Francesco, tre direttrici di pace
La visita del Papa in Terra Santa punta a promuovere la composizione dei conflitti a livello politico, interreligioso ed ecumenico. A cominciare da oggi ad Amman, e da domani a Betlemme e a Gerusalemme. Significativi gli incontri con i profughi, sia palestinesie sia siriani.
L’attesa di papa Francesco in Terra Santa è andata crescendo in questi ultimi giorni, in particolare tra i palestinesi che la manifestano ben superiore a quella che precedette l’arrivo, nel decennio scorso, dei suoi predecessori Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Certamente dovuta al suo carisma, al suo modo di rapportarsi con i fedeli, alla sua incisiva franchezza veicolate dall’eco mediatica del primo viaggio a Rio de Janeiro e poi dei continui contatti con le folle che convengono da ogni parte del mondo a piazza San Pietro; ma soprattutto perché sentono come incancrenito il problema della composizione del conflitto con gli israeliani. Un problema esistenziale. Da qui la fiducia che egli possa rianimare le speranze di pace, in particolare nei giovani. «Egli è il leader – ha detto il sindaco di Betlemme, una giovane signora cristiana - ed è in grado di coinvolgerne altri nel processo di pace».
Invero dalle testimonianze raccolte fra la gente di strada e nelle interviste con le autorità non si coglie alcun mutamento di posizione e di convinzione, sono le stesse che esprimono dalla fine del primo conflitto del 1948 sulle medesime tematiche, ampliatesi dopo la “Guerra dei sei giorni” del 1967 e la “Guerra del Kippur” del 1973. In particolare sulla espropriazione della terra e dell’acqua, sulla vergogna dei campi profughi, sul ritorno degli esuli nelle loro case, sulla rivendicazione di Gerusalemme come loro capitale, solo per citare le più frequenti che ancora pochi giorni fa, il 15 maggio, sono state evocate nel 66.mo anniversario della “nabka” (così viene chiamata quella “catastrofe”). Ad esse si è aggiunto, da quasi un ventennio, l’alto muro di separazione dal territorio su cui insiste lo Stato ebraico, visto soltanto come un oltraggio alla loro mobilità e dignità.
Domani, domenica, queste tematiche saranno sullo sfondo degli incontri di papa Francesco a Betlemme con le autorità palestinesi e con i bambini dei tre campi profughi della zona, in particolare quello di Dheisheh; e sempre domani a Tel Aviv e lunedì a Gerusalemme con le autorità israeliane. Naturalmente queste hanno una percezione e valutazione diverse, insistono nel reclamare il riconoscimento dello Stato ebraico, vittorioso di tutte e tre le guerre promosse dalle nazioni arabe; e nel difendere la sicurezza dei suoi cittadini dalla ostilità, e per anni dal terrorismo, palestinese; nonché dalla guerra a oltranza propugnata dai fondamentalisti islamici.
«Papa Francesco seminerà la pace», ha assicurato il patriarca latino Fouad Twal, «a livello politico, interreligioso, ecumenico”. Quindi è prevedibile la sollecitazione alla ripresa del negoziato di pace, una sua «semina per un programma di azione», ha detto, pur ricordando da un lato che «si tratta di un processo lungo e complesso», e dall’altro che «occorre credere nella forza della preghiera e perseverare».
A livello interreligioso significativi saranno gli incontri di papa Francesco con il Gran Muftì di Gerusalemme e con i due Gran Rabbini d’Israele, come la visita alla Spianata delle Moschee e l’inserimento di un bigliettino fra le fessure del Muro occidentale dell’antico Tempio ebraico (ripeterà il gesto dei papi Wojtyla e Ratzinger). A livello ecumenico, come noto, ci sarà l’incontro con il patriarca Bartolomeo I (leggi qui), a cinquant’anni dello storico abbraccio del 1964 tra papa Montini e il patriarca Bartolomeo, ed è questa la ragione principale del pellegrinaggio del Pontefice. Nella basilica del Santo Sepolcro pregheranno insieme con i capi delle Chiese cristiane di Terra Santa, e alla cerimonia saranno presenti pure i patriarchi delle Chiese cattoliche del Medio Oriente.
Ad Amman, oggi, negli incontri con re Abdallah di Giordania e con alcune centinaia di bambini siriani fuggiti dalla guerra che da tre anni sconvolge la loro patria, emergerà prepotente, ancora una volta, il tema della pace nella regione. E se ne pregherà nella messa nello stadio della capitale; come domani in quella che riunirà cattolici palestinesi e israeliani a Betlemme, nella piazza antistante la Basilica della Natività.