma richiedono necessariamente (per natura) l'incontro tra uno spermatozoo e un ovulo. Per una coppia omosessuale, quindi, l'unico modo per esercitare il “diritto al figlio” è quello di comprare o farsi “prestare” uno dei due elementi mancanti, con tutti le questioni che seguono in termini di etica e diritti del bambino. Tra cui, ovviamente, il minimo sindacale di sapere chi sono i suoi genitori biologici.
Le “343 Fraudeuses”, a differenza delle “343 Salopes” del 1971, non rischiano molto perché di fatto la PMA in Francia non è interdetta da alcun testo giuridico (a differenza della pratica dell'utero in affitto). Tuttavia, come le abortiste del '71, sanno bene cosa significa fare pressione mediatica. Nel dicembre 1974, anche con il contributo del manifesto, venne adottata la “legge Veil”, quella che rese legale l'aborto entro le prime dieci settimane, che poi furono estese a dodici. Il frutto sono circa 220 mila aborti all'anno. Andare avanti ancora per la PMA (e per l'utero in affitto) potrebbe solo peggiorare le cose.