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Fortezza e misericordia sono sorelle

Con mia sorpresa e dispiacere alcuni lettori hanno interpretato come polemico verso il magistero di papa Francesco la mia recente sottolineatura dell’attualità del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI e l’elogio della virtù cardinale della Fortezza. Come prima reazione mi cascano le braccia, ma vediamo di ritirarle su e di procedere.

Editoriali 12_08_2015
Misericordia e fortezza sono sorelle

Con mia sorpresa e dispiacere alcuni lettori hanno interpretato come polemico verso il magistero di papa Francesco la mia recente sottolineatura dell’attualità del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI (clicca qui) e l’elogio della virtù cardinale della Fortezza o Fermezza (clicca qui). Come prima reazione mi cascano le braccia, ma vediamo comunque di ritirarle su e di procedere.  Una benedizione della nostra pur difficile epoca è la straordinaria sequenza di Papi di diversa personalità, ma tutti quanti di grande fede e di grande statura. In particolare è strettissima la complementarietà degli ultimi tre: con Giovanni Paolo II, il gigante, che riapre alla Chiesa la strada nella giungla della modernità, Benedetto XVI che la consolida con il suo fine e profondo pensiero, e Francesco che la allarga con la sua capacità di simpatia anche con gli ambienti meno attenti al mistero dell’uomo e quindi meno sensibili all’annuncio cristiano. Al di là delle equivoche e distorte interpretazioni delle loro figure, frutto di un ordine costituito massmediatico sempre volto a censurare il senso religioso, essi sono testimoni, per dirla con famose parole di Von Balthasar, della medesima verità sinfonica.

Questa sinfonicità va affermata e difesa, tanto più che è uno dei tanti contributi positivi che l’esperienza cristiana offre al nostro tempo. Dai rottami dell’illuminismo che stanno alla base dell’attuale cultura di massa deriva, infatti, tra l’altro una scarsa o nulla attitudine a cogliere la realtà in tutti i suoi fattori. La naturale complessità delle cose viene ridotta a un coacervo di linee rette ciascuna senza legame con le altre: una riduzione che tra l’altro è una manna (di pessima qualità) per tutti quei commentatori che hanno perso, o non hanno mai raggiunto, la capacità di analizzare i fatti e le idee. É un’utile scorciatoia per fare pseudo-informazione senza capire e quindi senza far capire di che cosa si parla. In realtà non c’è contraddizione alcuna tra la fermezza richiamata da Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona e la misericordia che Francesco sta sottolineando fino ad averla messa a tema del Giubileo straordinario che si aprirà l’8 dicembre prossimo per poi concludersi il 20 novembre 2016. Sono due facce di una medesima medaglia tra l’altro sviluppate entrambe in modo magistrale da Giovanni Paolo II rispettivamente nelle encicliche Fides et Ratio e Dives in misericordia

É urgente quindi mobilitarsi subito, e a ciò siamo chiamati tutti e non solo i “sapienti”, per fermare l’equivoca macina mediatica che già si è messa in moto. La misericordia cui verremo richiamati dal Giubileo straordinario non è un “volemmose bbene”. É la misericordia di Dio, quella di cui Dio è ricco come dicono appunto le parole iniziali della Dives in misericordia. Non è quell’indulgenza reciproca senza motivo né respiro, quella complicità tutta spinta al ribasso, che oggi i media, compresi molti media di area cattolica, spargono a piene mani. Come si legge nella “Preghiera della Chiesa dei nostri tempi” che conclude la Dives in misericordia: «Quanto più la coscienza umana, soccombendo alla secolarizzazione, perde il senso del significato stesso della parola “misericordia”, quanto più, allontanandosi da Dio, si distanzia dal mistero della misericordia, tanto più la Chiesa ha il diritto e il dovere di far appello al Dio della misericordia “con forti grida”. Queste “forti grida” debbono essere proprie della Chiesa dei nostri tempi, rivolte a Dio per implorare la sua misericordia, la cui certa manifestazione essa professa e proclama come avvenuta in Gesù crocifisso e risorto, cioè nel mistero pasquale (…)».

Quando, dunque, sullo spunto del Giubileo, l’ordine costituito dell’informazione comincerà ad alluvionarci sostituendo la Misericordia  con il “volemmose bbene” della cultura corrente, ciascuno - non solo il proverbiale addetto ai lavori-  avrà il diritto e il dovere di fare tutto il possibile per salvare da questo equivoco se stesso, i propri amici, i vicini, i compagni di lavoro.