Fra i mali del Covid-19: i giovani “senza limiti”
Gesti vandalici, atti di teppismo verso i coetanei. Prima del Covid 19 erano queste le bravate dei minorenni. Ma la reclusione, con l’uso massiccio di internet e social, ha incrementato il cyberbullismo, che prende di mira insegnanti e compagni. Finita l’emergenza gli adulti avranno più il coraggio di porre dei “limiti”? Il libro "Adolescenti senza limiti. Genitori e scuola nell’era digitale" ci aiuta a capire la strada da percorrere.
Di fronte al moltiplicarsi di fatti drammatici, come gli incidenti stradali causati dall’abuso di alcool e droghe da parte di giovani irresponsabili, o i dolorosi fallimenti nel loro percorso di crescita che li porta a perdersi in sesso, droga e oggi soprattutto internet, fino alle rapine e ai tragici suicidi senza un perché, ci si chiede con preoccupazione: gli adulti dove sono? Il ragazzo è bene che non ritardi il “distacco dall’età infantile” e sappia «arrampicarsi verso l’età adulta cercando nuovi appigli per proseguire». Ma ciò è rischioso se “non ha punti di riferimento”, se non ha vicino «persone in grado di distinguersi da una maggioranza di donne e di uomini poco affidabili, alle prese con una destrutturazione personale che trasmette ansia, abbandono, disagio». Non è facile infatti per un giovane crescere «in un contesto in cui gli adulti che l’hanno generato sono spesso essi stessi in crisi, e talvolta compiono scelte trasgressive che causano ulteriori incertezze». Lo scenario inedito che si prospetta per il dopo emergenza, con l’ossessivo rispetto delle regole che incombe, rende ancor più urgente attrezzarsi per affrontare in modo efficace il complesso mondo degli adolescenti.
Lo psicologo Giampiero Camiciotti e l’insegnante Alessandra Modugno ci presentano un ritratto senza sconti del vissuto dei giovani d’oggi nel saggio Adolescenti senza limiti. Genitori e scuola nell’era digitale (Edizioni Ares) in cui, più che denunciare debolezze ed errori dei nostri ragazzi, evidenziano la latitanza degli adulti, l’assenza di norme trasmesse e rispettate. Gli autori hanno il merito di attingere a un’esperienza di contatto personale con gli alunni delle scuole superiori che ha permesso loro di conoscere e interpretare i connotati dell’adolescenza contemporanea. Questa fase della vita è divenuta un «letargo adolescenziale», in quanto sembra non aver mai fine; guardando i nostri fragili ultratrentenni è lecito chiedersi se esiste ancora l’età adulta. Oggi i giovani vivono una profonda inadeguatezza di sé, che li spinge a un bisogno esagerato di riconoscimento e di visibilità, con reazioni talora di sfacciata spavalderia, in altri casi di ritiro in se stessi fino alla depressione. Quali le cause? In realtà è la società in cui viviamo che si caratterizza appunto come adolescenziale e che non vuol diventare adulta, precludendo così ai giovani il superamento della loro crisi di crescita.
L’invito pressante dei due autori è di abbandonare un’età adulta “adolescentizzata”. I genitori non dovrebbero più considerarsi “alla pari”: le madri che si vestono e si atteggiano come le figlie e i padri che hanno rinunciato a esercitare la loro autorità. Sono invece chiamati a ricostruire un’età adulta responsabile, capace di accogliere ragazzi in cammino per realizzare il senso della propria vita. Il percorso adolescenziale deve infatti recuperare un approdo oggi totalmente trascurato: la consapevolezza del proprio Sé, la definizione della personale identità. È un percorso misterioso e affascinante, non privo di tumulti, frenate e riprese, scontri e riappacificazioni, in grado però di rendere l’adolescente più forte, radicato in un’interiorità ben costruita, su cui si fonda l’autostima. «Sostenere e promuovere questa conquista del Sé è il principale compito dei genitori e degli adulti di riferimento». Come contribuire all’emergere di una solida struttura personale? Educando al contatto con la realtà, a patto che i ragazzi siano spinti dai più grandi a non adeguarsi al pensiero e al potere dominanti, così prodighi di occasioni per disperdere la loro acerba identità, allontanandoli da una riflessione profonda sull’esistenza.
Si tratta di accompagnare i giovani a vivere senza dipendenze, coltivando un pensiero autonomo, critico e fondato. In pratica promuovendo la riflessione, lo sviluppo della logica, la capacità di dar ragione delle proprie affermazioni. Tutto il contrario dei punti di riferimento proposti oggi, “sesso, droga e internet”, che non aiutano a definire il Sé dell’individuo. Anzi, portano a dipendenza psico-fisica, i cui effetti distruttivi sono ben visibili sull’interiorità e sul corpo stesso di tanti adolescenti. L’uso sempre più diffuso di stupefacenti e la connessione 24 ore su 24 allontanano progressivamente dalla realtà e portano a drammatiche forme di “depersonalizzazione e derealizzazione”. Camiciotti in particolare invita i genitori ad avere il coraggio di “strappare” i figli dal mondo virtuale, per riportarli a contatto col mondo reale. Come? Dando una mano in casa, camminando all’aria aperta – ora si può tornare a farlo - , guardando gli amici negli occhi e parlando con loro. L’abuso del digitale è strettamente connesso al rallentamento del processo di crescita. E alla dipendenza digitale si unisce quella dal sesso, causata da una subdola sessualizzazione precoce, che trova ampio spazio nel terribile connubio internet-pornografia, di cui gli adolescente sono facile preda.
Per ambedue le dipendenze (internet e pornografia) servono poche regole coraggiose, apparentemente semplici, in realtà assai impegnative per chi educa. Per esempio, non tenere a portata di mano il cellulare, non usarlo a tavola, non mandare sms mentre si sta dialogando, spegnere il telefono la notte. Accanto a questi accorgimenti strategici vi sono suggerimenti di sostanza, che diventano indispensabili per le questioni affettive: confrontarsi su queste tematiche, controllare i cellulari e dispositivi simili, collaborare con altri adulti per azioni educative comuni, monitorare le uscite, conoscere gli amici e le amiche dei figli. Paiono ovvietà, ma non è così. Anche perché spesso gli adulti sono tra di loro in conflitto (le separazioni sono purtroppo molto diffuse) e non riescono a costruire un rapporto fecondo genitori-figli: situazioni difficili che possono portare all’uso di droghe, la terza dipendenza che impedisce di crescere. A madri e padri perciò l’appello a riprendere con coraggio il loro ruolo educativo, affiancando gli adolescenti con stimoli, proposte, richiami, affetto ed esempi di vita, anche sofferta, ma tesa al bene.
Nel saggio di Camiciotti e Modugno la realtà dei più giovani è indagata con attenzione anche per le problematiche legate alle scelte scolastiche. Nel passaggio alla scuola superiore, per esempio, è richiesto al ragazzo un notevole cambiamento, di fronte al quale spesso le famiglie scelgono gli indirizzi più “facili” per evitare prove e fatiche; dovrebbero al contrario far capire ai figli che possiedono le risorse per affrontarle. Infine, sarà più che mai necessario «governare con sapienza il ruolo e l’utilizzo degli strumenti digitali a casa». Ciò significa usare tali dispositivi con moderazione, tenendo presente che «la lettura di testi su carta è decisiva per apprendere i processi che strutturano la riflessività, il pensiero critico, la consapevolezza profonda, la creatività». La cultura digitale consiste nel leggere rapidamente e in modo superficiale, per poi passare ad altro. Il digitale è certamente un’opportunità, diventata indispensabile in tempi di didattica a distanza per l’emergenza del coronavirus; ma vi sono altre opportunità, come l’ascolto, il dialogo e la lettura attenta e non superficiale di un testo, che aprono gli orizzonti. Insomma, lo sforzo di apprendere non può e non deve essere evitato: imparare implica fatica, lo stessa che vivono i genitori nella loro attività professionale e che farebbero bene a fare conoscere, a raccontare ai propri figli.